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La Costituzione, la bella settantenne

Annalisa Chirico

Il testo riletto alla Luiss: altro che populista, è il germe dell’europeismo

Roma. Quando persino il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si spinge ad affermare che il populismo sarebbe insito nella Costituzione italiana (“Amo sempre ricordare che sovranità e popolo sono richiamati dall’articolo 1”, così il premier all’Assemblea generale delle Nazioni unite), ti rendi conto che non è mai troppo tardi per onorarla questa benedetta Costituzione. In occasione del settantesimo anniversario della sua entrata in vigore, la School of Government e la School of Law della Luiss hanno organizzato un incontro dal titolo “La Costituzione italiana e le dinamiche istituzionali”, una mattinata scandita da panel tematici di alto livello – tra i relatori, Giovanni Orsina, Roberto D’Alimonte, Marcello Messori, Bernardo Giorgio Mattarella, Gianfranco Pellegrino – presieduti dal giudice emerito della Consulta Sabino Cassese. Nelle vesti di cerimoniere c’è il vicepresidente della Luiss, la professoressa Paola Severino, che definisce la Carta costituzionale una “giovane settantenne”, frutto di uno straordinario sforzo di “sintesi ideologica” e capace di “difendere le grandi questioni politiche e sociali del passato ma anche di guardare al futuro con enorme efficacia offrendo riscontro a nuove istanze di tutela e a nuovi diritti inimmaginabili settant’anni fa”.

  

Per l’ex ministro della Giustizia, “i recenti sentimenti antieuropeisti che si diffondono in quasi tutti gli stati europei traggono origine anche dal deficit di legittimazione democratica che ha per molti versi caratterizzato l’Unione europea, specie dal fallimento del progetto costituzionale europeo”. In un sistema giuridico multilivello si pone la necessità di “creare una comunità dei popoli europei che si riconosca in un nucleo comune di tutela dei diritti fondamentali, in larga parte coincidente a livello interno e sovranazionale, che vede consolidare sempre più il proprio ruolo centrale grazie all’operato delle corti internazionali ed interne”. Per il direttore della School of Government Sergio Fabbrini “l’attacco all’Europa è l’attacco alla Costituzione”: “L’articolo 11 istituzionalizza l’interdipendenza ancor prima che essa si sviluppi, la Costituzione disegna un sistema euronazionale, così l’europeismo sostituisce il nazionalismo e diventa la filosofia pubblica abbracciata da tutte le élites politiche dal 1948 fino alla crisi economica del 2008”.

Integrazione e rigidità normative

Con il “patto” di Maastricht, fondato su una politica monetaria unica con governance centralizzata e diciannove politiche economiche decentralizzate, “l’Ue si trasforma nella celebrazione del vincolo esterno per definizione” in un coacervo di rigidità normative e non solo che contribuisce al risorgente nazionalismo. Per il costituzionalista Andrea Manzella, “la Costituzione contiene in sé un nucleo intimo di energia che dà propulsione al processo di integrazione europea”: la prevalenza del diritto comunitario e il principio di sussidiarietà disegnano uno “stato comunitario”, ancor prima dei trattati di Roma. Chiude i lavori il presidente della Consulta Giorgio Lattanzi, che evidenzia la modernità di una Carta costituzionale “vigorosa nella sua vitalità, giusto equilibrio tra stabilità e mutamento, aperta alle riforme se intese come ponderate revisioni, non a operazioni di stravolgimento”.

 

“La stabilità di una nazione – conclude Lattanzi – si fonda sulla stabilità della sua Carta fondamentale, e le Costituzioni che durano a lungo hanno la capacità di mutare insieme alla società generando nel corpo sociale un genuino patriottismo costituzionale”. Purché “popolo” e “populismo” non vengano sciaguratamente scambiati per sinonimi.