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Altro che grande bellezza, Roma è una grande attesa

Marianna Rizzini

L'immobilismo della giunta Raggi e il j'accuse del giovane imprenditore Carlo Muratori

Roma. Il Campidoglio di Virginia Raggi e gli imprenditori: due anni e mezzo di non fattività, con in mezzo il naufragio del Tavolo per Roma, la fuga di alcune grandi imprese e il pensiero che a fuggire potrebbero essere sempre di più. A Roma non si fa, non si decide. E anche quando il pubblico non deve metterci i soldi, per il privato è difficile farsi ascoltare. E’ il j’accuse di Carlo Muratori, trentaduenne imprenditore e presidente dei giovani di Acer (costruttori romani), membro della Consulta cittadina dei giovani imprenditori e professionisti. “Prendiamo per esempio i permessi per costruire”, dice Muratori, “permessi che servono non soltanto per gettare le fondamenta del palazzo del tanto vituperato ‘palazzinaro’, ma anche per tutte le attività di edilizia più pesante, dal progetto di riqualificazione energetica di un edificio alla riqualificazione antisismica. I dati sono allarmanti: nel 2011, anno della grande crisi italiana, i permessi per costruire sono stati 683, oggi, 2018, siamo a 171 da gennaio a ottobre”. Da quando i Cinque stelle sono in Campidoglio, dice l’imprenditore, è come se tutto fosse addormentato, immobile: “La giunta si è insediata nell’estate 2016, ed è cominciata la grande attesa. Abbiamo attraversato prima una fase di stop totale lunga un anno e mezzo. Stiamo predisponendo la ‘macrostruttura’, ci dicevano. ‘Dateci tempo’. Poi, inaugurata la macrostruttura, la brutta sorpresa: per il settore edilizia tutto deve passare dalla stessa persona, peraltro un bravissimo architetto che si fa in quattro, legge tutto e giustamente approfondisce prima di evadere le pratiche, ma essendo da sola e non avendo i superpoteri non può fare miracoli: per intendersi, si deve occupare della costruzione del muretto di cinta come della ristrutturazione, dello stadio della Roma come della variante urbanistica. Può ricevere James Pallotta o la vecchietta che deve riverniciare la facciata, sempre solo lei – l’unica preposta a mettere la firma indispensabile. Per giunta in orario d’ufficio, due giorni a settimana: ci si deve mettere in fila, senza appuntamento, anche soltanto per chiedere un’informazione. Situazione a dir poco fantozziana, e inaccettabile per la capitale d’Italia”.

  

Il tutto produce una montagna di scartoffie che finiscono dietro le cosiddette priorità. “Ma nel frattempo non puoi fermare Roma”, dice Muratori, raccontando una realtà di giovani imprenditori “fortemente disturbati dal non fare: preferiamo paradossalmente l’errore all’inattività per paura di sbagliare. In questo quadro l’imprenditore finisce per pensare che l’amministrazione non scommette su un settore cardine come l’edilizia e l’urbanistica, e pensa: forse meglio investire altrove”. Conta forse l’assunto pregiudiziale “palazzinaro uguale ladro”? “E’ un alibi per l’inazione. Ci sono e ci sono stati imprenditori disonesti, ma la maggior parte degli imprenditori vorrebbe soltanto poter lavorare. E ci sono esempi di partenariato pubblico-privato che funzionano benissimo, con vantaggio reciproco. A forza di dire ‘tutti ladri’, invece, è tutto fermo, e la città è in pezzi”. Questione non soltanto di decoro: “Siamo di fronte a un depauperamento civile, a una perdita di energie intellettuali. Molti giovani colleghi mi dicono: che ci faccio in questa follia amministrativa? Vado a Milano, vado all’estero. Peccato: Roma ha le potenzialità per invertire la rotta, nel brevissimo periodo e senza spendere un euro pubblico”. Ci sono progetti già depositati rimasti nella palude: “Penso alle ex Caserme, alla vecchia Fiera di Roma, allo stadio Flaminio. Tutti sintomi di malagestione: con il partenariato pubblico-privato, in 12-18 mesi, si potrebbe riavviare tutto, portare investimenti per miliardi di euro e riqualificare. Ma qualcuno deve decidere, assumendosi oneri e onori”. Il problema è forse anche il mito della “non competenza” degli eletti a Cinque stelle, eletti proprio perché “puri” e non “dentro il sistema”. “Se uno è per così dire ‘incompetente’ ma ha voglia di mettersi in gioco, può fare errori ma anche mettere in circolo energie. Ma se uno è incompetente e in più sta fermo per non rischiare, la città resta drammaticamente indietro”. Primo passo, dice Muratori: “Sbloccare i progetti già pronti che non hanno bisogno di soldi pubblici”. C’è poi la questione che ai tempi di Walter Veltroni sindaco andava sotto il titolo “bandi con punti verde qualità: l’imprenditore doveva prendersi cura di un angolo di verde pubblico dove costruiva per esempio un chiosco o una palestra. Il progetto poi era stato abbandonato per via dei sospetti di infiltrazione del malaffare. Oggi abbiamo provato, come giovani imprenditori, a riproporre qualcosa di simile. Abbiamo invitato a un nostro tavolo l’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari, ma non si è presentata”. La giunta a Cinque stelle, in tempi di antipolitica, non vuole che si dica “siete come gli altri”: “Non si può sempre dire ‘abbiamo ereditato problemi da chi c’era prima’. Risolviamoli, i problemi, o faremo la fine di Detroit. Siamo sull’orlo del precipizio, però sentiamo di poter essere uno degli ultimi baluardi per la ripresa”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.