Torino, militanti di Movimento 5 stelle e Lega protestano sotto la prefettura (foto LaPresse)

Parole contro gli sfascisti

Non si può restare senza parole contro il populismo sovranista. Per resistere occorre partire da qui: la libertà

I populisti, ha scritto il direttore Claudio Cerasa, hanno dei messaggi tanto pericolosi quanto chiari che riescono a imporre nel dibattito pubblico. Per chi invece considera quei sogni come degli incubi il problema è proprio questo: essere senza parole. Qual è la parola giusta intorno alla quale costruire un’alternativa alla politica dello sfascio? Noi diciamo libertà, voi? Scriveteci qui: [email protected]. In questa pagina pubblichiamo alcune delle centinaia di email che abbiamo ricevuto. Nei prossimi giorni continueremo a pubblicare i vostri contributi più significativi.


  

Al direttore - La mia parola è “Scuola”. Puntiamo tutto sulla scuola le nuove generazioni saranno l’argine ai rutti di Salvini e Di Maio.

Matteo Del Corno

 

Al direttore - Grande Cerasa. Ma dopo la denuncia come si fa a sviluppare una proposta olistica che aggreghi i milioni di italiani che sono avviliti e demoralizzati?

Massimo Spagnolo

 

Al direttore - Sarebbe ora di mandarli a casa questi incapaci che predicano bene e razzolano male e che vanno in tv senza contraddittorio per dire tutte le boiate che hanno detto fino a ora senza che nessuno interferisca nei loro discorsi. Siamo caduti proprio in basso con questi nullafacenti che fanno solamente propaganda elettorale per il loro tornaconto.

Maria Malaspina

  

Al direttore - Buongiorno, sono Riccardo Piazza, ho 31 anni e sono terrorizzato da quanto sta succedendo, non solo in Italia ma nel mondo. Ho lasciato un anno fa il mio posto da manager per mettermi in proprio come consulente e formatore, sinceramente non saprei se avessi compiuto questo passo alla luce della prospettiva economica attuale. Trovare le parole per rispondere a questa violenza non è facile, quelle che funzionano sembrano essere quelle di altri populismi (per intenderci alla Bernie Sanders) ma non credo questa sia la strada da intraprendere. Occorre limitare la polarizzazione estrema a cui stiamo assistendo, ma per fare questo è necessario non solo ragionare sulle parole ma anche sui mezzi.

Facebook e Twitter in particolare sono stati i canali che hanno portato al populismo globale, la filter bubble è infatti la prima causa della polarizzazione delle opinioni. In questi canali non c’è ascolto, vince chi la spara più grossa. I post funzionano come gli incidenti stradali, più sono gravi e più attirano attenzione.

Abbiamo vissuto l’illusione che internet sia potuto essere il canale giusto per conversazioni a due vie (cosa non possibile con i mass media), purtroppo abbiamo sottostimato i pericoli di dar voce alla pancia della gente. I commenti di tutte le pagine Facebook dei giornali andrebbero chiuse subito perché piene di violenza di ogni tipo. Chiudo la mia mail e cerco di rispondere alla vostra domanda iniziale. Quello che penso si potrebbe (e che dovrebbero fare al più presto i partiti moderati) è un esercizio di ascolto dell’elettorato e delle ragioni che stanno dietro al consenso populista, ascolto che possa portare a delle idee di comunicazione che vengano poi prototipate e testate, perché c’è bisogno di comunicazione efficace che possa spostare nuovamente l’ago della bilancia. Lo schema che vi ho descritto parte dal design thinking, pratica messa in atto da numerose aziende tra cui Google, Ibm, Visa, Lego e molte altre, pratica che sto promuovendo presso le aziende e che è ampiamente documentata online nel caso vorreste approfondire. Grazie per aver sensibilizzato i vostri lettori e per avermi letto.

Riccardo Piazza

     

Al direttore - Non ci sono parole da contrapporre a chi insulta, sbeffeggia, ecc. Specie se rappresenta lo stato. Si rimane attoniti e... senza parole. Il vero, enorme guaio è che quel linguaggio sia condiviso da molti, moltissimi. Grazie.

