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“Se in Sardegna andiamo sotto il 20 per cento, servirà una riflessione”, dice Marino (M5s)

Valerio Valentini

Domenica si vota per le regionali in Sardegna e il Movimento 5 stelle è dato tra il 18 e il 21 per cento: è necessario "darsi una struttura e essere coordinati”

Roma. “Noi, in Sardegna, di sicuro ci abbiamo messo del nostro, ma è proprio l’organizzazione, anzi la non organizzazione, del M5s, che così non regge”, dice, nel cortile di Montecitorio, Nardo Marino, appena gli si mostrano i sondaggi che inchiodano il suo movimento tra il 18 e il 21 per cento, in vista del voto delle regionali di domenica. “Sì, l’aspettativa è questa. E se andrà così, s’imporrà inevitabilmente una riflessione collettiva, all’interno del M5s”, ammette il cinquantatreenne deputato di Olbia.

 

E chissà se nel farlo si sente anche lui uno degli esponenti di quella “piccola pletora di miserabili” messa al bando da Paola Taverna, questa Minosse a cinque stelle che distribuisce via social le pene ai reietti che osano contraddire il Sacro blog, e poi s’intrattiene alla buvette di Palazzo Madama, tutta sorrisi e smancerie, con Lele Dessì, senatore che ballava con Domenico Spada e stava in affitto a sette euro al mese in una casa comunale.

 

“Non è questione di fare polemica”, sembra quasi prevenire la domanda Marino. “E’ questione di darsi una struttura e di essere coordinati”. A partire dai dettagli apparentemente più banali, se è vero che perfino la partecipazione del capo politico alla chiusura della campagna elettorale, stasera in un hotel di Cagliari, ha creato non poco trambusto. “Fino all’ultimo è rimasta incerta, per cui molti dei nostri portavoce avevano organizzato eventi nelle varie province. Ora bisognerà disdire tutto, e convincere le persone a spostarsi senza preavviso”. Una latitanza, quella dello stato maggiore del M5s, dovuta alla consapevolezza che il risultato non sarà affatto lusinghiero. “E dire che sei mesi fa – ricorda Marino – avevamo la vittoria in tasca. Poi c’è stato il pasticcio di Mario Puddu, il sindaco di Assemini candidato nonostante incombesse su di lui il rischio di una condanna che in effetti è arrivata. Poi una inspiegabile attesa prima di convocare nuove regionarie. E infine un sostegno scarso al nuovo candidato, Francesco Desogus”.

 

Solo un problema locale? “No. E’ l’ennesima prova di come serva una struttura. Meglio se composta da persone elette e non nominate dall’alto. Ma comunque persone che tengano i rapporti coi comitati locali, che parlino con le associazioni di categoria. Insomma, bisogna fare politica, e non la stiamo facendo. Dopodiché, va detto che la gente ci ha votato per ribaltare il paese, abbiamo nutrito aspettative forse esagerate di cambiamento, e ora ci stiamo incartando su discorsi politicisti che gli italiani non comprendono, e soprattutto non sopportano”.

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