Fabio Fazio e Alessandro Di Battista (foto LaPresse)

Dibba, che balla che fa

David Allegranti

Tav, mazzette, democrazia. Non ha le prove e non sa di che parla. I 28 minuti dell’assurdo da Fazio, tradotti

Roma. Alessandro Di Battista ha finito le vacanze in Guatemala ed è tornato in Italia per deliziare l’Italia in diretta tv. Vagamente stizzito, è apparso domenica su Rai1 ospite di Fabio Fazio, dove ha potuto dar sfogo alla sua mirabile arte di inventore di notizie, arte riconosciuta anche a livello internazionale visto che nel 2015 la sua bufala su Nigeria, Ebola e Boko Haram finì nell’elenco delle migliori castronerie dell’anno del New York Times. Nei ventinove minuti di intervista, Alessandro Di Battista è riuscito a collezionare una ricca serie di illazioni, dicerie e fake news con il botto. Ve ne offriamo un piccolo estratto.

  

   

“Danilo è stato massacrato dal sistema mediatico e secondo me, non ho le prove, ce sta’ la mano de Benetton dietro”.

 

“Danilo (Toninelli) è stato massacrato dal sistema mediatico e secondo me, non ho le prove, ce sta’ la mano de Benetton dietro”

“Danilo” al secolo sarebbe Toninelli, il ministro delle Infrastrutture, quello convinto che esista il tunnel del Brennero. Dibba dice che l’ignaro ministro è stato massacrato perché è scomodo e perché vuole revocare la concessione ad Autostrade e perché ha bloccato, sottolinea l’ex cooperante, gli aumenti dei pedaggi autostradali. Quindi, seguendo il ragionamento di Dibba, i Benetton avrebbero fatto pressione sui giornali e i giornalisti per attaccare “Danilo” e cercare di rimuoverlo mentre compie, solido come una roccia, il suo dovere di fustigatore dei porci capitalisti. Naturalmente non c’è una prova che sia una dell’esistenza della “mano de Benetton”, ma Dibba è convinto che ci sia qualcuno che accetti di farsi pagare per ridicolizzare Toninelli. E qui dimostra ancora una volta di non aver capito bene come ragionano gli avidi capitalisti. Non c’è bisogno di spendere soldi per una cosa che Toninelli fa benissimo da solo, gratis: rendersi ridicolo.

 

“Tutti quanti, anche i detrattori del Movimento, devono ringraziarci. Perché se dalle nostre parti non sfasciano le vetrine di via Montenapoleone è grazie al M5s, che ha incanalato una rabbia sociale in un percorso democratico”.

 

Questa è interessante. Dibba ci sta dicendo in sostanza che la protesta, finanche violenta, è stata parlamentarizzata. Il risultato che è i forconi sono effettivamente al governo del paese; ciononostante continuano a sfasciare, non le vetrine bensì i conti e forse anche qualcos’altro. Sicché in piazza a protestare chi è rimasto? Nessuno, perché se i forconi sono a Palazzo Chigi per ora non c’è nessuno più estremista di loro disponibile a protestare contro il famoso establishment. Il che è un bene, ma significa anche che di fronte a un governo di sfascisti non c’è nessuno più in grado di protestare, perché la protesta in quanto tale è stata anestetizzata. Alla fine, insomma, aveva ragione Leo Longanesi: “Noi italiani vorremmo fare la rivoluzione col permesso dei carabinieri”.

 

“Siamo stati vittime di tanti pregiudizi”.

 

Sì, Dibba, e li avete confermati tutti.

 

“Il Tav è la più grossa sciocchezza che possa fare questo paese, cioè spendere venti miliardi di euro”.

