Foto Imagoeconomica

In viaggio con Calenda

Valerio Valentini

L’ex ministro prepara un tour per l’Italia. E il Cav. lo incoraggia

Roma. Per ora, più che un piano, è un’ipotesi. Ma che pure deve avere una certa concretezza, nella mente di Carlo Calenda, se è vero che l’ex ministro dello Sviluppo l’ha già esposta ai compagni di partito, o meglio compagni di fronte. A quelli attuali, e anche – chissà – a quelli futuri, che oggi stanno in Forza Italia ma che alle europee potrebbero ritrovarsi dallo stesso lato – quello antisovranista – della barricata. L’idea è infatti quella di lanciarsi definitivamente alla guida del “fronte repubblicano”, e farlo inaugurando una campagna itinerante, in giro per l’Italia, a metà settembre. 

  

I dettagli del viaggio calendiano nell’Italia populista restano ancora da definire; intanto, però, il progetto è già stato esposto. Calenda ne ha parlato con alcuni confidenti, ricevendone qualche incoraggiamento più divertito che entusiasta. “Sta sondando: e l’idea, seppure non inedita, può risultare interessante”, dicono nel Pd. Ma ad avere ascoltato i ragionamenti di Calenda, nelle scorse settimane, non sono stati solo amici e compagni di partito. L’ex ministro ha illustrato il suo piano anche a quegli esponenti di Forza Italia sempre meno convinti che il futuro del centrodestra vada ricercato nell’inseguimento forsennato a Matteo Salvini. Tra questi, a inizio luglio, c’è stato anche Paolo Romani, che ha incontrato Calenda col beneplacito di Silvio Berlusconi. Il Cav., a chi lo informava dell’attivismo trasversale dell’illustre neoiscritto del Pd, ha raccomandato di far sapere che “noi azzurri siamo convintamente antipopulisti e antisovranisti”. E chissà se è solo tattica, per ora, l’attesa di vedere e di capire se e come l’intuizione possa evolvere. Sta di fatto che, per il momento, l’eventuale banco di prova della possibile alleanza antisfascista è già stato individuato: le Europee del 2019. Prima, bisognerà capire se la suggestione estiva possa davvero prendere forma, e se questa forma abbia sostanza e credibilità. Chi, al Nazareno, condivide il progetto calendiano, ha già cominciato a fare i conti: l’ex ministro dello Sviluppo potrebbe contare su un terzo, circa, dei consensi di cui ancora gode il Pd. Un cinque o sei per cento che però, risulta evidente, è ben poca cosa. “Bisognerà dare tempo che i frutti maturino”, dice chi ci crede, spiegando che evidentemente il “fronte dovrà aprirsi subito alla società civile”: associazioni, comitati territoriali, i Giovani democratici. E anche per questo il viaggio autunnale dovrà essere ricco d’incontri e d’iniziative, coinvolgendo anche molti imprenditori che guardano con terrore alla minaccia grilloleghista. C’è poi la questione del nome e del simbolo: Calenda ha già da tempo chiarito che c’è bisogno di una svolta che sia anche iconica, ma al contempo non vorrebbe rinunciare né all’identità di un partito di cui ha da poco preso la tessera, né – soprattutto – ai vantaggi di una struttura che, per quanto indebolita, resta radicata e diffusa sul territorio. “Si dovrà fare un congresso al più presto possibile, però”: è questo che Calenda continua a ripetere a chi gli sta più vicino, con una insofferenza crescente nei confronti degli incomprensibili balbettii dell’attuale segreteria. E però, ha spiegato Calenda ai forzisti coi quali ha parlato nella sua estate romana, bisognerà andare oltre anche ai padri putativi dei due schieramenti: Berlusconi da un alto, considerato ormai non in grado di esercitare una leadership adeguata, e Renzi dall’altro, visto da troppe persone, a torto o a ragione, come il responsabile di un fallimento conclamato. “Se ne riparlerà a settembre”, si stringono nelle spalle, ora, i calendiani potenziali. Tutti convinti, comunque, che sia giusto provarci in vista delle Europee: lì, infatti, c’è il voto proporzionale, il più adeguato per misurarsi senza vincoli di mal sopportate fedeltà o di vecchie coalizioni. Sarà un liberi tutti, e l’indomani si conteranno i vincitori, i morti e i feriti.