Il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana riferisce al Consiglio Regionale su arresti per tangenti (foto LaPresse)

Tangentopoli chi?

Maurizio Crippa

I tic retorici dell’inchiesta non scuotono il governo lombardo. Ma Fontana è furioso e FI colpita duro

Milano. Che cosa sta accadendo nei palazzi della politica di Lombardia, dopo l’iniziativa della magistratura che martedì ha prodotto 43 ordinanze di custodia cautelare, tra imprenditori e politici del centrodestra, in un nuovo capitolo della saga della corruzione?

 

  

Gli arresti hanno azzoppato Forza Italia, colpendo due dei suoi giovani politici più di spicco. E ora l’inchiesta tocca anche il presidente della regione. Chi lo ha incontrato lo racconta furioso, Attilio Fontana, anzi sfiorato dal dubbio di mollare. Il primo giorno figurava come parte lesa, ma col sospetto di non aver denunciato un tentativo di corruzione. Il fatto che un avvocato e amministratore esperto come Fontana non avesse sentito puzza di marcio, dovrebbe forse far riflettere sulla consistenza della faccenda. Ma ora si trova indagato per abuso d’ufficio per una consulenza affidata da una struttura regionale a un suo ex socio di studio, roba da poche migliaia di euro (lordi) l’anno. Il governo lombardo non subirà scossoni, ma il clima generale si ammorba. Il gip Raffaella Mascarino ha scritto che “si assiste a uno scenario di bassissima valenza sociale” riferendosi in modo negativo a “un certo modo lombardo di fare sistema”.

 

Nessuno ha mai chiesto alla magistratura un parere sul “modo lombardo di fare sistema”: il giudizio compete ai politici, e agli elettori. Ma la retorica di Tangentopoli è un brutto tic. Davanti a ipotesi corruttive anche di basso livello – o si tratta, almeno in alcuni casi, di attività di lobbying, settore colpevolmente mai regolamentato? – gli editorialisti, ripetendo le parole di Di Maio, rispolverano la retorica dei “ventisette anni da Tangentopoli”. Evitando di dire (o evitando di sapere) che il sistema dei partiti della Prima Repubblica non c’è più. E se c’è sono rimasti gli spiccioli – almeno in una regione in cui l’amministrazione funziona, suvvia. Ci vuole altro per abbattere Palazzo Lombardia. Salvini non ha interesse a scossoni punitivi contro Forza Italia (ora tanto meno, c’è di mezzo Fontana). Il giustizialismo del M5s a Milano non ha peso, e il M5s non ha carte in regola, dopo i pasticci di Roma. Si può godere lo scalpo di Siri, e tant’è.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"