 

Allarme bufala, livello 13 (in una scala da 1 a 10). La fonte del collega Di Battista, pure lui scrivente, deve essere Marco Travaglio, che da mesi ripete questa cifra. Non è vero e lo ha già smentito Lorenzo Borga su questo giornale qualche mese fa: “Il commissario del governo Paolo Foietta nel 2012 ha scritto che il costo totale in effetti ammonta a 24,7 miliardi, di cui 8,7 per la parte italiana e 16 per quella francese. Una cifra che raddoppia nei calcoli dei critici sull’opera. In realtà l’opera sarà realizzata in diverse fasi funzionali. Il tracciato dovrà essere costruito in quattro fasi, la prima delle quali è rappresentata dalla realizzazione del tunnel del Moncenisio e dal potenziamento della linea esistente. Le fasi successive non sono state ancora programmate e saranno realizzate a seconda delle necessità della linea, che già dalla realizzazione della prima sarà operativa. Se quindi ci concentriamo solo sul primo stadio, per ora l’unico programmato concretamente, il costo si riduce a circa 9 miliardi e mezzo. Una cifra già rimodulata dalla project review decisa nel 2017 e che pesa sull’Italia per il 58 per cento (5,6 miliardi di euro), mentre il resto è di responsabilità francese”. A queste somme, scriveva ancora Borga, “va poi sottratto il contributo della Commissione europea, che dovrebbe finanziare l’opera per il 40 per cento. In effetti dal 2000 l’Ue ha erogato circa 400 milioni di euro e fino al 2019 prevede di stanziarne altri 813 (da dividere tra Italia e Francia). Se la quota europea fosse rispettata la partecipazione italiana si limiterebbe a 3,4 miliardi di euro fino al 2029, anno previsto per la conclusione dei lavori”. Sveglia, Dibba!

 

“Pure su questo non c’ho le prove ma ricordo quando due ’ndranghetisti furono intercettati e dicevano adesso ci tocca fondare un comitato ‘Sì Tav’. Io credo che il problema del Tav non è ‘si fa-non si fa’, io credo che qualcuno si sia già steccato qualche tangente”.

 

Sulla Tav: “Pure su questo non c’ho le prove ma io credo che qualcuno si sia già steccato qualche tangente”

Anche in questo caso, Dibba non ha le prove ma parla. Ormai è tutto così: non sono un medico, ma…; non sono un avvocato, ma…; non sono un ingegnere, ma… Dibba non ha le prove, ma sa. I danni del pasolinismo sulle menti deboli sono incalcolabili.

 

“Un po’ il paese l’ho capito. So che le mazzette si sono trasformate, oggi si chiamano consulenze. La corruzione di oggi si chiama consulenza. Studiamo tutte le consulenze che ci sono dietro il Tav e affrontiamo questo dramma legato alla corruzione”.

 

Anche qui, Dibba butta lì un’illazione senza fornire alcuna prova a sostegno. Suggerisce che dietro la Tav ci siano corrotti e corruttori ma non dice chi. Caro Dibba, un po’ il paese l’abbiamo capito anche noi. Guardandoti.

 

“Valutare – ahimè, saranno frasi forti – se la presenza di alcune imbarcazioni che lanciano il messaggio ‘salviamo chiunque’ non favorisca, ahimè come in queste ultime ore, l’aumento di gommoni e bagnarole che prendono, partono, poi scuffiano e ci sono morti in mare”.

 

No, non c’è nessuna correlazione evidente tra l’intervento delle organizzazioni umanitarie e le partenze dalle coste africane. “Dopo l’ennesima tragedia nel Mediterraneo centrale, al largo della Libia e di Tripoli, torna chi suggerisce che l’attività di salvataggio delle ong provochi un aumento delle morti in mare. I dati dicono una cosa semplice: quest’asserzione è falsa, dice Matteo Villa dell’Ispi.

  

 

“E’ già in crisi la democrazia rappresentativa, un giorno vedremo la democrazia rappresentativa come oggi guardiamo la monarchia assoluta, come qualcosa di obsoleto”.

 

La democrazia rappresentativa, come il capitalismo, ha i secoli contati. Ma a proposito, caro Dibba: c’è una srl privata specializzata in “consulenze” il cui capo guida l’associazione che coordina la democrazia diretta di un famoso movimento: non è che da Fazio volevi dirci qualcosa di più?

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.