Luigi Di Maio e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Contro i leader sòla al comando

Claudio Cerasa

Dietro alle contorsioni sul caso Diciotti c’è la storia dei fallimenti del governo in Europa. Migranti, economia, prossima Commissione. Le politiche della chiusura ci ricordano quanto sia pericoloso per l’Italia coltivare il suo folle status di isolamento dal mondo

Isolati, ma perché? Due giorni fa, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, ex grillino, politico in gamba, cacciato probabilmente anche per questo dal Movimento 5 stelle, ha colto al balzo le contorsioni politiche del grillismo sul caso dell’autorizzazione a procedere negata al ministro Salvini per mettere in fila una serie di spassose contraddizioni dei suoi ex compagni di partito.

 

Si diceva tutto in streaming e lo streaming è sparito. Si diceva mai alleanze con i partiti e oggi il movimento è alleato con il partito più antico d’Italia. Si diceva mai in televisione e ora i grillini sono diventati parte della tappezzeria dei talk-show (e gli applausi?). Si diceva fuori dall’euro e l’euro per fortuna è ancora lì. Si diceva alleanze in Europa scelte dalla base ma la base viene ascoltata solo per ratificare scelte già prese (a proposito, ma Grillo lo sa che l’articolo 4 dello Statuto del Movimento 5 stelle dice che il garante o il capo politico nei cinque giorni decorrenti dalla pubblicazione dei risultati su Rousseau può chiedere la ripetizione della consultazione? Se Grillo fosse veramente per la processabilità di Salvini, perché invece che fare il comico non si occupa dei clown del suo partito?). Si diceva mai più governi non eletti, come se in una democrazia parlamentare i governi fossero eletti, e oggi oltre ad avere un governo non eletto c’è un presidente del Consiglio non eletto da nessuno, of course, sostenuto da una splendida maggioranza parlamentare ovviamente non votata da nessuno. Si diceva nessun indagato al governo e il governo – ops! – ha appena votato sì all’immunità per un suo ministro indagato. Si diceva che un ministro dell’Interno indagato doveva dimettersi in cinque minuti, Alfano!, e il ministro dell’Interno indagato è ancora lì, e i cinque minuti dalla ricezione dell’avviso di garanzia ci pare siano trascorsi. Si diceva fuori i partiti dalla Rai e la Rai è stata occupata anche nelle toilette. Si diceva mai il Tap e il Tap per fortuna sta lì. Si diceva niente F-35 e gli F-35 per fortuna sono lì. Si diceva mai più condoni e i condoni purtroppo sono lì.

  

   

Si potrebbe andare avanti ancora per ore a mettere in evidenza le contraddizioni del grillismo, con altri mille si diceva, si diceva, si diceva, ma in realtà il cortocircuito andato in onda con il voto in giunta sull’autorizzazione a procedere contro Salvini dovrebbe ricordarci che la ragione per cui gli elettori del Movimento 5 stelle stanno a poco a poco prendendo a calci nel sedere i propri eletti non riguarda tanto le contraddizioni, non riguarda ciò che i grillini non fanno, ma più semplicemente quello che i grillini stanno facendo.

    

Il grillismo e la dura realtà

Il grillismo oggi è come un arrosticino scadente cotto a fuoco lento da una realtà che ogni giorno mostra una sua incompatibilità con le fesserie partorite dal genio della Cialtroni Associati e da questo punto di vista il voto sul caso Diciotti ha messo in luce le conseguenze di una strategia politica portata avanti con tenacia dai campioni del governo: l’isolamento. E se ci si pensa bene, nella domanda truffaldina posta dai clown a cinque stelle ai propri elettori sul caso Salvini c’è un elemento non messo sufficientemente in rilievo che certifica il dramma politico vissuto dal nostro paese: soli e male accompagnati.

 

L’elemento interessante è quello inserito nella prima parte della domanda ed è questo: il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello stato? La frase chiave è proprio quella inserita in un inciso – per redistribuire i migranti nei vari paesi europei – e in questa frase è nascosto il risultato di ciò che è stato raccolto in questi mesi in Europa dal governo del cambiamento: il nulla. Nulla come gli accordi creati con i partner europei per redistribuire i migranti in Europa. Nulla come gli accordi creati con i partner europei per modificare il trattato di Dublino. Nulla come gli accordi creati con i partner europei per recepire una legge approvata lo scorso anno dal Parlamento europeo – non votata dal M5s e bocciata dalla Lega – che cancella il criterio che il primo paese di accesso debba essere quello in cui il migrante presenta la richiesta d’asilo.

 

In altre parole, negando l’autorizzazione a procedere contro Salvini, il Movimento 5 stelle non ci sta dicendo solo che un reato può essere compiuto da un ministro per questioni legate al preminente interesse pubblico (e perché un giorno non sparargli direttamente ai migranti piuttosto che tenerli in ostaggio su una nave della guardia costiera?) ma ci sta dicendo che il governo ha scelto di giocare sulla pelle dei migranti, e sulla credibilità di un paese, per il semplice motivo che in Europa non è riuscito a ottenere nulla di quanto promesso sul tema dell’immigrazione. Può sembrare solo un dettaglio ma oltre alle contraddizioni sul tema della giustizia (la giunta non si chiama solo per le autorizzazioni ma si chiama proprio per le immunità, parolina magicamente scomparsa nella domanda truffa posta dalla Cialtroni Associati agli iscritti alla piattaforma Rousseau), il cortocircuito andato in onda sul caso Diciotti ci porta a ragionare anche su altro: su quanto sia pericoloso per un paese come l’Italia coltivare con passione il suo status di isolamento dal mondo.

  

Il vero dramma

E’ un problema questo quando si parla di immigrazione, è un problema quando si parla di economia, è un problema quando si parla di export, è un problema quando si parla di politica estera, è un problema quando si parla di business, è un problema quando si parla di soft power, è un problema quando si parla di Olimpiadi, è un problema quando si parla di Libia, è un problema quando si parla di capacità di attrarre investitori, sarà un problema quando un domani l’Italia, dovendo discutere della nuova Commissione e dei nuovi commissari, si renderà conto che il sovranismo in Europa avrà l’effetto non di far contare di più il nostro paese ma di farlo contare sempre di meno.

 

Si può gioire quanto si vuole dunque per le contraddizioni del Movimento 5 stelle, per la trasformazione del caso Diciotti più in una percentuale elettorale che in un caso politico, ma il vero dramma del governo non è ciò che non sta facendo, non sono le sue contraddizioni, ma è quello che sta facendo ogni giorno per trasformare la sua pericolosa politica dell’irrealtà in un obiettivo di lungo termine: portarci a poco a poco fuori dal mondo. E la chiusura farlocca dei porti non ci dice molto solo sulle intenzioni future del Truce sull’immigrazione. Ci dice molto su quale rischia di essere il futuro dell’Italia: chiudersi, isolarsi, nascondersi e spacciare l’isolamento come una forma di protezione quando in verità non è altro che una pericolosa e costante fuga dalla dimensione più temuta dai sovranisti: semplicemente la realtà.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.