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Difendere i vaccini significa proteggere non solo i nostri figli ma anche la democrazia

Claudio Cerasa

Dal caso Grillo al caso Zaytsev. La retorica anti casta ha trasformato gli esperti in nemici del popolo. Storia di un paese impazzito che non riesce a vaccinarsi contro la politica dei creduloni e il governo degli incompetenti

Una coraggiosa senatrice del Movimento 5 stelle, Elena Fattori, venerdì mattina, come avrete letto, ha indirizzato una bellissima lettera al ministro della Sanità Giulia Grillo, che come sappiamo, dopo aver annunciato di essere pronta a considerare sufficiente l’autocertificazione delle vaccinazioni per mandare i propri figli a scuola, ha dichiarato che presto diventerà mamma. Elena Fattori ha fatto i suoi auguri alla ministra e poi le ha scritto una lettera appassionata. Vale la pena leggerla. “Le auguro di poter vaccinare suo figlio come ha dichiarato. Perché non sempre questa volontà si può adempiere. Mio figlio Nicolò appena nato è stato ricoverato in terapia intensiva e, insieme a tanti bimbi fragili, almeno quelli che ce l’hanno fatta, è sopravvissuto alla sua prima infanzia grazie al fatto che non ha contratto malattie difficili. Non è andato al nido, non si poteva vaccinare, non sono stata libera di scegliere perché giravano malattie che dovrebbero essere scomparse e lui non ce l’avrebbe fatta. Le auguro anche che tutti quelli che firmano l’autocertificazione dichiarino il vero così potrà portare il suo bimbo al nido senza patemi d’animo. Con la preghiera di ricordarsi, quando darà i suoi pareri sulla legge che verrà, di tutti i bimbi fragili e di tutte le mamme silenziose che li osservano senza fare clamore come foglie appese a un albero quando tira vento forte”. 

  

   

  

La lettera della senatrice del Movimento 5 stelle dovrebbe aiutarci a riflettere sulla grande e pericolosa presa in giro di cui questo governo è portavoce nel momento in cui annuncia che sarà sufficiente autocertificare la vaccinazione dei propri bambini per andare a scuola. Il ministro Grillo ha ragione quando dice che la scuola è un diritto che non può essere negato a nessun bambino, ma dovrebbe ricordarsi che giocare con i vaccini – pensiamo a cosa potrebbe succedere se a settembre un bambino prendesse una malattia dal figlio di chi ha autocertificato il falso – significa giocare sulla pelle di migliaia di bambini che non potendosi vaccinare, e volendo andare a scuola, per essere protetti, non solo dal morbillo, hanno bisogno di avere attorno a sé il più alto numero di bambini vaccinati. Le vaccinazioni in età pediatrica, ha certificato venerdì scorso l’Istat, che erano in calo dal 2013, hanno subito un incremento anche grazie al decreto che ha reso obbligatori i vaccini esavalenti ma come ha ricordato a fine settimana il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi, l’Italia, al contrario di quanto sostenuto dal ministro Grillo, sono ancora sotto la soglia del 96 per cento. La media nazionale di vaccinazione per l’esavalente è del 94 per cento, per il morbillo siamo a meno del 92 per cento, e la soglia di sicurezza per la copertura vaccinale, come sanno ormai anche le capre a Roma, è del 95 per cento. E con i numeri non si scherza.

  

Dall’inizio del 2017 l’Italia ha avuto 7 mila casi di morbillo e ci sono stati otto morti tra cui diversi bimbi. Più la copertura si abbassa e più i bambini più deboli colpiti da morbillo possono rimetterci le penne. Parlare di vaccini oggi è importante dal punto di vista sanitario. Ma lo è anche per un’altra ragione. Perché non è solo un pericolo per la nostra salute, e per quella dei nostri figli, ma è prima di tutto un problema per la nostra democrazia – e su questo punto forse vale la pena soffermarsi.

  

Spesso quando si parla del delirio sui vaccini si tende a utilizzare il formidabile metodo Roberto Burioni, dio lo benedica, che ci aiuta a dimostrare che i dati scientifici non sono opinioni ma sono dati, sono fatti, e che anche se tante persone oggi possono essere convinte che due più due faccia cinque non è importante il numero di persone che condivide un’idea: è importante se quell’idea sia vera oppure no. Una puttanata non diventa una verità alternativa solo perché in tanti la condividono sui social. Chiaro? Chiaro. Ma la ragione per cui il tema dei vaccini dovrebbe farci drizzare le antenne riguarda non solo le implicazioni mediche di cui abbiamo parlato ma anche un’altra implicazione: l’affermazione della società dell’incompetenza, che è discendente diretta della società anti sistema. Il ragionamento forse lo avrete già intuito ma può essere utile sintetizzarlo ancora. L’onda della cultura anti sistema ha fatto emergere un sentimento non solo politico che si porta con sé un problema di questo tipo. Essere anti sistema significa andare a qualsiasi costo contro il vecchio sistema. E andare a tutti i costi contro il vecchio sistema significa anche fare di tutto per abbattere tutti coloro che a vario titolo hanno rappresentato finora la casta degli esperti. In politica, essere anti sistema significa considerare tutto ciò che è stato fatto da chi ti ha preceduto come un qualcosa di sbagliato a prescindere dai suoi contenuti e in questo senso essere anti sistema significa essere tecnicamente degli sfascisti: nella tua narrazione, il futuro può avere un senso, e può essere veicolo di speranza, solo a condizione che venga sfasciato tutto quello che è stato fatto. La bellezza della politica è che in molti casi lo sfascismo può essere annunciato a parole e poi negato con i fatti – le sanzioni in Russia aborrite dal putiniano governo gialloverde sono state rinnovate con il consenso dell’Italia, l’accordo di libero scambio tra l’Europa e il Giappone aborrito dal protezionista governo gialloverde è stato rinnovato con il consenso dell’Italia, il rapporto tra deficit e pil non verrà messo sotto scacco dallo stesso governo gialloverde che aveva promesso ai suoi elettori che lo avrebbe messo sotto scacco, e così via. Ma in alcuni casi bastano alcune parole, e bastano alcune piccole decisioni, a mettere in pericolo un paese, e la storia dei vaccini ci dice che l’Italia è messa in pericolo non solo dal punto di vista sanitario ma anche dal punto di vista democratico per una ragione semplice: negare il principio che un paese che si allontana dall’immunità di gregge abbia il dovere di imporre l’obbligo su alcuni vaccini per proteggere i bambini che non si possono vaccinare significa accettare il fatto che chi governa sia interessato a considerare veicoli di verità non solo coloro che dicono che due più due faccia quattro ma anche coloro che dicono che due più due può fare anche cinque.

