Antonio Misiani a Bergamo (LaPresse)

Gemelli diversi

Antonio Misiani

È il M5s che ha copiato il Pd (e il Pse), non viceversa: “Una riscoperta tardiva e strumentale dei valori di sinistra”

Al direttore - Trovo molto apprezzabile lo spazio di analisi che il Foglio ha dedicato al programma Pd per le elezioni europee. Quasi temerario, direi, in una stagione (deprimente) in cui i programmi ormai non li legge quasi nessuno e la politica è ridotta a tweet, post e proclami del tutto sganciati dalla realtà. Non c’è spazio per approfondire il dibattito sul tasso di coraggio delle piattaforme della socialdemocrazia europea (Pd compreso).

 

Personalmente, ho una opinione meno pessimistica degli interlocutori che avete chiamato in causa. La sinistra europea ha dato, negli ultimi vent’anni, una lettura eccessivamente indulgente dei processi di trasformazione che hanno investito i paesi europei. La piena consapevolezza dei rischi prodotti dal cambiamento climatico e della insostenibilità del nostro modello di sviluppo è un dato politico relativamente recente. L’illusione che le ricadute della globalizzazione e della rivoluzione digitale fossero in buona parte positive ha portato ad una sottovalutazione dell’emergere nelle periferie sociali e geografiche del Vecchio Continente di disuguaglianze crescenti. L’idea che l’immigrazione potesse essere di per sé un fattore di arricchimento di paesi demograficamente invecchiati non ha fatto cogliere la portata e la profondità dell’inquietudine e delle paure che via via si diffondevano nella società europea. Sentimenti talmente forti e diffusi da mettere in discussione la tenuta stessa della democrazia.

 

Il punto di partenza dei programmi della socialdemocrazia europea è questo, sia pur con inevitabili accenti diversi da paese a paese. E porta con sé un posizionamento politico e programmatico molto differente da quello di cinque anni fa. Il programma europeo del Pd si inserisce in questo contesto, condividendo la visione e le proposte del Manifesto approvato dal congresso del Partito socialista europeo (Pse) di Roma il 1° marzo scorso. Un Manifesto che parla di salario minimo dignitoso in tutta Europa, di lotta all’evasione e alla concorrenza fiscale, di parità di genere, di solidarietà nella gestione delle politiche di immigrazione e asilo, di project bonds per finanziare gli investimenti validi a favore dell’economia verde.

  

A questo pacchetto di proposte il Pd ha aggiunto una propria elaborazione. Frutto di una svolta “corbyniana” di Zingaretti? Segnalo sommessamente che alcune tra le proposte più significative – dall’indennità europea di disoccupazione alla riforma del regolamento di Dublino – non fanno che riprendere altrettanti progetti presentati a suo tempo in Europa dai governi Renzi e Gentiloni. Proposte “gemelle” rispetto a quelle dei 5 Stelle per preparare una futura intesa, come fanno intendere due penne brillanti come David Allegranti e Carlo Stagnaro? Qui siamo nel terreno della fantapolitica, perché allora – viste le similitudini del programma Pd con il Manifesto del Pse – bisognerebbe ipotizzare anche una (inesistente) convergenza grillina con i socialisti europei. La spiegazione di alcune somiglianze è invece assai più semplice e prosaica.

 

I 5 Stelle, terrorizzati dalla loro emorragia di voti e dalla ripresa di consensi del Pd a guida Zingaretti, hanno bruscamente cambiato strategia comunicativa. Comunicativa, non politica. Stop (almeno a parole) con la sudditanza nei confronti della Lega salviniana e via libera alla riscoperta dei valori antifascisti e della sinistra. Una riscoperta tardiva, strumentale e a mero uso e consumo della campagna per le elezioni europee e amministrative. Ma tant’è: un programma simile a quello avanzato dal Pd (e dal Pse) è un gioco che può valere la candela, per gli strateghi della Casaleggio e associati. Costa poco, vista l’ininfluenza dei grillini a Bruxelles. E può servire a tentare di trattenere i tanti elettori delusi dalla complicità e dalla subalternità del Movimento 5 stelle nei confronti di Salvini e della deriva a destra impressa dalla Lega al governo gialloverde.

  

Antonio Misiani, senatore del Pd e capogruppo in commissione Bilancio

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