Così le “camere dell'eco” hanno ammazzato l'arte della persuasione

David Allegranti

Il libro di Giovanni Ziccardi sulle “tecnologie per il potere”

Roma. Imbruttirsi su Internet è politicamente efficace, perché tutto ciò che crea sentimenti polarizzati funziona, in quest’epoca di berciatori professionisti, di lotta e di governo. È il motivo per cui la “Bestia” di Matteo Salvini, o meglio di Luca Morisi, attira migliaia di like e condivisioni. Il problema è che un eccesso di polarizzazione conduce a una progressiva estremizzazione di tutto il dibattito pubblico, con conseguenze non banali per la natura stessa della democrazia.

   

Il professor Giovanni Ziccardi analizza i meccanismi di distorsione dei processi politici dovuti all’impatto dei social network in un libro in uscita per Raffaello Cortina editore il prossimo 21 febbraio: “Tecnologie per il potere”. “I social network sono diventati lo specchio e l’essenza, allo stesso tempo, della politica attuale. Sono il luogo dove risiedono i dati degli elettori che interessano ai partiti – compresi quelli più intimi – e che sono trattati con sofisticati strumenti di analisi. Sono anche il luogo verso il quale i partiti veicolano in primis le loro comunicazioni, l’ambito più importante di qualsiasi altro mezzo di comunicazione oggi esistente”.

 

I social network dunque hanno trasferito nella politica, praticata e comunicata, anche le dinamiche di auto-conferma che si verificano nelle echo chambers di Internet. Se è vero che su Facebook e Twitter cerchiamo sentimenti polarizzanti e ciò che ci rassicura, evitando qualsiasi tipo di confronto, allora anche in politica si è portati a ripetere la stessa dinamica di auto-rassicurazione: si cerca soltanto ciò che conferma le nostre idee senza coltivare alcun dubbio. La questione rilevante, attorno alla quale ragionare, è che cosa succede quando lo scoprono i politici e i loro staff elettorali che oggi hanno a disposizione tutti gli strumenti per analizzare il sentiment dell’elettorato di cui parla Ziccardi nel suo libro: banalmente gli spin doctor avranno più armi a disposizione per farti vedere un mondo che sembra fatto su misura per te, solo perché grazie ai big data i candidati e i partiti politici sanno effettivamente un sacco di cose sull’elettore.

  

Il risultato è che per ottenere consenso attraverso i social network si è portati a berciare e a insistere su un pubblico che è sempre il solito, racchiuso in nicchie più o meno grandi. “Si tratta di una situazione tipica dei social network, nella quale ogni utente – nel caso che ci interessa, ogni elettore – è chiuso all’interno della sua camera dell’eco, nella quale finisce per sentire sempre di più, e con sempre più ridondanza, proprio ciò che vorrebbe sentire”, scrive Ziccardi. Il politico dunque cerca di costruire una sorta di camera dell’eco senza aver più intenzione di convincere l’elettore, soprattutto quello avversario; la politica non è dunque più arte della persuasione ma arte della profilazione. L’elettore non va convinto, ma reso un bersaglio da analizzare attraverso un complesso sistema di raccolta dati, che in questi anni – come dimostra il caso Cambridge Analytica – può avere anche conseguenze molto pericolose per la salute della democrazia. Se è vero che tutto si tiene infatti, comunicazione politica, vita personale, pubblico e privato, non c’è più alcuna distinzione fra ciò che si è come privati cittadini, consumatori ed elettori.

 

L’elettore è trattato come un consumatore, scrive Ziccardi, come se gli si dovesse vendere un Folletto. Per questo i politici assumono esperti di marketing: il voto è diventa un prodotto. Una democrazia basata sulla dittatura dell’algoritmo inevitabilmente non può essere sana. Ma anzi è facilmente manipolabile. Conoscere per deliberare in questo caso, significa apprendere grazie al libro di Ziccardi quali problemi ci siano dietro il possesso di un account Facebook, Twitter o Instagram. Avere una vita online comporta delle responsabilità un tempo impensabili. Questo vale anche per i politici, dai quali ci si aspetterebbe maggiore senso delle istituzioni. Invece, nella politica della polarizzazione, vince soprattutto chi grida, pensa male e parla male.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.