  

  

  

La decisione di colpire sotto banco l’obbligo di vaccinare i bambini è una decisione che avviene sulla base di un principio drammatico: in nome dell’uno vale uno, in nome della politica anti sistema, in nome della retorica anti casta, è arrivato il momento di dire basta alla casta degli esperti ed è arrivato il momento di dare una dignità alle verità alternative. Il parere di un blogger vale come quello di uno scienziato. Il parere di un medico radiato vale come quello di un medico non radiato. Il parere di un incompetente vale come quello di un competente. Si parla di vaccini ma naturalmente si parla di politica e in un certo senso sarà questa nei prossimi mesi la grande sfida che dovranno prendere di petto gli azionisti del governo gialloverde. Un governo anti sistema nato per distruggere un vecchio sistema è un governo che non può che considerare puro solo chi ha poche competenze, chi ha poche esperienze, chi non ha nulla da perdere. Per essere anti sistema, e rappresentare in modo genuino la tua discontinuità, devi avere queste caratteristiche. E se hai queste caratteristiche non puoi che solidarizzare con chiunque, a vario titolo, sia pronto ad attaccare, su ogni terreno, la casta della vecchia competenza. In politica, il risultato lo vediamo ogni giorno passeggiando a Roma, salendo su un autobus, avvicinandoci a un cassonetto dell’immondizia, andando con i nostri figli in un qualsiasi parco comunale, facendo lo slalom tra le erbacce, gli autobus che esplodono, la spazzatura spizzicata dai gabbiani, e presto lo vedremo anche in Italia, quando ci renderemo conto, per esempio, il dramma di avere come ministro del Lavoro e dello Sviluppo un politico che – oltre a combattere l’occupazione aggredendo la flessibilità – sogna di usare le risorse dello sviluppo per finanziare il non lavoro.

  

Nel campo scientifico, affidarsi alla superstizione, al sentito dire, all’ondata anti casta potrebbe avere conseguenze drammatiche. E “a questi somari patentati, che con la loro superstizione vogliono mettere in pericolo i loro figli, i nostri figli e tutti noi, affermando che bisogna garantirgli la libertà di scelta” si dovrebbe rispondere che “bisogna solo garantirgli la libertà di studiare o di tacere, e fare in modo che con la loro follia non facciano del male a tutti gli altri, prima di tutto ai loro figli”. Le frasi tra virgolette sono quelle usate da santo subito Burioni per difendere il campione di pallavolo Ivan Zaytsev, che dopo aver annunciato con un post su Facebook di aver fatto la profilassi della figlia Sienna è stato ricoperto da un’ondata di scie chimiche no vax. In un paese normale il popolo dovrebbe ringraziare di avere un’élite scientifica che ogni giorno si preoccupa di fare di tutto affinché le coperture vaccinali non diminuiscano e affinché non sia consentito sulla base di superstizioni di mettere in pericolo la nostra salute e quella dei bambini. In un paese normale sarebbe stato scontato avere un comunicato congiunto di tutto il governo a favore di un campione italiano che ha fatto il suo dovere di padre e di cittadino proteggendo non solo sua figlia ma anche i figli meno fortunati di altri genitori. L’Italia è invece oggi un paese dove il ministro della Salute, pur volendo vaccinare i propri figli, accetta che a scuola sia possibile mandare i figli solo con una vaccinazione autocertificata e in cui il governo fa sapere che per i bimbi immunodepressi, che non possono vaccinarsi, non esiste nessun problema, sarà disponibile una bella soluzione: la scuola in ospedale o parentale. La retorica anti casta ha trasformato gli esperti in nemici del popolo. Forse è arrivato il momento di ribellarsi davvero ai professionisti della ribellione. Perché quando si parla di vaccini non si parla solo di salute dei nostri figli. Si parla della salute della nostra democrazia. E della sua capacità di vaccinarsi contro il governo dei pericolosi incapaci.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.