Luigi Natali

     

Al direttore - Nell’accogliere l’invito del direttore del Foglio a indicare la propria “… parola giusta da contrapporre all’oscurantismo populista…” (Cerasa 8 ottobre) oso dire: storia. Certo, non è un lemma utilizzabile in modo semplice e immediato nella produzione di messaggi politici ed elettorali di un linguaggio nostro – ovverosia riformista e moderato – da contrapporre a quello sfascista e truce, ma ahimè efficace, di populisti e sovranisti. E pur sempre, nondimeno, una parola di riferimento, di contesto, di cornice indispensabile a distinguerci dal verbo incattivito e torvo di Di Maio e Salvini. E dico storia perché se c’è un punto che caratterizza l’ideologia e l’azione sfasciste di sovranisti e populisti non solo del nostro paese ma anche d’Europa e d’America, quel punto è proprio la perdita del senso storico: che altro è il “presentismo” di leghisti e grillini, concentrati esclusivamente sul “… televoto del presente, dimenticando la storia del proprio paese e rinunciando ad occuparsi del futuro della propria nazione…” , se non assenza di senso storico? Dunque, per tutti i riformisti e moderati d’Italia e del continente, la storia è termine da rilanciare e sbattere in faccia agli avversari pentastellati, e questo per un duplice ordine di motivi: per un verso perché ricorda, soprattutto ai giovani, che l’Europa è una realtà nata e affermatasi come spazio storico ancor prima che come ambiente fisico-naturale, in cui l’antropologia culturale ha contato e conta ben più che l’antropologia fisica; e per l’altro perché è l’unico modo per contrastare la deriva naturalistico-razziale di ogni populismo e sovranismo. E’ l’azione dell’uomo come soggetto storico integrale che ha fatto grande l’Europa nel passato, non il Dna biologico dell’uomo europeo; e che può ancora farla grande per il futuro, purchè non si dimentichi quel che ebbe a dire sul concetto di storia il compianto Giuseppe Galasso: la storia può dirci come e perché siamo giunti a questo punto del nostro presente, perché abbiamo questo paesaggio urbano europeo, perché abbiamo queste istituzioni, perché respiriamo questa atmosfera culturale. Ma la storia non può mai dirci – né è giusto che ci dica – quello che dobbiamo fare ora e nel futuro: questo attiene alla libertà politica e morale di ciascuno di noi. Dunque, in conclusione, storia e libertà: un binomio inscindibile per un linguaggio riformista ed europeista forte e fecondo.

Alberto Bianchi

    

Al direttore - Seguo e condivido contenuti e “scrittura” della resistenza civile all’attuale governo portata avanti dal Foglio. Per delle frasi con parole che riterrei sintetiche e significative per una campagna contro lo sfascismo pentaleghista vorrei proporre un classico: “Il sonno della ragione genera mostri” (titolo dell’acquaforte di Francisco Goya che potrebbe anche essere utilizzata durante la campagna per le europee). E uno più recente: “Chi parla male, pensa male e vive male”. (Nanni Moretti da Palombella Rossa). Con stima, cordiali saluti.

Maurizio Accinni

     

Al direttore - Buongiorno, ho letto l’articolo e ho trovato alla fine la mail attraverso la quale scrivervi. Non ho mai scritto ad alcun giornale prima d’ora. L’articolo fa riflettere. La comunicazione personale, professionale, politica ed aziendale si compone di innumerevoli opzioni, ciascuna a sua volta con infine sfacettature. Ciascuno decide di comunicare come vuole, con parole, gesti, silenzio, mimica, etc. E a chi vuole. E naturalmente si pone l’obiettivo. Ai giornali, alle persone, in generale a tutti gli stakeholder della politica, cioè a noi tutti, sfugge l’unica cosa che conta. Non la comunicazione ma il succo che se ne ricava a livello di sensazioni personali. Conta cioè la “persona politico”. Cioè la donna e l’uomo che fanno politica rappresentandoci. Che hanno qualità e vissuto tali da essere in grado più di noi di risolvere i problemi e di migliorare le nostre condizioni di vita attuali, non solo economiche. La comunicazione è solo un aspetto di tanti altri fattori che la donna/uomo politico devono esprimere.

Non deve essere l’obiettivo ma un mezzo che serve a descrivere obiettivi raggiunti e da raggiungere. Indignarsi per una comunicazione inappropriata è inutile. Indignarsi per i fuori onda comunicazionali che esprimono la pochezza di sensibilità e capacità di Casalino è appropriato. Altre indignazioni sono solo esercizi di capriccio da parte di adulti che vogliono attirare l’attenzione a tutti i costi.

Indigniamoci se e quando i risultati non arriveranno. Allora è lì che ci si dovrà incazzare. Non per tutto il resto che conta in modo molto relativo.

