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Radio Radicale appesa a un filo (e difesa anche da Radio Padania)

Marianna Rizzini

Il giorno di passione dell’emittente, con appello di Giachetti. Il M5s blocca la proposta della Lega di prorogare la convenzione

Resta confermato lo stop alla proposta della Lega di prorogare la convenzione di Radio Radicale. L'emendamento al decreto Crescita, a prima firma Capitanio, non è stato riammesso all'esame delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera. Il M5s rimane contrario e la proposta di modifica su cui la Lega ha presentato ricorso, che prevedeva la proroga di sei mesi della convenzione con il Mise con uno stanziamento di 3,5 milioni di euro, non può essere riammessa. Una decisione “di una gravità inaudita. Faremo di tutto per salvare articolo 21 della Costituzione contro i soprusi del M5s", scrive su Twitter il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci. “La mia posizione non è mai cambiata, se avessi avuto novità l'avrei annunciato”, aveva ribadito nel tardo pomeriggio il sottosegretario con delega all'Editoria, Vito Crimi, a margine dei lavori nelle Commissioni.


  

Roma. La speranza, la disillusione, di nuovo la speranza. Tre stati d’animo in una giornata, aspettando la decisione dei presidenti delle commissioni Finanza e Bilancio della Camera a proposito dei ricorsi trasversali sull’ammissibilità degli emendamenti – non ammessi in mattinata – che avrebbero permesso un momentaneo respiro a Radio Radicale, sotto forma di proroga della convenzione con il Mise. Convenzione che il governo, nelle parole del sottosegretario all’Editoria Vito Crimi, ha confermato di non voler rinnovare.

 

 

Si aspettava dunque la sera per conoscere la sorte del ricorso leghista, dopo l’inammissibilità di un altro emendamento leghista che conteneva la possibilità di proroga. E dopo che anche Radio Padania aveva documentato, per settantotto giorni, come raccontava martedì al Foglio il direttore dell’emittente Giulio Cainarca, lo sciopero della fame di Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali lucani e collaboratore di Radio Radicale. Cainarca ha ribadito la posizione di apertura su Radio Radicale, nel momento in cui Radio Padania – sopravvissuta all’annoso problema della sua natura (locale? non locale?) con corollario di criticità su concessioni e frequenze – riferiva non di problemi “di dialogo con il Mise, anzi”, ma di “perplessità” rispetto al gesto del senatore cinque stelle Alfonso Ciampolillo, che aveva denunciato Radio Padania “per i reati di falso, truffa aggravata e, comunque, per tutti i reati che emergeranno o saranno rilevati sia a carico della predetta emittente, sia per l’eventuale abuso di ufficio a carico degli uffici ministeriali competenti”.

  

 

Il direttore di Radio Padania difende insomma il diritto alla sopravvivenza di Radio Radicale, dicendosi però “dubbioso” riguardo “all’efficacia” di quella che considera una “politicizzazione operata in particolare dal deputato pd Roberto Giachetti in un momento in cui si stava arrivando alla soluzione mobilitandosi sul puro piano del diritto e della legalità”. Fatto sta che appariva sempre più evidente, anche sul tema Radio Radicale, la non comunanza di vedute tra gialli e verdi. Intanto Giachetti, con il sostegno annunciato di deputati e senatori del Pd (e non solo), mobilitati per uno sciopero della fame a staffetta e a oltranza, martedì parlava in videochiamata dall’ospedale in cui si era ricoverato per scongiurare la disidratazione (per sciopero della sete), e si dichiarava pronto a portare avanti l’iniziativa non violenta, facendo appello ai presidenti delle Camere perché facessero decidere il Parlamento: “L’ho detto da subito che la mia iniziativa non era in contrapposizione con nessuno ma era rivolta, con speranza e fiducia, a tutte quelle persone che hanno la possibilità di assumere delle decisioni per salvare la radio… La decisione che si prende oggi è precondizione affinché la prossima settimana ci possa essere un dibattito parlamentare che conduca alla proroga. Qualunque cosa noi vogliamo raggiungere – sia essa la gara, un contratto con la Rai eccetera – ha come precondizione irrinunciabile che la radio non venga spenta e ci possa essere la proroga di sei mesi”. Fuori, nel frattempo, si moltiplicavano le voci a sostegno di una soluzione o quantomeno di una soluzione-ponte. “Vogliono davvero spegnere una voce storica del nostro paese?”, scriveva su Facebook il senatore di LeU ed ex presidente del Senato Pietro Grasso. “C’è una minoranza politica sorda e cieca”, diceva ier il presidente dei senatori forzisti Anna Maria Bernini, alludendo ai Cinque Stelle, “che sta pervicacemente imponendo la chiusura di Radio Radicale…La Lega, e in particolare il presidente della Commissione Bilancio della Camera Borghi, siano coerenti e non si assumano la responsabilità di una chiusura immotivata, dettata solo dalla protervia di un Movimento che da solo non ha i numeri per sentirsi padrone della democrazia”. E ci si chiedeva: la sera porterà consiglio?

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.