Matteo Salvini e Marine Le Pen (foto LaPresse)

I sovranisti europei riusciranno ad aprire il Parlamento Ue come una “scatoletta di tonno”?

Alberto Brambilla

Salvini dice di avere un piano trentennale per cambiare l'Europa. Di certo c'è che la campagna elettorale verso il voto del 2019 è ancora lunga e la propaganda rischia di produrre danni continui e permanenti all’Italia in primis 

Matteo Salvini dice di avere un progetto trentennale per cambiare l’Europa e ha cominciato alleandosi con i nazionalisti francesi di Marine Le Pen per le elezioni europee di maggio con il “Fronte della libertà”. Allargare il deficit di bilancio e attaccare frontalmente i funzionari della Commissione europea, che considera un’anatra zoppa, fa parte di un piano strategico. Il politologo Giovanni Orsina avverte sulla Stampa che “sbaglia chi continua a sottolineare, a mo’ d’esorcismo, che [un’alleanza] non può funzionare perché i sovranisti, impegnati ciascuno a promuovere gli interessi del proprio paese, non sapranno dar vita a un’alleanza coerente. Per il momento non è affatto così: gli interessi dei sovranisti convergono a perfezione sull’obiettivo di indebolire Bruxelles e riportarne i poteri nelle capitali nazionali. Su tanti altri obiettivi poi divergeranno e si scontreranno senz’altro – ma questo avverrà domani, non oggi”.

 

Benché compatti in un piano così incendiario da sembrare donato loro da Steve Bannon, i sovranisti europei riusciranno ad aprire il Parlamento Ue come una “scatoletta di tonno”? I partiti nazionalisti viaggiano sul 15-17 per cento dei consensi. Vale in Lettonia per il Kpv Lv (14,1) e il Nuovo partito conservatore (13,6). In Svezia con gli Svedesi Democratici (17,6). Lo stesso livello della Lega alle scorse elezioni. I nazionalisti alleati riusciranno ad aumentare i consensi per ribaltare Bruxelles? Di certo la campagna elettorale sarà lunga altri otto mesi e se Salvini ha deciso di mettersi alla testa dovrebbe tenere in conto che in questo periodo di turbolenze finanziarie, tra continui cali in Borsa e aumenti dei rendimenti dei titoli pubblici, una lunga propaganda farà danni continui e permanenti all’Italia in primis.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.