Il film toppato di Moretti

Quando il mito romantico del pueblo si fa gestante e tutore artificiale di quello soreliano del populismo

Giuliano Ferrara

Prima di dilagare come mito soreliano, chiamata all’azione contro il panciafichismo delle élite, il popolo è stato, non solo in Victor Hugo, anche nel più modesto ultimo Novecento, un mito romantico. Due miti armati entrambi, come si conviene alle favole dai tempi di Omero, entrambi a vantaggio di democrazia elettorale. Nel trailer del nuovo doc di Moretti sul Cile del settembre 1973 si vede con commozione un Allende presidente che difende la sovranità del popolo contro l’aviazione golpista in volo assassino sulla Moneda di Santiago, prima di togliersi la vita per estrema protesta con un’arma regalatagli da Castro: sono parole eroiche e tenere di un patriota popolare autolesionista, che compensa abbondantemente nel martirio un certo grado di sprovveduta incertezza e incoscienza politica. El pueblo unido jamás será vencido: musicale, ma falso!

  

Moretti ha le sue bravure e la sua simpatia, ma la sottigliezza politica o storica non è il suo genere. Ci regala in un fuori scena una nuova frase immortale: Io non sono imparziale. Bè, vorrei vedere, se la linea di frattura è tra un presidente eletto e una giunta golpista che bombarda il palazzo, poi arresta tortura e reprime chiunque non sia riuscito a scappare, magari rifugiandosi all’Ambasciata italiana, come lodevolmente racconta il film, chi avrà lo stomaco di dirsi imparziale? Purtroppo i miti romantici semplificano, come dovrebbe sapere bene proprio Moretti, che nel Caimano si immedesima, nel farlocco finale, in un Berlusconi nero, anzi neronico, cacciato dal potere e in fuga nella sua limousine lasciandosi alle spalle un paesaggio di miserie incendiarie e di rivolta anarcopopulista. Alla luce di quanto seguì la crisi del 2011, una composta ritirata del presidente eletto e il suo voto a Mario Monti con Bersani e molti altri, senza bisogno di riabilitare tutta la parabola del Cav. in considerazione di quanto è avvenuto dopo la sua estinzione nazarenica e sostituzione con il mito soreliano incarnato, cioè l’avvento del Truce, bisogna pur dire che Moretti ha toppato. 

 

Molti o pochi, quelli che vedranno il documentario sul Cile potranno, se lo vogliano, riflettere sulla legge dell’incubazione: il mito romantico del pueblo si fa gestante e tutore artificiale di quello soreliano del populismo. Comunque si giudichi il passaggio finale ordinato alla democrazia istituzionale, in un paese come quello che l’aveva nei precordi, eccezione latinoamericana assoluta, i generali e Pinochet e Kissinger, nonostante le regole della Guerra fredda, l’avevano fatta trista e intollerabilmente brutale. Ma el pueblo non era unido, la sinistra era minoranza già nelle presidenziali allendiste (un Fronte popolare da 33 per cento), poi nelle elezioni politiche prima del golpe, ed era minoranza sociale perché le forzature castriste, socialiste, anarchicheggianti, con il dissenso resistente e solidale dei comunisti cileni di allora, avevano generato il mito soreliano, la chiamata all’azione di camionisti e massaie e altro ceto medio declassato e provocato da élite demagogiche: ingravidarono il populismo bieco e autoritario. Come poi si è incaricata di dimostrare anche l’esportazione del castro-chavismo a Caracas, con le conseguenze note, il populismo è una rincorsa di due populismi, uno di sinistra militante e uno di destra attivistica. Non siamo tenuti all’imparzialità, anzi, ma un quanto di narrazione verdadera è sempre benvenuto. Per evitare, almeno, equivoci spiacevoli.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.