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Più competenza, meno medioevo. Un appello ai talk show: mai più i “no vax” in tv

Claudio Cerasa

La politica anti sistema e l’orrendo abito no vax. Non è più solo una questione di democrazia: nella scelta scellerata del governo di una nuova proroga in tema di vaccini è in gioco la salute del paese

Verrebbe voglia di non parlarne più, di cambiare discorso, di occuparsi d’altro, di chiudere questa pagina infame della storia di questa legislatura e di provare così a concentrarci sulla prossima legge di stabilità, sulla necessità di avere un pacchetto di misure economiche all’altezza delle sfide della settima potenza industriale del mondo e all’altezza della grande occasione che ha questo governo di fare ancora una finanziaria, che sarà poi l’ultima, con un Mario Draghi a Francoforte e con un Quantitative Easing ancora in funzione. Eppure, oggi, nella settimana della riapertura delle scuole, c’è un tema che merita ancora di essere messo a fuoco e che riguarda non solo la salute dei nostri figli ma anche la salute del nostro paese. Parliamo di vaccini, naturalmente, parliamo della scelta scellerata della maggioranza di governo di dare la possibilità ai bambini non vaccinati di presentarsi a scuola solo con un’autocertificazione fino a marzo, e poi fino a chissà quando, utilizzando dei giochi di parole per nascondere una verità assoluta che coincide con una caratteristica purtroppo inossidabile di questo governo: l’incapacità di sfidare fino in fondo gli estremismi.

 

Quando si parla di vaccini, e non se ne parla mai abbastanza, si parla spesso della pazzia di non voler difendere i bambini più deboli, di non voler rendersi conto di quanto sia grave spacciare per verità alternative delle bugie assolute e di quanto sia pericoloso sottovalutare il fatto che avere il più alto numero possibile di bambini vaccinati contro il morbillo è l’unico modo per proteggere quei figli che, essendo troppo piccoli o troppo deboli o troppo immunodepressi, non possono essere vaccinati e rischiano per questo la vita ogni volta che sulla propria strada incontrano un bambino che per capriccio dei genitori ha scelto di non vaccinarsi – in Europa nel 2017 stati 14.451 i casi segnalati di morbillo, che hanno provocato 30 decessi (nel 2016 i casi erano stati 4.643), e in questa classifica l’Italia si trova al secondo posto per numero di casi, con 5.004 segnalazioni, e solo dal primo gennaio al 30 giugno di quest’anno i casi segnalati sono stati 2.029 e il 91,3 per cento ha riguardato ovviamente soggetti non vaccinati: meno sono i casi di morbillo, meno probabilità ci sono di morire di morbillo, persino Toninelli ci può arrivare. Se vogliamo però mettere per un attimo da parte il pericolo costituito dalle politiche sanitarie che occhieggiano alle teorie anti vacciniste dobbiamo armarci di pazienza e concentrarci anche su un altro problema legato alla salute del nostro paese.

 

Per far crescere il consenso ogni buon populista deve affermare che tutto ciò che c’è stato nel passato non ha funzionato come avrebbe dovuto. E per una maggioranza di governo sfascista è vitale fare di tutto per delegittimare la casta degli esperti: quando hai a disposizione solo una banda di incapaci, fare dell’incompetenza una virtù è l’unico modo per spacciare l’inadeguatezza in una raffinata e purissima forma di onestà politica

E quel tema può essere presto sintetizzando così: può davvero permettersi l’Italia di sdoganare il culto dell’incompetenza? Il tema dei vaccini, il tema della trasformazione degli esperti e degli scienziati in una casta da combattere in nome di una necessaria affermazione di un nuovo ordine mondiale guidato dai depositari unici del volere del popolo, è un qualcosa che non può essere archiviato segnalando solo il dramma delle fake news che diventano realtà ma deve essere affrontato anche da un altro aspetto, che è quello della necessaria battaglia che un paese civile dovrebbe portare avanti contro tutti coloro che nell’èra del populismo universale stanno trasformando passo dopo passo la non competenza nell’unica forma di purezza possibile. Il ragionamento lo conoscete e la meccanica dello sfascismo è ormai evidente: per far crescere il consenso ogni buon populista deve affermare che tutto ciò che c’è stato nel passato non ha funzionato come avrebbe dovuto e per essere coerente con le sue affermazioni ogni buon populista deve trasformare in un totem da abbattere tutti coloro che hanno portato avanti delle tesi diverse dalla sua.

 

Il tema vale quando si parla di avversari politici – la casta, che orrore! – ma vale anche quando si parla delle battaglie sostenute dagli avversari politici, e la ragione per cui oggi né il Movimento 5 stelle né la Lega possono, purtroppo per i nostri figli, permettersi di essere in continuità con il governo precedente sul tema dei vaccini è legata anche a questo doppio motivo: la necessità di imporre una discontinuità rispetto al passato e la necessità di far vivere la propria battaglia anti casta in difesa del popolo aggredendo tutti coloro che possono essere considerati come delle élite. Se vogliamo, dunque, la ragione per cui il Movimento 5 stelle e la Lega non potranno mai facilmente togliersi di dosso l’orrendo abito no vax è legata più a una generica fede anti sistema che a una specifica fede anti vaccinista. E se ci pensiamo bene non ci vuole molto a capire perché per una maggioranza di governo sfascista è vitale fare di tutto per delegittimare la casta degli esperti: quando hai a tua disposizione solo una banda di incapaci, fare dell’incompetenza una virtù è l’unico modo per spacciare la inadeguatezza in una raffinata e purissima forma di onestà politica.

 

Trasformare le élite in nemici del popolo quando si parla di politica è un pericolo per la democrazia perché alla lunga porta il popolo a credere che l’unica forma di politica possibile sia quella in cui i corpi intermedi vengono a mano a mano delegittimati. Trasformare le élite in nemici del popolo quando si parla di medicina non è solo un pericolo per il paese ma è un attentato contro i nostri figli. Dio benedica i presidi e la loro formidabile disobbedienza civile. E nei talk show che ricominceranno questa settimana sarà bene ricordarsi che trasformare in opinioni discutibili alcune verità scientifiche significa essere complici del ritorno al medioevo.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.