Paolo Campinoti è il presidente di Confindustria Toscana area Sud e amministratore delegato della Pramac (Foto Imagoeconomica)

Le imprese si fidano della Lega? Non tutte

David Allegranti

“Il partito di Salvini sembra Rifondazione, avalla le scelte assistenzialiste”, dice Campinoti, Confindustria Toscana

Roma. Non tutti in Confindustria hanno così fiducia nella Lega, come ha detto il presidente Vincenzo Boccia nel fine settimana (prima di aggiustare un po’ il tiro). Paolo Campinoti, presidente di Confindustria Toscana area Sud e amministratore delegato della Pramac, dice al Foglio che “Boccia ha chiarito che è stato solo un malinteso e che il suo pensiero non è quello che è stato riportato. Detto questo, per quanto mi riguarda, penso che sia presto per dare un giudizio su una manovra che non è chiara. Intanto è stato dato un indirizzo. Aumentare il deficit in maniera così marcata la vedo come una cosa abbastanza negativa. Anche perché questo governo è contro Tap, Tav e altre cose, e mi sembra difficile prevedere un piano di investimenti se già si blocca tutto quel che c’è. Per ora dunque vedo molta propaganda, quindi aspetto di vedere risultati concreti”.

 

Campinoti registra comunque “dati preoccupanti”. Perché? “La Lega dice essere a favore delle imprese ma intanto si sono esposti affermando che l’aeroporto di Firenze non va allargato”. Susanna Ceccardi, consigliere del ministro dell’Interno Matteo Salvini e sindaco di Cascina, di recente ha detto che la Toscana soffre “un gap infrastrutturale che però non riguarda le linee aeree. Lo sviluppo turistico della Toscana non passa dall’ampliamento o meno dell’aeroporto di Firenze. Passa da altri temi. Per razionalizzare le risorse pubbliche, le priorità sono altre”.

 

Un pugno nello stomaco per gli imprenditori che da tempo chiedono uno sviluppo dell’aeroporto di Firenze. Sottolinea Campinoti: “Parlano come Rifondazione comunista. Sì, mi pare proprio che fra Lega e Rifondazione dal punto di vista economico ci sia poca differenza. Lo ammetto, sono preoccupato. E mi stupisco che chi viene dal Nord produttivo avalli scelte assistenzialiste tipiche del meridionalismo a Cinque stelle”. Peraltro, osserva Campinoti, “è difficile che in un governo possano coesistere a lungo due anime così diverse, da una parte c’è l’ala cubana, dall’altra l’imprenditore brianzolo. E’ chiaro che quello fra Lega e Cinque stelle è un matrimonio d’interesse, ma prima o poi questa contraddizione dovrà scoppiare”.

 

Per ora si sono divisi i compiti, osserva l’imprenditore. “Il patto è chiaro, da una parte c’è chi come la Lega si occupa di ordine pubblico, con posizioni anche condivisibili, dall’altra c’è chi segue la parte economica. Il problema è che le scelte economiche messe finora in piedi dai Cinque stelle, dal decreto dignità a questa forma di reddito di cittadinanza, sono da Casse del Mezzogiorno degli anni Ottanta. Non si dà reddito a chi ne ha bisogno, ma si dà un contributo a chi non fa niente. Mi pare strano che un partito come la Lega accetti tutto pur di restare al governo”.

 

Insomma, non tutti gli imprenditori hanno fiducia nella Lega. “La fiducia va data sui fatti. Ci hanno messo due mesi per il decreto su Genova. E finora abbiamo visto una chiara ostilità verso il mondo delle imprese. Dicono che ci sarà un atteggiamento diverso. Se questi cambiamenti avverranno, noi le valuteremo con positività. Non è una questione di antipatia personale. E’ che gli imprenditori sono abituati a giudicare le cose fatte, non quelle che non esistono”.

 

Questo governo, dice Campinoti, ha anche un problema di comunicazione. Specie per quanto riguarda i Cinque stelle. Prendiamo il linguaggio usato. “Se si chiami ‘prenditori’ gli imprenditori contribuisci a creare conflittualità sociale, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in Italia. Non serve uno scontro fra soggetti che sono dalla stessa parte. Le imprese creano benessere, c’è solo da decidere come crearlo. Certo non lo si crea se sono costrette a scappare o a chiudere. In Italia si respira un clima di ostilità al mondo degli imprenditori. In una regione come la Toscana poi c’è una cultura comunista anti imprese, basta vedere le dichiarazioni di Enrico Rossi contro Sergio Marchionne. Questa acredine non aiuta nessuno in un contesto di mercato e io non dico che l’impresa dovrebbe essere coccolata ma quantomeno appoggiata da territori e istituzioni, ecco, questo sì”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.