Ian Bremmer (foto Imagoeconomica)

Bremmer ci dice perché Bolsonaro può avere più successo di Trump

Annalisa Chirico

Bolsnaro ha poca credibilità ma il business è ben disposto verso di lui e in Brasile i risultati potrebbero arrivare

Roma. Doveva ritirare il premio Persona dell’Anno della Camera di commercio Brasile-Usa ma alla fine Jair Bolsonaro ha rinunciato. Niente gala newyorkese, vista la marea di proteste, dalle organizzazioni lgbt agli ambientalisti, fino alle dichiarazioni apocalittiche del sindaco della città, Bill de Blasio: “Le decisioni razziste e omofobe del presidente brasiliano avranno un impatto devastante sul futuro del pianeta”.

 

A sentire il politologo Ian Bremmer, fondatore della società di ricerca Eurasia Group, “c’è poco da stupirsi: la comunità politica statunitense è divisa come l’Europa di questi giorni. Bolsonaro ha costruito una carriera politica a suon di controverse affermazioni su omosessualità e temi sociali, tollerate, se non apertamente condivise, dalla maggioranza dei brasiliani. Quelle stesse uscite gli hanno inimicato alcuni circoli americani, a questa gente importa assai poco della promessa di Bolsonaro di invertire la rotta rispetto alla stagione della corruzione politica”. La consegna del premio che doveva celebrare le relazioni commerciali e diplomatiche tra i due paesi è diventato un boomerang. “L’inchiesta Lava Jato ha scosso alle fondamenta il sistema brasiliano con effetti positivi almeno sul piano economico. La politica invece non è mai stata così tossica. Il fenomeno delle fake news e dei social media ha determinato la polarizzazione tra chi è a favore e chi è contro. La figura di Bolsonaro è incredibilmente divisiva, sul posto di lavoro, in famiglia, tra gli amici, con un livello di tossicità mai visto neppure durante gli scandali di corruzione”. Il presidente brasiliano è stato ribattezzato il “Trump dei Tropici”. “Esistono tratti in comune, è vero, ma rilevo almeno due differenze rilevanti. Rispetto all’inquilino della Casa Bianca, Bolsonaro è di gran lunga più ideologico. Se Trump si autodefinisce ‘genio stabile’ e si considera la mente più brillante del team, Bolsonaro non nutre tali illusioni e intrattiene con i collaboratori rapporti amichevoli, senza tragedie. Essendo ben consapevole dei propri limiti in materia economica, egli si affida ai consigli degli esperti tra i quali spicca il ministro dell’Economia Paulo Guedes che ha incardinato un’agenda iperliberista su pensioni, privatizzazioni, prezzo del diesel. La business community brasiliana, pur reputando Bolsonaro un leader non particolarmente capace, è ben disposta verso di lui perché considera la sua squadra economica ciò che serve al paese dopo gli anni dei presidenti Lula e Rousseff, segnati da una forte ostilità verso i privati”.

 


“Essendo ben consapevole dei propri limiti in materia economica, egli si affida ai consigli degli esperti tra i quali spicca il ministro dell’Economia Paulo Guedes che ha incardinato un’agenda iperliberista su pensioni, privatizzazioni, prezzo del diesel”. Parla il fondatore di Eurasia Group


 

In Italia il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini non fa mistero dell’amicizia con l’inquilino di Palácio do Planalto: è pure lui un discepolo di Trump? “Non la metterei così. L’Italia non riveste in Europa un peso economico comparabile a quello del Brasile in America Latina. Bolsonaro poi è un personaggio atipico rispetto agli altri leader regionali, e Salvini deve competere con gli omologhi continentali, come l’ungherese Orbàn, la francese Le Pen, l’inglese Farage. Salvini poi non è il leader del proprio paese”.