Luca Colleoni

     

Al direttore - Credibilità. So che è troppo semplice, addirittura banale. Ma se qualcuno ha qualcosa da proporre in alternativa ai cosiddetti populisti senza attaccarli sui loro modi lo faccia senza paura (possibilmente anche senza macchia). Toc Toc… c’è qualcuno?

Sandro Cardinali

     

Al direttore - Resistenza.

Marilù Barnaba

    

Al direttore - Verrebbe di istinto dire “democrazia”, ma la parola e stata per così dire svilita dall’uso improprio di partiti e politologi. Quale termine può sostituirsi a “democrazia”, democrazia non è in conflitto con “libertà”,ma libertà tout-court non basta,  ci siamo mai chiesti come mai il 63 per cento degli italiani votanti si dice populista e sovranista e il 38 per cento non va neppure più  a votare? Allora chi scrive è stato consigliere comunale alla fine degli anni 90 per Forza Italia, poi la stessa persona è  passata alla Lega nord, quella federalista e delle autonomie territoriali, di quel federalismo in cui credo ancora e maggiormente proprio in concomitanza con questa deriva sovranista di non chiarissima consapevolezza. Ecco così che proprio in chiave federalista, io dico che la parola significativa è “cura”.Cura sta ha significare che chi ha governato fin ora non si è  dato appunto la cura di interessarsi del 99 per cento che possiede il rimanente del 25 per cento della ricchezza nazionale in mano al solo 1 per cento. Va bene la libertà e il liberismo ma di questo 99 per cento qualcuno se ne vuole prender cura?

E qui è il punto forse che i governi precedenti a questo se ne sono preoccupati? Se lo hanno  fatto non ce ne siamo accorti. Ora questa cura deve tradursi nella promozione di tutti i livelli della società italiana e questo non può  non partire che da un recupero del senso nazionale e sovranista che dovrà poi proseguire nel maggiore ruolo delle realtà locali che rimetteranno la comunità dei cittadini al centro del processo democratico. Allora sì che la libertà avrà  un senso  perché sarà la libertà dalle élite globaliste e dalle lobby partitiche e burocratiche. Con stima.

Giorgio Calabria

    

Al direttore - Permettetemi questo trinomio: etica, concordia, solidarietà.

Elio Cirimbelli

    

Al direttore - Caro Cerasa, non sono avvezzo a manifestare il mio pensiero in pubblico (la ragione urta con il “pensare” della pancia provocandole fastidiosi rigurgiti) ma la situazione attuale mi preoccupa. Preoccupa l’espandersi di un forte sentimento negativo nel paese, sentimento che nasce da motivazioni in alcuni casi comprensibili ma che a oggi assume la forma di una valanga carica di rabbia e cieca che vuol travolgere tutto ciò che è “diverso”. E intendo con la parola diverso, anche tutti coloro che non rispondono in modo positivo al richiamo di guerra perenne che appartiene a questo governo. Sono convinto che siamo in diversi a non condividere questo modo di fare ma a differenza “loro”, non urliamo e non utilizziamo la parola a caso conoscendone approfonditamente il “peso” che essa ha nel mondo reale. Non reputiamo l’insulto come parte della soluzione.

Sono altrettanto convinto che sia giunto il momento di rendere manifesta questa differenza. Laddove non sia manifesta una civile opposizione il paese non può avere una seria prospettiva di crescita (non accozzaglia di qualcuno contro qualcun altro ma unione di uomini ed idee che parlino di futuro e speranze concrete da realizzare, condivisione di valori da riprendere seppur fra le varie differenze).

Credo fortemente che sia l’Amore la giusta risposta (inteso come identificazione di se stesso con il prossimo e quindi con Dio di cui siamo immagine). Amore per il rispetto ed il confronto, per la libertà. Caro direttore, la ringrazio per l’attenzione e spero che ognuno nel suo piccolo, cominci rimboccandosi le maniche per ritirare su la nave dalla china pericolosa che ha preso.

Antonio Stillitano

Al direttore - Sottoscrivo ogni parola del suo articolo e anch’io sono tra quelli che rimangono senza parole di fronte a ciò che stiamo vedendo ed ascoltando, sorpreso non tanto dai capi popolo, di cui non ho nessuna stima, ma appunto dal silenzio di tutti.

Di parole ne indico due, educazione e rispetto. Cordiali saluti.

Fernando Pellegrini

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