Danilo Toninelli (foto LaPresse)

Toninelli fa più danni dei cinesi

Redazione

Per sbloccare le infrastrutture non serve la Cina serve il buon senso. Esempi

Da alcuni giorni lo spin sovranista del governo vuole convincerci che la Cina può aiutarci a trovare risorse per le infrastrutture che gli italiani non vogliono fare. Ma siamo sicuri che il nostro problema sia far approdare barconi pieni di soldi? La sensazione è che questa sia solo una scusa molto conveniente per nascondere un’altra verità. La ragione per cui in Italia non si fanno le opere pubbliche non è che mancano i capitali e neppure che l’austerità ci impedisce di spendere, spendere, spendere. Non è neanche l’incredibile bizantinismo della nostra burocrazia, o almeno non solo. Da alcuni mesi c’è un altro nemico numero uno. L’esecutivo non dovrebbe faticare a trovarlo: basterebbe guardarsi allo specchio e aprire un serio confronto di maggioranza col ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. Sarebbe fin troppo facile citare la Tav. Ci sono mille altre opere che da mesi attendono di essere sbloccate e che invece, vuoi per ideologia, vuoi per incompetenza, vuoi per legami inconfessabili con interessi locali, non decollano. Per esempio, la Gronda di Genova, che tra l’altro potrebbe alleggerire la pressione del traffico sul tessuto urbano mutilato dal crollo del Morandi. O il Passante di Bologna. Le terze corsie sulla Bologna-Ravenna, Milano-Lodi e Firenze Pistoia. Secondo una nota diffusa da Autostrade per l’Italia ci sono almeno 6 miliardi di euro pronti a essere cantierati, se solo il governo volesse. Se il privato piange, il pubblico non ride: il contratto di programma tra il Mit e l’Anas prevede investimenti per circa 29 miliardi, da mesi nel limbo. Tutta la fretta con cui Toninelli aveva liquidato il precedente ad della società, Gianni Armani, sembra essere evaporata una volta piazzati uomini di fiducia nelle varie caselle: certamente non ha prodotto maggiore efficacia negli investimenti (e anche dei bellicosi propositi di separazione da FS si sono perse le tracce). E’ semplicistico, quando si parla di nuove infrastrutture, dire che volere è potere: autorizzazioni, progettazione ed esecuzione devono superare difficoltà pratiche e burocratiche. Ma chi non vuole, non fa.