Marco Travaglio (foto LaPresse)

Le affinità elettive tra Repubblica e il Fatto

Redazione

Il governo Pd-M5s non esiste, ma ha ben due giornali di riferimento

Il governo del cambiamento Pd-Cinque stelle non esiste. Tutti dicono di non volerlo. Eppure questa specie di Sarchiapone elettorale, questa entità inafferrabile e indefinibile, per qualcuno persino mostruosa, può contare su uno stuolo di sponsor politici – D’Alema, Franceschini, Massimo Cacciari, metà del mondo che ruota attorno a Nicola Zingaretti… Ma non solo. Il Sarchiapone ha addirittura due quotidiani di riferimento (il lettore non svenga): Repubblica e il Fatto.

 

Ieri, per dire, il Fatto dava spazio a un intervento di Massimiliano Smeriglio, ex vicepresidente del Lazio, braccio destro di Nicola Zingaretti, intitolato così: “Dialogo Pd-M5s. Serve una mossa del cavallo”. E il giorno prima, guarda i casi della vita editoriale, su Repubblica, l’ex quotidiano di Mario Calabresi – cioè il direttore che contro i Cinque stelle era andato alla guerra – compariva invece un articolo di Guido Crainz. Titolo? “Quel dialogo possibile con i 5 stelle”. E come sul Fatto Virginia Raggi, la sindaca inadeguata di Roma, diventa la coraggiosa contestatrice di CasaPound, così su Repubblica la sindaca imbambolata assume i tratti dell’eroina della Resistenza (vietato ridere).

 

Così, se un tempo Marco Travaglio rigurgitava la sua bile su Calabresi, col nuovo direttore e i suoi titoli cubitali, cioè con Carlo Verdelli, è tregua. O pace. Somiglianza di genere, e forse anche di codice? Certo non nel turpiloquio scombiccherato, Verdelli è d’altra parte un signore. Ma insomma uno, però, guarda i titolazzi da tabloid di entrambi, e si fa delle domande: si rimane avvolti da una sensazione di familiare déjà-vu stilistico. I Cinque stelle sono dei pasticcioni, ma in fondo dei bravi ragazzi. E’ vero che per Rep. Di Maio è un problema, mentre per il Fatto no (anche se Dibba sarebbe meglio). Ma poi alla fine entrambi i quotidiani si ritrovano nuovamente a braccetto: il vero pericolo è Matteo Salvini, il fascismo, le ombre nere, la deriva democratica… Mica i Cinque stelle di Rousseau e della democrazia diretta da Casaleggio. Per abbattere Salvini va bene tutto. Anzi, ci vuole il Sarchiapone.

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