Graziano Delrio (foto LaPresse)

Graziano Delrio ci spiega perché la Lega è ipocrita sulla Tav

David Allegranti

“Il 28 gennaio abbiamo calendarizzato la mozione per sbloccare i bandi. Il partito di Salvini, favorevole a parole, cosa farà?”

Roma. “La Tav non è una cosa che riguarda solo Torino: è un primo punto fondamentale del corridoio europeo”. Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera ed ex ministro delle Infrastrutture, spiega al Foglio perché la linea ad alta velocità è centrale per l’economia italiana e perché ci sia parecchia ipocrisia da parte della Lega, “che a parole è favorevole ma poi ne blocca lo sviluppo” avallando le decisioni del governo. L’interscambio con l’ovest dell’Europa “vale più di 170 miliardi, quello con la Francia oltre 80, il 93 per cento del quale si svolge attraverso lo scambio di merce su gomma, che è più inquinante. Quindi far passare il corridoio sopra sopra le Alpi o sotto le Alpi è decisivo. Rinunciare all’interscambio significa rinunciare a un modello di sviluppo che consente di spostare lo scambio merci dalla gomma al ferro”.

 

E’ possibile convincere la Lega, che è al governo insieme a chi vuole bloccare la Tav, a impegnarsi per completare l’opera? “Scendere in piazza è un conto, ma poi sono i governi che prendono le decisioni. E l’unica decisione che il governo ha preso finora è stata quella di bloccare i bandi nel 2018. Noi abbiamo calendarizzato una mozione sulla Tav per il 28 gennaio che dice una cosa semplice: ‘Pubblicate i bandi’. A quel punto si vedrà chi ci sta e chi no. La Lega può votare a favore o contro. Idem i Cinque stelle”.

 

C’è anche la possibilità, osserva Delrio, che “rinviino tutto per interesse politico a dopo le Europee, per giocare due parti in commedia, ma governare significa scontentare qualcuno. E questo governo non si sta assumendo le sue responsabilità. Se lo facessero su una questione che non ha conseguenza diretta su economia e lavoro potremmo anche sorvolare, ma i ritardi ci costano 75 milioni di euro al mese. Perderemo e già stiamo perdendo un sacco di soldi per questa loro indecisione. La Lega a parole dice che è favorevole, poi però va dietro alle fantasie di chi dice che bisogna ‘rimodulare il progetto’. Cerchiamo di essere chiari: quella di adesso non è la prima analisi costi benefici, è la nona e l’ottava l’ho fatta io, con tecnici di valore, direi accademicamente superiori a quelli di adesso. Grazie a quell’analisi abbiamo ottimizzato i costi e revisionato il progetto. Qui però stiamo discutendo non tanto delle tratte da Torino ma se fare o no il tunnel per il quale sono già in corso delle gare, sono stati già scavati 25 chilometri di cunicoli di sicurezza e oltre 6 chilometri della galleria di base. Chi dice il contrario forse dovrebbe andare a farsi un giretto”. Insomma, “la Lega deve decidere se sbloccare questi bandi oppure no. Altrimenti non ha alcun senso dire di essere favorevoli all’opera. Che lo dimostrino, a partire dal Capitano, come lo chiamano i suoi. Basta chiacchiere, Capitano! Facile prendersela con 50 persone in mezzo al mare; Salvini prenda invece una decisione. Il tempo è scaduto stiamo perdendo soldi”.

 

Ma c’è la possibilità che in parlamento possa nascere un’intesa con la Lega su tematiche legate allo sviluppo? La Tav, ma non solo. Termovalorizzatori, revisione del reddito di cittadinanza… “Noi ci siamo sempre dimostrati disponibili a fare il bene del paese, non a fare polemica politica. La nostra priorità sono i cittadini. Se la maggioranza facesse scelte utili all’Italia le saluteremmo con piacere, non ci opporremmo, anzi, collaboreremmo. Noi siamo convintamente all’opposizione del governo, non del popolo italiano. Per ora però non le abbiamo viste. La Lega è critica sul reddito di cittadinanza, ma il decreto poi lo sostiene in consiglio dei ministri. Non si possono tenere i piedi in due staffe. Negli ultimi mesi il paese si è fermato e siamo in recessione. Noi siamo sì responsabili ma le maggioranze variabili non ci piacciono. Non siamo la foglia di fico di nessuno”. E nemmeno di Fico, forse.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.