Filippo Nogarin, sindaco di Livorno in quota M5s dall'11 giugno 2014 (Foto Imagoeconomica)

Livorno blues

David Allegranti

Ecco perché arrivare dietro alla Lega per il Pd sarebbe un altro disastro. Ed è anche possibile. Reportage

Livorno. Oltre quattro anni fa – era il 2014 – il Pd qui prese una “cenciata” storica, perdendo al ballottaggio contro il M5s, nonostante i venti punti di vantaggio al primo turno. In piazza nella notte, davanti al Palazzo comunale, grida e insulti contro i “ladri” del centrosinistra. L’anno prossimo ad approfittare delle promesse disattese dal grillismo livornese (ogni volta che uno s’affaccia in città spera sempre di trovare i famosi autobus gratis, e invece) potrebbe essere non il Pd bensì il centrodestra. 

   

In Toscana dappertutto il competitor più forte – finché regge l’alleanza, beninteso – è la coalizione guidata da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, come dimostrano le recenti amministrative a Pisa, Siena e Massa. A comandare per davvero però è il partito di Matteo Salvini e con la Lega al governo in queste città ormai non esistono più tabù da abbattere e tutto è davvero possibile. “Il Pd livornese è scassato in mille pezzi – dice al Foglio Marco Taradash – e il centrodestra in Toscana non esiste più, c’è la Lega e c’è qualche nostalgico di Fratelli d’Italia. Se il vento di Salvini dura ancora fino alla primavera dell’anno prossimo, direi che la partita sarà fra Lega e grillini”.

  

Le difficoltà per il centrosinistra insomma non mancano, ammette anche il deputato del Pd Andrea Romano, che pure nel collegio uninominale a marzo è riuscito a superare con il 32 per cento Giulio La Rosa del M5s. “Sono convinto – dice al Foglio – che larga parte della città sia profondamente scontenta dell’amministrazione Nogarin, che ha promesso moltissimo. Per dire, la tassazione locale è aumentata al massimo consentito, i servizi essenziali – dalla nettezza urbana ai parcheggi – non sono minimamente migliorati. In più questa amministrazione, avendo una forte carica ideologica e pensando di realizzare il grillismo in una città sola, sul modello sovietico, da applicare poi a tutto il paese, ha chiuso i flussi economici esterni, violentando così la natura della città, che invece è sempre stata un porto franco, aperta al mondo. Il mio timore però è che questi scontenti non si siano reinnamorati del Pd, benché abbia fatto molto per rinnovarsi. Per riprenderci Livorno dobbiamo costruire un’alleanza più larga possibile, ricollegandoci a quella sinistra civica livornese, come Buongiorno Livorno, che nel 2014 contribuì alla vittoria di Filippo Nogarin”.

  

Il dialogo a sinistra, stile Nicola Zingaretti nel Lazio, è già cominciato fra il Pd e la lista civica Buongiorno Livorno – i cui vertici si sono pentiti di aver sostenuto al ballottaggio l’attuale sindaco – grazie anche all’impegno di Alessio Ciampini, giovane consigliere comunale del Pd. Uno che avrebbe potuto o potrebbe fare il candidato sindaco se il Pd non avesse un problema gigantesco nella selezione della classe dirigente. “A Livorno rischiamo di arrivare terzi”, dice laconico Ciampini. “Dobbiamo anche riaprire un rapporto con quelli che io non chiamerei moderati ma patriottici repubblicani”, aggiunge Romano. “Dalla comunità ebraica al mondo delle professioni e agli imprenditori portuali. Non penso a partitini di centro, che a Livorno hanno una storica debolezza. Stiamo lavorando insomma per costruire un rassemblement civico e repubblicano, di cui il Pd deve essere il perno”.

