Luigi Di Maio con una statuetta di Matteo Salvini durante la trasmissione "Nemo" (foto LaPresse)

Fare del grande disordine una leva per un nuovo ordine

Giuliano Ferrara

Cosa c’è di sospetto nell’indifferenza di Salvini e Di Maio per i disastri economici

E’ evidente che hanno già fallito. E’ evidente che non poteva essere altrimenti. E’ evidente che i sondaggi li premiano e forse saranno premiati anche alle elezioni. E’ evidente, evidente, evidente. Ma c’è un mistero. Non che gli italiani tardino ad accorgersi di quello che hanno combinato, ché gli sberleffi sono sberleffi, ma che loro, il Truce il Bamboccione e l’Avvocato, non abbiano non dico una strategia di rottura, ma almeno una inclinazione a fare del grande disordine una leva per un nuovo ordine. Siamo sicuri di poterlo escludere?

 

Non sono normali, in pochi mesi hanno fatto piazza pulita del minimo ragionevole che si era accumulato prima di loro, e rincorrono brutte figure, ma insistono. La vulgata politologica vuole che il Truce aspetti il momento buono per mettersi in proprio e portare il paese alla mercé di un governo di centrodestra con quasi tutte le rotelle a posto, magari dopo le elezioni europee. Eppure tutte le sue mosse vanno nella direzione opposta. Bolsonareggia, putineggia, cerca e trova i collegamenti cosiddetti sovranisti peggiori in Europa, è misogallo e non vuole saperne di negoziare con Bruxelles. Incoraggia etnicismi, populismi indifferenziati e gretti machismi verbali, il nesso con gli interessi delle partite Iva è esilissimo, la degradazione dell’economia e delle aspettative impaurisce il suo possibile blocco di sostegno, proprio nel caso in cui volesse fare una giravolta e presentarsi come il candidato Capitano della destra vera. Il Bamboccione fa la sua parte pauperista, gridata, condonista, clientelare, festeggia dal balcone la distruzione dei conti pubblici, umilia il ministro dell’Economia e i tecnici al servizio dello stato, ingaggia battaglie fatali con i media nemici del popolo, manovra l’Avvocato del popolo come può e come vuole, distribuisce reddito e ettari del demanio o dice di volerlo fare, chiude i negozi la domenica, blocca le opere di prima necessità, almeno quando può o crede di potere, alimenta il sacro fuoco dell’alternativa di sistema ai poteri non dico forti, giganteschi, delle grandi aziende, delle banche. E’, dice, in totale sintonia con il Truce.  

 

Speriamo che siano solo due inetti di successo, due energumeni che non sanno quello che fanno e alla fine litigheranno alla prima incrinatura dei sondaggi e delle pulsioni prepolitiche interne ai loro movimenti. Speriamo. Ma dietro la baldanza maligna forse si nasconde, e nemmeno tanto bene, l’idea che scassata l’Italia se ne fa una nuova, via dall’Europa, il famoso piano B, via dalle vecchie alleanze, via dalla moneta unica, via dalle regole, in una scommessa di distruzione creativa al vertice della quale sta il ritorno ai vecchi caratteri autarchici di una nazione che punta sulla svalutazione come unico mezzo di competizione, come unica risorsa di mercato, e sulla costruzione di un orgoglio di cartone, teatrale, plateale. Con il bottino che stanno portando a casa in tutti i campi, e l’opposizione spaesata e l’Europa dei fatti politici indebolita a favore dell’Europa commissaria e banchiera, per adesso l’unica prospettiva che si può divinare è un tanto peggio, tanto meglio, la versione per illetterati buonsensai del famoso brocardo conservatore dell’aristocrazia siciliana di fronte all’unificazione nazionale dall’alto.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.