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Socialisti, liberali e popolari insieme alla ricerca di idee per l'Europa

Annalisa Chirico

Per Fabrizio Cicchitto, presidente dell’associazione Riformismo e libertà, “Pd e Forza Italia dovrebbero fondersi in un unico contenitore ma è probabile che non lo faranno e siamo nel disastro"

Roma. Decidere da che parte stare, a volte si deve. Oggi, a Palazzo Wedekind, alle ore 9.30 è suonato il campanello d’inizio di una “maratona oratoria” che, nella battaglia tra sovranismo e globalismo, ha scelto la metà campo da occupare. “Nuova Europa contro Vecchia Europa”, s’intitola così il manifesto europeista sottoscritto da Fabrizio Cicchitto, Ferdinando Adornato e Sandro Gozi, tre ex parlamentari, tre profili diversi che mescolano insieme tinte socialiste, liberali e popolari. Tra i keynote speaker, figurano Marco Minniti, Renato Brunetta, Angelo Panebianco, Marco Bentivogli, Giuliano Cazzola. Un universo culturale e politico variegato che riflette sull’impossibile mediazione tra sovranismo e globalismo, e sulla necessità di un “patto trasversale di tutte le energie europeiste e repubblicane’’. D’accordo, i promotori non sono novizi della politica, e la vittoria populista è l’altra faccia del fallimento delle forze politiche tradizionali.

 

Per Fabrizio Cicchitto, presidente dell’associazione Riformismo e libertà, “Pd e Forza Italia dovrebbero fondersi in un unico contenitore ma è probabile che non lo faranno e siamo nel disastro. I paradigmi sono cambiati, il ritorno del nazionalismo comporta il superamento di centrodestra e centrosinistra, i sovranisti lo hanno capito prima degli altri”. Cicchitto è stato in Parlamento per sette legislature, ha ricoperto ruoli di primo piano: un po’ di autocritica? “Del malcontento verso l’Europa devono rispondere principalmente coloro che l’hanno costruita in questi anni: eccesso di rigorismo e mancanza di solidarietà hanno incentivato l’ascesa sovranista. Moscovici e Juncker sono ottimi sparring partner per Salvini e Di Maio, se non esistessero bisognerebbe inventarli”.

 

Nel manifesto c’è l’appello a prendere le distanze dal putinismo per avanzare nell’integrazione europea, a partire dalla difesa comune. “La dimensione internazionale dei sovranisti è Putin. All’epoca del vertice di Pratica di Mare nel 2002, il presidente russo era debole ed emarginato, aveva tutto l’interesse a rientrare nel salotto buono della politica mondiale. Silvio Berlusconi, che ancora oggi manifesta verso di lui amicizia e fiducia, sottovaluta che adesso la situazione è diversa, gli equilibri sono profondamente mutati, alla Casa Bianca c’è Trump e Putin incarna un progetto imperialista che passa per la devastazione dell’Unione europea”. Da dove dovrebbe partire una “nuova Europa federale”? “Bisogna mettere mano all’elezione popolare diretta del presidente della Commissione, serve un Esercito europeo finanziato con i fondi nazionali delle singole politiche di difesa”.

 

Per Sandro Gozi, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio nei governi Renzi e Gentiloni, “con il voto del 4 marzo è crollato un intero sistema. Di fronte al polo nazional-populista dobbiamo costruire un’alternativa politica radicale andando oltre il Pd. Anche Forza Italia dovrebbe prenderne atto anziché invitare, a giorni alterni, Salvini a non essere… Salvini. Non invidio la posizione di Antonio Tajani. Ci serve un’Europa che protegge, con un coraggioso piano d’investimenti sociali, per offrire opportunità ai giovani, servono politiche di sicurezza e difesa comuni. Un’Europa sovrana insomma”. Per Ferdinando Adornato, ex parlamentare di lungo corso e presidente della Fondazione Liberal, “i sostenitori della società aperta e della società solidale, storicamente avversari, si debbano riscoprire alleati contro i fautori della società autarchica, nazionalista e pauperista”. Serve un nuovo simbolo? “Sì, serve un nuovo polo, un federatore”.

 

Ha in mente un nome? “Mario Draghi incarna le ragioni per cui l’Italia ha tutto l’interesse a restare nell’Ue e nell’eurozona. Il prossimo anno potrebbe pensarci”. Questa Europa non scalda i cuori però. “Io ho sbagliato poco, sono tra quelli che da quasi vent’anni sostengono la necessità delle riforme perché la democrazia italiana non può reggere senza cambiamenti istituzionali profondi. Sull’Europa il discorso non è diverso: deve fare autocritica una classe politica che non ha avuto la forza di realizzare alcun cambiamento, ed è stata spazzata via dall’onda sovranista”.

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