  

C’è poi la questione della candidatura. Nessuno, neanche il M5s, l’ha ancora risolta. D’altronde è ancora presto, se ne ricomincerà a parlare a settembre. Il centrosinistra potrebbe puntare su una candidatura esterna ai partiti. “Eva Giovannini, giornalista della Rai, è un nome in campo ma non è l’unico. C’è una generazione di espatriati di ritorno, che sono cresciuti a Livorno e hanno costruito la loro carriera fuori, che potrebbero dare una mano in città”, dice Romano. Giovannini, inviata della Rai, non ha ancora deciso cosa fare – d’altronde un lavoro ce l’ha – anche se è stata sollecitata da più parti e si sta guardando intorno.

  

E Filippo Nogarin? Qualche mese fa il sindaco ha prima detto di non volersi più presentare per un secondo mandato, poi ha corretto il tiro. “Il mandato mi scade tra un anno. E no, non mi ricandido. Come si fa? Ho sulle spalle cinque inchieste penali e 50 civili. Alcune assurde, come una su un canto dell’upupa. Sono due le cose: o sono Al Capone, oppure c’è un accanimento nei miei confronti”. Insomma, “ho cinque avvisi di garanzia per reati penali. Vanno dall’abuso d’ufficio al concorso in omicidio colposo, quello per l’alluvione, quello che ha fatto più male”. Dunque “basta: essere sindaci di una città in crisi è difficile, è dura”. Poi, appunto, ha precisato e spiegato che ancora niente è deciso. Ma intanto una cosa è chiara, anche per Nogarin: fare il sindaco non è facile come twittare.

  

“Nogarin – dice Romano – fa il Roberto Fico in sedicesimi, fa quello di sinistra, si oppone alla Lega ma non ha spazi per prendere in giro i livornesi. Lega e Cinque stelle lavorano e lavoreranno d’intesa sulle amministrazioni locali. Lui pensa di fare ‘el barbudo de la Sierra’, pensa di essere Che Guevara ma più realisticamente prende ordini da Casaleggio e li prenderà anche l’anno prossimo... Non a caso è chiamato ‘il Bomba’; quelli come lui sono una figura classica a Livorno, un po’ come in tutti i paesi. Sono quelli che vanno in piazza e dicono ‘adesso ve lo faccio vedere io’. E’ uno sparaballe, il problema è che fa il sindaco. Minaccia querele in continuazione, me ne ha promesse tante ma non mi è arrivato mai niente. Intanto su di lui pendono due cose molto importanti. Una riguarda la vicenda dell’alluvione, una tragedia spaventosa costata la vita a nove livornesi. Nogarin è indagato ma noi non abbiamo mai usato questa vicenda, perché siamo garantisti, ma è una vicenda che pesa. In più c’è il caso Lanzalone, visto che lui ha cominciato la sua carriera politica a Livorno e Nogarin su questa storia non ce la dice giusta”.

   

Una delle querele annunciate dal sindaco è, alla faccia del contratto felpa-stellato, contro il giovane Lorenzo Gasperini, leghista, già candidato in Parlamento alle ultime elezioni politiche ed ex capo segreteria della sindaca di Cascina Susanna Ceccardi. Il sindaco non ha gradito un post su Facebook di Gasperini dopo i tafferugli tra forze dell’ordine e antagonisti per la rimozione di uno striscione e dopo le critiche di Nogarin alla polizia per la reazione “spropositata e fuori misura”. “In termini di essenze politiche non vedo molta differenza tra Nogarin che con le proprie dichiarazioni protegge la delinquenza livornese e quei sindaci che proteggono i boss della mafia o della camorra”, ha detto Gasperini, che è anche coordinatore enti locali dei giovani della Lega. “E fu così che il leghista Gasperini arrivò a paragonare un gruppo di cittadini che manifestava il proprio pensiero critico, ai boss di Cosa nostra. Davanti a certe affermazioni non ci sono contratti nazionali che tengano: persone come questa vanno semplicemente querelate”, ha risposto il sindaco. D’altronde, anche Nogarin ha bisogno, come il Pd, di una sponda a sinistra. “Non mi risulta che siano stati firmati contratti per Livorno”, dice il sindaco, aprendo così il duello amministrativo per il 2019.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.