Il premier Conte in visita a Foggia (foto LaPresse)

Il volto più nero dello stato

Redazione

Perché tassare le rimesse degli immigrati incentiva l’economia sommersa

Una proposta di legge presentata il 26 marzo scorso da esponenti della Lega sta facendo discutere in questi giorni: tassare le rimesse degli immigrati, ovvero i soldi guadagnati qui e mandati alle famiglie nei paesi d’origine, per girare i proventi così ottenuti alle famiglie italiane affinché facciano più figli. L’idea è contro la logica. La proposta è di introdurre una imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all’estero effettuati dalle apposite agenzie, ovvero del 3 per cento sull’importo trasferito con ogni singola operazione, con un minimo di prelievo pari a 5 euro.

 

Secondo Banca d’Italia, le rimesse registrate nel 2017 sono state di 5 miliardi di euro (tre decimi di punto di pil), in calo di 2,7 miliardi rispetto al 2011. Un terzo di queste transazioni passa attraverso canali informali, che sfuggono a eventuali imposte. Chi verrebbe colpito sono gli immigrati che utilizzano canali legali per mandare denaro a casa: si andrebbe a vessare quella parte della popolazione immigrata che non ha necessità di nascondersi perché svolge un’attività lecita alla luce del sole. E’ poi possibile che a quel punto i lavoratori, sensibili a un aumento dei costi, preferiscano i canali informali e non regolamentati sfuggendo alla legge e aumentando i rischi per la sicurezza.

 

Un governo che volesse affrontare la questione della legalità e della dignità del lavoro potrebbe dare invece la priorità al problema del caporalato. L’incidente sulle strade di Foggia di lunedì scorso – in cui sono morti 12 migranti che avevano appena finito la loro giornata lavorativa nei campi – ha riaperto il dibattito sullo sfruttamento della manodopera e sul lavoro nero. Incentivare il sommerso, anche nelle transazioni finanziarie, andrebbe in senso contrario. Inoltre, per tornare agli effetti ipotizzabili, sarebbe un’operazione altamente regressiva: di base il reddito dei migranti è già tassato nel paese ospitante, colpire le rimesse equivarrebbe a una doppia tassazione per loro. Dal momento che solitamente sono i lavoratori con un reddito basso a spedire i soldi a casa dai parenti rimasti in patria, sarebbero proprio questi ultimi a risentirne perché riceverebbero meno soldi. Così non potremmo “aiutarli a casa loro”, per usare uno slogan caro a Matteo Salvini, perché a casa loro staranno sicuramente peggio di prima. Mettere le mani nelle tasche degli immigrati per aiutare gli italiani è propaganda.

 

In realtà l’autorità statale manifesta così il suo lato più oscuro e odioso: il potere di tassare senza limiti chiunque. Non sarebbero gli italiani a guadagnare sugli stranieri, sarebbero gli stranieri a essere trattati né più né meno come gli italiani: super tassati a casa propria.

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