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La dignità annacquata. Così gli emendamenti depotenziano il decreto di Di Maio

Valerio Valentini

Sgravi per under e over 35, reintroduzione dei voucher anche per gli enti locali, regime transitorio: la rivoluzione grillina per la lotta al precariato può attendere

Non solo gli sgravi alle aziende che sanno tanto di rinnovo del Jobs Act. Tra gli emendamenti presentati da Lega e M5s al cosiddetto "decreto Dignità" fortissimamente voluto da Luigi Di Maio, sono parecchi gli aspetti che sembrano destinati, se non ad annacquare, quantomeno a ridimensionare la pretesa portata rivoluzionaria del primo serio provvedimento del "governo del cambiamento", come del resto già si vociferava nei giorni scorsi in Transatlantico. Dopo la lunga trattativa di ieri, ora i 35 emendamenti (22 proposti dal M5s, 13 dalla Lega), sono pronti per essere approvati, sostenuti – tutti – congiuntamente dai due partiti di maggioranza. E così, quando il decreto arriverà in Aula, giovedì prossimo, pronto per essere votato con la prima mozione di fiducia del governo grilloleghista, avrà una fisionomia assai meno rivoluzionaria di quanto sembrava al momento della sua prima presentazione. 

 

Sgravi per gli under 35 e per gli over 35

Gli sgravi, innanzitutto. Per gli under 35, Lega e M5s propongono di fatto un prolungamento del bonus giovani varato da Paolo Gentiloni nella scorsa primavera. Una decontribuzione fino a 3 mila euro all'anno, per tre anni, per gli imprenditori che nel 2019 e 2020 assumono giovani lavoratori col contratto a tutele crescenti: sì, proprio quello introdotto dal tanto bistrattato Jobs Act renziano. E se questa è un'idea avanzata dal M5s, è stata invece la Lega a proporre la correzione dell'articolo 3, e prevedere anche per gli ultratrentacinquenni una forma di sgravio in caso di stabilizzazione. Si tratta, in questo caso, di un gioco a somma zero. A chi deciderà di assumere un lavoratore dopo aver rinnovato un contratto a termine, verrà di fatto restituito un importo "pari a ciascun aumento (...) sostenuto in occasione di ciascun rinnovo", ovvero la maggiorazione dello 0,5 per cento sui contributi. In pratica, tutti gli aggravi andranno a finanziare un fondo da cui poi il governo attingerà per ricompensare gli imprenditori che stabilizzano gli over 35. 

 

Regime transitorio sui contratti a termine: si cambia, ma non subito

L'immediata applicazione della stretta sui contratti a termine, col relativo obbligo di causale e le sanzioni connesse ai rinnovi, era uno degli aspetti più critici del decreto dignità. La nuova disciplina si applicherebbe anche ai contratti conclusi successivamente all’entrata in vigore del decreto stesso, cioè al 14 luglio 2018, e ai contratti prorogati o rinnovati a partire da quella stessa data. Cosa che, hanno fatto notare i leghisti, "comporta decise problematiche di applicazione nella sua fase iniziale, dato il limitatissimo periodo di adeguamento concesso alle imprese dovuto all’immediata efficacia della riforma". Di Maio sulle prime era parso irremovibile, ma poi ha ceduto. E così, su volere del Carroccio, almeno fino al 30 settembre 2018 verrà introdotto un regime transitorio. Durante il quale, si legge, pur mantenendo il limite sulla durata massima di 24 mesi e il numero massimo di quattro proroghe ammissibili, "le imprese possono rinnovare e prorogare i contratti a termine oltre i 12 mesi senza la necessaria indicazione della causale. In questo caso, quindi, tale ultimo adempimento, diverrebbe definitivamente obbligatorio solo dopo una prima fase 'ibrida', dando, così, modo alle imprese (soprattutto alle PMI) di riparametrare il proprio organico e riorganizzare la propria struttura all’intervenuto mutamento normativo senza le pesanti conseguenze a cui, invece, sono a oggi esposte".

 

Voucher, rieccoli!

Erano una forma di "schiavismo moderno", a giudizio di Di Maio. E invece, cacciati dalla porta, i voucher rientrano dalla finestra. Saranno utilizzabili, infatti, non solo nel settore agricolo, come più volte richiesto dal ministro Gian Marco Centinaio, ma anche in quello turistico e – dettaglio su cui c'è stato più di qualche frizione, all'interno della maggioranza gialloverde – anche negli enti locali. Funzioneranno, sostanzialmente, con le stesse regole che erano in vigore appena prima della loro soppressione, avvenuto nel 2017, su volere di Gentiloni, per aggirare il referendum della Cgil

 

Quota massima per i contratti di somministrazione: 20 per cento

Anche in questo caso, la correzione al testo originale introduce un ammorbidimento del decreto. Ogni azienda, infatti, potrà ora, stando a quanto si legge in un emendamento presentato dal M5s, avere nel proprio organico un numero di lavoratori con contratti di somministrazione e a tempo determinato fino a un massimo del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato: per ogni cinque dipendenti stabili, dunque, ce ne potrà essere uno precario. Un correzione che farà tirare un sospiro di sollievo anche alle grandi aziende.

   

Causali e agenzie per il lavoro

L'obbligo di indicare la causale imposto alle agenzie per il lavoro che intendevano assumere personale da dirottare sulle aziende in cerca di lavoratori aveva generato varie proteste. Anche dagli esponenti della Lega è stato fatto notare agli alleati grillini come "l'attuale formulazione delle 'causali' sia di impossibile applicazione per le Agenzie". E dunque si cambia: la causale per giustificare l'assunzione a termine dovrà essere fornita dall'azienda utilizzatrice. Insomma saranno le imprese e nn più le agenzie come previsto prima, a dover indicare il motivo della loro richiesta di dipendenti con contratti di somministrazione.

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