L'ex sottosegretario all'Istruzione Davide Faraone in occasione della quarta giornata della Festa nazionale de l'Unità del Mezzogiorno a settembre 2015(foto LaPresse)

Faraone ci spiega perché in Sicilia l'incubo Pd-M5s è già realtà

David Allegranti

Dopo l'apertura di Franceschini ne hanno parlato in molti. Ora l'apparentamento potrebbe diventare realtà in Sicilia

Roma. La Sicilia potrebbe essere di nuovo “un laboratorio”, stavolta dell’alleanza Pd-Cinque stelle. “E’ uno dei motivi per cui sono stato cacciato dalla segreteria regionale”, dice al Foglio il senatore renziano Davide Faraone, ex segretario del Pd siciliano, rimosso da poco e sostituito da un commissario che è invece sostenitore del dialogo con i grillini, Alberto Losacco, molto vicino a Dario Franceschini.

 

“Io credo che in atto ci sia una restaurazione”, dice Faraone. “Temo che sarò l’ultimo segretario eletto con le primarie”. Una “restaurazione” che si vede anche a livello nazionale, sostiene, con la distinzione tra candidato premier e segretario, e anche da vari indizi. Il più grosso è il tentativo di mettere a sistema la corrispondenza d’amorosi sensi fra Pd e Cinque stelle. “Io sono stato eletto segretario proprio sulla base di un’idea radicalmente alternativa al M5s e alla Lega contro qualsiasi ipotesi di accordo. Non è un caso che io sia stato buttato fuori dalla segreteria regionale con un voto della commissione garanzia proprio nei giorni in cui Franceschini faceva l’intervista per fare l’accordo con i Cinque stelle e proprio quando i suoi uomini in Sicilia facevano dichiarazioni che andavano in quella direzione”.

 

Il riferimento è a un’intervista al deputato franceschiniano Losacco, a Formiche, poco prima di essere nominato commissario: “Guardo con grande attenzione, lo diceva anche Franceschini, a personalità come Conte e Fico che in questi mesi hanno avuto la forza e il coraggio di prendere posizioni in alcuni casi diametralmente diverse da quelle di Salvini e Di Maio. Non parlerei genericamente di 5 Stelle, ma mi concentrerei su quelle personalità che hanno dimostrato di saper condividere con noi alcuni punti politici rilevanti. Penso alla conferenza stampa di Conte sui rapporti con l’Europa o ad alcuni interventi di Fico sull’immigrazione o sui temi sociali”. E ancora: “Creare muri insormontabili tra noi e i 5 Stelle in questa fase non mi sembra una scelta politica lungimirante”, ha detto Losacco. Ma non è l’unico: anche il capogruppo nell’Assemblea regionale siciliana Giuseppe Lupo ha auspicato un’intesa: “Il dialogo è difficile, spesso possibile e ritengo anche che sia necessario”, ha detto in un’intervista a Live Sicilia.

 

Ecco, dice Faraone, “io sono vittima di un’idea politica che è diversa da quella che intendevo praticare”. Dunque oggi in Sicilia “abbiamo un partito commissariato che non farà le primarie per misurarsi su una linea che rischia di essere quella dell’accordicchio. E quello che sta succedendo in Sicilia sa di questione nazionale. Adesso che è stato rimosso l’ostacolo Faraone, non in maniera democratica ma per scelta scellerata della commissione di garanzia, è chiaro che si apre un varco a ipotesi di questo tipo. Io comunque metterò in campo tutti gli strumenti politici possibili a mia disposizione per contrastare questo disegno, anche se non sono più segretario. Segretario, ripeto, eletto con le primarie. Io sono nato con le primarie, ci ho costruito il mio rapporto con Matteo Renzi. Sono un elemento cardine del Pd. Adesso dunque vorrei capire che cosa ha in testa questo partito, visto che vedo in atto una restaurazione pericolosa”.

 

Ma le è venuta voglia di lasciare il Pd? “Intanto ho riconsegnato la tessera a Zingaretti, anche se rimango all’interno del gruppo parlamentare del Pd”. Una posizione condivisa anche dall’ex segretario Renzi, che in un’intervista a La Sicilia ha detto di non essere disponibile a stare “in un Pd che fa accordi con i Cinque stelle”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.