 

Tornando a Bolsonaro, non sono mancati repentini U-turn anche in politica estera. “Quando alcune posizioni iniziali si rivelano dannose o irrealizzabili, non esita a cambiare idea lasciando la parola agli esperti. Su Israele, per esempio, dopo aver manifestato la volontà di spostare l’ambasciata brasiliana a Gerusalemme, seguendo l’esempio di Trump, Bolsonaro si è reso conto che non poteva, che il Brasile non ha l’influenza politica degli Usa e che rischiava di procurarsi l’inimicizia del mondo arabo con una conseguente vulnerabilità commerciale. Alla fine si è accontentato di aprire un ufficio commerciale al posto dell’ambasciata. Anche sul Venezuela, dopo i primi roboanti annunci di un intervento militare per rimuovere Maduro, i suoi consulenti lo hanno portato a più miti consigli abbracciando l’impostazione multilaterale, comune agli altri vicini favorevoli ad un approccio coordinato basato sulla pressione diplomatica ed economica. Sulla Cina il presidente brasiliano si è reso conto che non avrebbe senso ingaggiare una lotta su commercio e investimenti, si è attenuto alle istruzioni dei suoi per un approccio più soft: il Brasile ospiterà il summit dei Brics e lo stesso Bolsonaro si recherà in visita a Pechino sul finire dell’anno. Quanto all’ideologia, invece, gli farebbe bene un po’ del pragmatismo di Trump che in politica si muove da businessman, disposto a negoziare su quasi ogni argomento con quasi ogni tipo di interlocutore, se lo ritiene conveniente. Bolsonaro invece è mosso da convincimenti profondi che lo rendono intransigente su temi come omosessualità, femminismo, educazione ‘progressista’... La crociata personale contro i ‘valori decadenti’ della società contemporanea appartiene più a lui che alla sua base elettorale”.

 

Ad aprile Bolsonaro lo ha sostituito con Abraham Weintraub, un master con un passato nella finanza, noto per aver lodato pubblicamente un guru vicino al geocentrismo e convinto che il crack sia una droga diffusa dai comunisti per destabilizzare il paese. “Sono personaggi ‘eclettici’, appunto. Ma ai brasiliani importa che il governo riagganci il treno della crescita in totale discontinuità con la corruzione degli ultimi anni. Non contano neppure le affermazioni scettiche di Bolsonaro sul cambiamento climatico e sulle sorti dell’Amazzonia; lui sostiene che una pseudoscienza sarebbe imposta al Brasile al solo scopo di erodere la sovranità nazionale, ma il suo approccio è in linea con quello delle élite brasiliane che non annoverano la questione ambientale tra le priorità nazionali. Bolsonaro resta forte perché esprime il desiderio di cambiamento. Alle ultime elezioni, la Camera bassa si è rinnovata per metà, il Senato per i due terzi, i pochi eletti riconfermati hanno conseguito vittorie sul filo di lana”.

 

Bolsonaro è un ex militare, a conferma che l’esercito resta l’istituzione in cui i brasiliani ripongono maggiore fiducia. “Come negli Stati uniti, il military è visto come baluardo di patriottismo ed efficienza, mai lambito dagli scandali. L’impostazione ‘legge e ordine’ di Bolsonaro, con il suo passato in divisa e la promessa di condanne severe e di una mano pesante nell’applicazione delle leggi, sono un punto di forza. I tassi di omicidio nel nordest del paese, la zona più pericolosa, sono calati nei primi mesi dell’anno. E’ presto per dire se le politiche messe in campo avranno successo ma vanno certo nella direzione che i brasiliani stanno premiando”. Mr. Bremmer, il suo giudizio complessivo sembra, tutto sommato, sufficiente. “Sono più cauto di quanto vorrei. Il Brasile ha superato la più forte contrazione economica degli ultimi trent’anni e la peggiore crisi politica da quando è una moderna democrazia. C’è tuttavia una buona dose di noncuranza rispetto a ciò che serve davvero per rivitalizzare la fiducia nell’economia nazionale, tanto più in una congiuntura favorevole, con la crescita in ripresa e i tassi di interesse incredibilmente bassi. Funzionari e capitani di ventura dovrebbero concentrare gli sforzi su questa sfida. In un mondo G-zero, come quello attuale, il supporto internazionale guidato dagli Usa per la ripartenza del Brasile sarà più modesto che all’indomani della crisi del 2008”.