L'Europa divisa tra nord e sud per il successore di Lagarde al Fmi
Si giocano la successione di Christine Lagarde al Fondo monetario internazionale Jeroen Dijsselbloem e Kristalina Georgieva
Roma. La sfida all’ultimo voto tra Jeroen Dijsselbloem e Kristalina Georgieva per la successione di Christine Lagarde al Fondo monetario internazionale è un ulteriore segno di divisione all’interno dell’Ue. Non era mai successo che i paesi europei si dividessero così profondamente sul candidato alla direzione del Fmi. In passato, veniva raggiunto un accordo tra gli stati membri più potenti, senza alcuna necessità di mettere la scelta ai voti. Stavolta, invece la procedura per la candidatura è stata logorante: intere settimane di trattative non sono bastate a costruire un fronte unitario. Mentre questo giornale va in stampa, non è ancora stato raggiunto un accordo sulla nomina tra i ministri dell’Economia dell’Ue e i due candidati in lizza sono Dijsselbloem, ex ministro delle Finanze olandese sostenuto dalla Germania e dai paesi nordici, e Georgieva, economista bulgara appoggiata dalla Francia e da alcuni stati del sud Europa, tra cui l’Italia secondo il Financial Times. L’indicazione di Bruxelles al Fmi non è vincolante, ma risulterà decisiva per via della vecchia convenzione per cui la presidenza della Banca mondiale resta nelle mani di un americano (ad aprile è stato eletto l’economista statunitense David Malpass) e la direzione del Fmi viene assegnata a un europeo. La nomina di Dijsselbloem, già presidente dell’Eurogruppo dal 2013 al 2018, è stata contestata dai paesi del sud Europa che lo considerano tra i responsabili delle politiche di austerity durante gli anni della crisi. La sua immagine è stata compromessa dall’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung nel 2017, in cui disse che i paesi meridionali “spendono i loro soldi per l’alcol e per le donne”. Dijsselbloem ha fatto un tour delle capitali mediterranee nell’ultima settimana, ad Atene e a Madrid, per guadagnare consensi tra i paesi più diffidenti e smaltire i rancori. La Georgieva, ex vicepresidente della Commissione europea e attuale direttore generale della Banca mondiale, è molto rispettata a Bruxelles e non è la prima volta che viene accostata a una carica internazionale prestigiosa. Era già stata candidata come Alto rappresentante per politica estera europea nel 2014, e come presidente della Commissione prima che venisse scelta Ursula Von der Leyen.
La trattativa per la successione di Christine Lagarde è stata lunga e divisiva, e la rosa dei nomi si è ristretta giorno dopo giorno. Ieri mattina erano rimasti in corsa in quattro: Georgieva, Dijsselbloem, Nadia Calviño, ministro dell’Economia spagnolo, e Olli Rehn, governatore della Banca centrale finlandese e già candidato alla successione di Mario Draghi alla Banca centrale europea. Calviño si è ritirata dopo la prima votazione, mentre Rehn ha rinunciato “per raggiungere un consenso ampio”, dopo il round successivo. Il giorno prima, il presidente portoghese dell’Eurogruppo, Mário Centeno, uno dei papabili, aveva fatto un passo indietro. Giovedì è tramontata anche l’ipotesi di Mark Carney, governatore della Banca d’Inghilterra di origini canadesi e con un passaporto britannico e irlandese che non ha ricevuto il sostegno del suo governo, che la pensa diversamente da lui sulla Brexit. Il governo di Londra, con Boris Johnson, non ha fatto il suo nome per il Fmi ma ha chiesto al ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, che coordina la procedura di nomina, di prolungare la scadenza per la presentazione delle candidature oltre il 2 agosto. La Francia aveva già fatto slittare il termine per la decisione così da concedere tempo al governo appena insediatosi a Londra e quindi ha rifiutato un secondo rinvio. Il Regno Unito si è astenuto nel round di votazioni di venerdì in segno di protesta.
Antifascismo per definizione