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Cara acqua pubblica

Nel M5s non sono più sicuri di sprecare denaro per un vecchio tic

Forse alla fine deve essere parso insensato anche a loro: rendere pubblica l’acqua – che già è pubblica – con un costo enorme per lo stato. Ed è per questo, allora, che ora gli esponenti di governo del M5s invitano i loro colleghi più barricaderi ad abbandonare, o a rivedere, la vecchia fissazione per una delle storiche battaglie del movimento di Beppe. Il disegno di legge sull’acqua pubblica in discussione alla Camera è inutile per gli utenti e costoso per lo stato. Anticipa la scadenza delle concessioni esistenti, impone che i soggetti gestori del servizio debbano essere enti pubblici dal 2020 e sposta i poteri in materia di tariffe dall’Autorità per l’energia al ministero dell’Ambiente, eliminando la funzione di un’autorità indipendente essenziale per gli investitori anche internazionali. Tuttavia ambire a “pubblicizzare” l’acqua pubblica è già di per sé una truffa propagandistica.

 

Un rapporto dell’Istituto Bruno Leoni “L’acqua è già pubblica!” spiega che 41 milioni di italiani (68,7 per cento) sono serviti da gestori pubblici, i restanti 18,7 milioni (31,3) ricevono il servizio da soggetti che hanno la partecipazione di capitali privati ma per la maggior parte rimangono a controllo pubblico. In pratica solo il 5 per cento degli italiani ha gestori a controllo privato. La pubblicizzazione, secondo i calcoli dell’Ibl, costerebbe oltre 10 miliardi di euro: indennizzi una tantum per le aziende carpite dallo stato stimati in 8,7-10,6 miliardi di euro, più oltre 3 miliardi di euro per il rimborso del debito finanziario a carico degli enti locali e 2 miliardi circa per i mancati introiti da canoni di concessione. Nella manovra non sono previsti stanziamenti e nel testo della proposta di legge, al di là degli emendamenti presentati, c’era un miliardo da prendere al bilancio pluriennale della Difesa, un 1,5 miliardi da un non meglio precisato recupero dell’evasione, e nuove tasse tra cui un centesimo per ogni bottiglietta di plastica venduta. Non bastano. Problemi, questi, che avrebbero motivato il ministro per i rapporti col Parlamento, Riccardo Fraccaro, a presentare alla collega Federica Daga, prima firmataria della proposta di legge, seri dubbi per un provvedimento indifendibile da ogni punto di vista.

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