Il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico (Foto LaPresse)

Tutti i teoremi farlocchi diffusi da Tridico su crescita, Rdc e pensioni

Luciano Capone

L’Inps è diventato l’Istituto nazionale di propaganda sovranista

Roma. “Ognuno ha diritto alle proprie opinioni, ma non ai propri fatti”, diceva il senatore americano Daniel Pat Moynihan. Questa frase dovrebbe accompagnare il comportamento pubblico di tutti, anche dei politici (seppure da loro qualche bugia o distorsione ce la si aspetta), ma in particolare dovrebbe ispirare le dichiarazioni dei vertici della Pubblica amministrazione e delle Autorità indipendenti. Il difetto dell’ex presidente dell’Inps Tito Boeri, generalmente rigoroso sui dati, era – si diceva – che non si limitasse a fornire numeri ma che aggiungesse troppe considerazioni. Il problema è che non è stato sostituito con uno che non esterna opinioni personali, ma con un economista esprime dati personali. Allo stesso modo l’accusa rivolta a Boeri era che fosse vicino al Pd, seppure non abbia mai avuto alcun ruolo in quel partito. E chi è stato chiamato a prendere il suo posto non è un economista che non ha mai mostrato vicinanza alla politica, ma un esponente del M5s, candidato a diventare ministro grillino e poi finito a fare il consulente di Luigi Di Maio. Il risultato finale è che ora al vertice dell’Inps siede un vero militante di partito, che diffonde opinioni personali e statistiche soggettive: Pasquale Tridico.

 

La prima uscita dell’Inps dell’èra Tridico è stata un’audizione in cui l’istituto previdenziale ha affermato, senza dati a supporto, che “Il reddito di cittadinanza avrà un forte impatto […] in termini di aumento del pil potenziale, come stimato dalla Commissione Ue”. Si tratta dell’ufficializzazione del “Teorema di Tridico”, una teoria che l’economista ha elaborato da consigliere di Luigi Di Maio, secondo cui il Reddito di cittadinanza si autofinanzierebbe in deficit: spendendo 6 miliardi a debito quest’anno, dice Tridico, se ne potranno spendere altri 12 sempre a debito l’anno prossimo. E tutto questo senza neppure cambiare le regole europee. Questa teoria è completamente infondata, come dimostrano le stime del Mef e della Commissione europea – su questo coincidenti – sulla variazione dell’output gap: impatto praticamente nullo.

  

 

Ma non basta, perché intervistato da Corrado Formigli a “Piazzapulita”, il presidente dell’Inps ha diffuso altri dati alternativi. Quando Formigli gli dice che secondo lo stesso governo l’impatto sulla crescita del Rdc sarà minimo, Tridico risponde che “nel secondo semestre avverrà” una spinta sui consumi: “Lo stesso Mef ha stabilito che c’è un moltiplicatore […] tra lo 0,4 e lo 0,6 per cento del pil aggiuntivo. Lo ha scritto il Mef, è inserito nella manovra”. Non è vero. Nella sua valutazione dell’impatto macroeconomico del Rdc, il Mef scrive che l’effetto sul pil del Rdc è dello 0,2 per cento in più, cioè due o tre volte in meno di quanto afferma Tridico.

 

Poco dopo, Formigli pone un’altra domanda sull’impatto di quota 100 sull’occupazione giovanile, che Di Maio qualche mese fa – quando Tridico era suo consulente – diceva essere di tre giovani assunti per ogni lavoratore in uscita e ora pare che sia molto inferiore (un giovane ogni due pensionati). Tridico risponde che l’effetto ci sarà e sarà di uno a uno (eccetto, ovviamente, per i disoccupati che aderiscono a quota 100): “A parità di domanda di lavoro – dice – se non c’è una recessione, tutti i lavoratori che sono andati in pensione devono essere sostituiti”. E neppure questo dato è fondato. Secondo le tabelle del Mef nel 2019 quota 100 farà ridurre l’occupazione dello 0,3 per cento, anche perché il tasso di sostituzione è stimato attorno al 35 per cento (un giovane ogni tre pensionati). L’Inps dovrebbe mantenere una forte autonomia (dalla politica, non dai dati) visto che è l’Istituto nazionale della previdenza sociale e non l’Istituto nazionale della propaganda sovranista. Anche perché se l’idea è di farne l’ufficio di propaganda del governo, tanto valeva mettere come presidente Rocco Casalino.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali