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Grillo e il bizzarro collage di tutte le varianti dell'idea antiborghese

Guido Vitiello

Perché discutere all'infinito di destra e sinistra? 

Diceva Luigi Einaudi – campione delle prediche inutili, in ogni campo – che borghesia è parola così equivoca che sarebbe buona cosa “escluderla dal novero di quelle adoperate dalle persone decise a non imbrogliare il prossimo”. E’ naturale, perciò, che sia tornata a risuonare nell’epoca dell’imbroglio deliberato e permanente. La sconnessa “Ode alla borghesia” firmata da Beppe Grillo e dal suo neurologo rimesta tra fonti per lo più canzonettistiche: il Gaber prematuramente declinante e sermoneggiante – campione delle prediche dannose, in ogni campo –, qualche eco camuffata dei canti di lotta di Claudio Lolli (saluta, Grillo, la “cara vecchia borghesia”), a cui si aggiungono reminiscenze involontarie e tic verbali variamente sovrapposti, dagli anni Venti agli anni Settanta – i due strati più corposi e indigesti della pentalasagna.

  

Trattandosi di retorica, ossia della materia di cui è intessuta la vita pubblica italiana, la cosa dovrebbe, se non preoccuparci, almeno incuriosirci. In un libro prezioso quanto introvabile, “Storia dell’idea antiborghese in Italia”, pubblicato da Laterza nel 1991 – che andrebbe annoverato tra le prediche utili, utilissime, ma pronunciate davanti a quattro fedeli in una chiesa gelida –, lo storico del pensiero politico Domenico Settembrini esordiva dicendo che lo spregio per la borghesia aveva allignato un po’ in tutta Europa e perfino in America, “avanguardia e fortilizio dei valori borghesi”, ma che in quei luoghi si era sempre trattato di una mentalità passeggera, di uno stato d’animo o d’umore, mal che andasse di una effimera concrezione ideologica. “L’Italia, invece, è stato il primo paese europeo in cui l’idea antiborghese ha superato questo stadio per così dire volatile, concretizzandosi in un movimento – il fascismo – che è riuscito a soffocare e deviare per vent’anni il progredire della democrazia liberale, il cui corso successivo è stato fino a oggi fortemente e negativamente condizionato da un altro movimento – il comunismo – che del fascismo è stato prima il fratello-nemico e poi il continuatore e l’erede”.

   

Chi fa ironie su Grillo il milionario che irride i bottegai aggiusti la mira: non è questione di patrimonio o di conti correnti, il borghese è un attore dello psicodramma politico italiano, una maschera della nostra commedia dell’arte, e di solito lo buttano in scena nella parte del fantoccio da prendere a mazzate. Le mie mani bucate si sono spinte a ritroso fino al 1939 per acciuffare il “Processo alla borghesia”, pamphlet a molte mani curato da Edgardo Sulis al culmine della campagna antiborghese di Mussolini – gli anni, insomma, della pagliacciata del lei e del voi. Ecco il profilo dell’imputata: “Figlia di Lutero e della Rivoluzione francese che accolse e soddisfece i suoi 95 desideri di comodità ideale e di peccato legittimo; nata in casa dell’economia lo stesso giorno in cui fu proclamata l’indipendenza economica; battezzata nel 1789 col sangue di un privilegio scaduto dal quale nacque un privilegio ben più tenace, non responsabile, comodissimo; senza patria; sposata in tenerissima età al denaro, senza figli; abitante in casa della proprietà privatissima o in casa del desiderio di proprietà come fine; connotati indefinibili; segni particolari nessuno; professioni: 1) antiaristocrazia; 2) costituzionalismo; 3) economismo; 4) antipopolo; 5) classismo; 6) intellettualismo”. Da questa lista di capi d’accusa sarebbe caduto il primo, nella stagione dei processi alla borghesia celebrati con la P38. Ma non si tratta, qui, di baloccarsi con il gioco storico (o antistorico) delle filiazioni e delle corrispondenze, delle eredità e degli album di famiglia. Al contrario, si tratta di sbarazzarsi una volta per tutte della chimera dei movimenti post-ideologici; che sono, semmai, esempi più o meno riusciti di junk art, prodotti assemblando scarti e detriti raccolti nella grande discarica delle ideologie novecentesche, spesso ignorandone l’origine.

  

Perché discutere all’infinito di destra e sinistra? Ammiriamo piuttosto questo bizzarro collage di tutte le varianti dell’“idea antiborghese”, anche le più contraddittorie. Artisti delle avanguardie russe e americane ne stanno componendo di altrettanto ingegnosi. E ognuno avrà il suo padiglione, nella prossima biennale – anzi: quinquennale – indetta a fine maggio 2019.

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