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Affanni a 5 stelle

David Allegranti

Per capire lo stato di salute dei grillini bisogna vedere il risultato di Livorno e del Piemonte

Roma. Le elezioni locali di solito non sono clementi con il Movimento cinque stelle , osserva una ricerca dell’Istituto Cattaneo di questa settimana, “il partito di Di Maio soffre storicamente di debolezze strutturali, legate all’assenza di una classe politica radicata sul territorio e alla mancanza di una stabile organizzazione a livello locale”. Questi limiti “si accentuano nelle competizioni amministrative, dove il consenso personale e locale dei candidati diventa decisivo”. Basta vedere quanti sono attualmente i Comuni amministrati dai Cinque stelle in tutta Italia: appena 49. A questa tornata, sui 226 comuni superiori ai 15 mila abitanti chiamati alle urne, soltanto in quattro casi il sindaco uscente è un rappresentante del M5s: Avellino (che è stata commissariata dopo appena un anno), Civitavecchia, Livorno e Nettuno. Di questi quattro comuni, il più importante è la città toscana. Dopo cinque anni di governo grillino, infatti, la competizione è aperta. 

  

Il centrosinistra, che nel 2014 perse Livorno subendo una storica sconfitta, prova a tornare in pista dopo un lustro in purgatorio. Alcuni dati aiutano a capire cos’è successo in questi anni, cos’è cambiato e perché Livorno è importante per il M5s. Nel 2014, i grillini vinsero al ballottaggio contro il Pd. Alle comunali al primo turno il M5s prese il 19,16 per cento (il 22,5 alle Europee) e il Pd il 29 (alle Europee, come spesso ricordato da Matteo Renzi, il Pd prese il 52,7), poi Filippo Nogarin, sindaco uscente e oggi candidato per un posto a Bruxelles, vinse con il 53 per cento al ballottaggio. Alle elezioni politiche dell’anno scorso il deputato Andrea Romano del Pd ha vinto il collegio uninominale della Camera con la coalizione di centrosinistra al 32,05 per cento contro il M5s al 28,89. Il Pd proverà a tentare il bis con il Comune, ma il centrodestra – che pure non ha fatto una brillante campagna elettorale in Toscana – è ora un avversario competitivo. Ed è proprio l’attrattività del centrodestra, soprattutto della Lega, a creare problemi al M5s. Come dimostra il caso del Piemonte, dove si vota in 826 comuni e anche per le Regionali. L’anno scorso il centrodestra riuscì a battere il centrosinistra in alcune roccaforti rosse, ad esempio il collegio di Collegno, vinto dalla coalizione di Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia-Udc (Lega al 16,88, primo partito del centrodestra). Qui, in uno storico collegio di sinistra, il M5s prese addirittura più del Pd, anche se di poco. E Collegno è uno dei 209 comuni al voto della famosa “cintura rossa” attorno a Torino. Idem Settimo Torinese, altro ex feudo rosso, dove nel 2018 il centrodestra ha conquistato il collegio e il centrosinistra è arrivato terzo (battuto anche dal M5s, quasi al 31 per cento). Sarà interessante vedere come andrà il partito di Beppe Grillo in queste zone. “Oltre che per le Europee si voterà per il rinnovo delle amministrazioni in quasi la metà dei comuni italiani e per la regione Piemonte”, dice al Foglio Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research. “Quasi venti milioni di italiani troveranno, insieme alla scheda ‘politica’ delle Europee, anche quella delle amministrative. Tre cittadini su quattro hanno già dichiarato che esprimeranno anche un giudizio, nel bene e nel male, sull’operato del governo”. Stavolta quindi dopo, osserva la ricerca dell’Istituto Cattaneo firmata da Marco Valbruzzi, l’esperienza di governo e la contestuale crescita nelle intenzioni di voto registrata a favore della Lega, “il M5s potrebbe subire una contrazione dei consensi soprattutto nelle zone dove cinque anni fa, nelle consultazioni amministrative, aveva ottenuto i suoi migliori successi (Nord e regioni rosse), raggiungendo in media il 12 per cento dei voti”. Leonardo Morlino, professore di Scienza della Politica alla Luiss, è convinto che i dati di Livorno e quelli del Piemonte siano sì significativi per capire lo stato di salute del M5s (nel caso di Torino, le Europee potrebbero diventare un test sulla sindaca Chiara Appendino), però suggerisce di tenere in considerazione anche un altro elemento: l’alta percentuale di indecisi, certificata da molti sondaggi. “I dati ci dicono che la partecipazione al voto delle Europee è molto bassa e che invece quella alle elezioni locali è molto alta, nella piena tradizione italiana. Il che significa che ci potrebbe essere il voto disgiunto. Peraltro, i 5 stelle hanno tentato di riprendersi nelle ultime due settimane di campagna elettorale. La partita è dunque apertissima”. Gli indecisi stavolta, essendo molti di più, potrebbero fare la differenza. “Se escludiamo quelle del ’48 e del ’53, dal 1958 in poi gli indecisi sono sempre stati il 25-30 per cento. Stavolta, a pochi giorni dal voto, erano molti di più, quasi il 40. Quando gli indecisi sono fisiologici significa che si spalmano parimenti sui diversi partiti, quando invece sono così tanti contribuiscono ad aumentare l’incertezza”, dice Morlino. Certo, la campagna elettorale così condotta non ha aiutato. “I temi della campagna elettorale sono stati pochi dal punto di vista europeo e molti quelli incentrati sulle liti interne. Solo negli ultimi giorni è stato dato maggiore importanza ai temi prettamente politici”, dice Ghisleri. La maggioranza può aver tratto benefici da queste liti? “Le liti hanno posto l’attenzione soprattutto sui partiti di governo, ma anche questo non è necessariamente un bene, essendoci alla base anche una valutazione importante, come detto, sull’operato dell’esecutivo. Magari le persone avrebbero preferito essere più al centro della campagna elettorale… Chissà!”. Il M5s ha guadagnato consensi rispetto all’alleato negli ultimi mesi? “Di Maio ha cambiato l’impostazione della sua comunicazione e questo ha avuto effetto sul suo elettorato”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.