Luigi Di Maio e Matteo Salvini (fotomontaggio Enrico Cicchetti)

La fuga dalla realtà ci sbancherà

Redazione

Ocse, Inps, Ania. Lavoro ma non solo. Avvertimenti a un governo sordo

“Il forte rialzo dello spread mette a rischio le polizze di 20 milioni di clienti, oltre ai conti delle compagnie che investono 300 miliardi in titoli di stato sostenendo il debito pubblico italiano”: l’allarme sul differenziale Btp-Bund, che fin da quando sono filtrate le bozze del contatto di governo gialloverde è in pratica raddoppiato, non viene stavolta dall’odiata Bruxelles ma da Maria Bianca Farina, presidente dell’Ania, l’associazione delle imprese assicuratrici. Un ambiente fuori dai giri della politica ma che rappresenta una realtà presente a tutte le famiglie italiane, oltre a big come Generali, Unipol, Poste. Contemporaneamente l’Ocse, l’organizzazione dei 35 paesi più industrializzati con base a Parigi, nell’annuale Employment Outlook, rileva come la situazione del mercato del lavoro in Italia stia migliorando sì, ma meno che altrove, e questo oltre che per la disoccupazione sopra la media per un tasso di occupazione e produttività che, pur essendo migliorato di due punti rispetto ai livelli precrisi, è inferiore ai paesi concorrenti. Il che fa sì che anche gli stipendi siano più bassi che altrove.

  

Nella stessa mattinata il presidente dell’Inps Tito Boeri – al quale Matteo Salvini ha già annunciato il licenziamento per avere detto che gli immigrati regolari quando lavorano sostengono con i contributi la previdenza italiana – leggendo il 17mo rapporto annuale dell’istituto, ha rafforzato il concetto rivolgendosi direttamente al capo della Lega e ministro dell’Interno e al suo partner ministro dello Sviluppo e del Welfare, Luigi Di Maio: “Si sottostima la quota di popolazione con più di 65 anni e si sovrastima quella di immigrati regolari e di persone sotto i 14 anni. E’ una vera disinformazione, ma la realtà delle cifre non può essere intimidita”. Boeri ha criticato anche le alternative governative alla legge Fornero (i meccanismi delle quote che incrociano età anagrafica e contributiva) che costerebbero dai 16 ai 20 miliardi in più l’anno; e ne ha avute anche per il reddito di cittadinanza caro ai grillini: “Molto meglio potenziare il reddito d’inclusione”, una misura del governo Gentiloni. Come rispondono i due vicepremier? Salvini intensificando gli attacchi a Boeri, nuovo bersaglio dopo che l’alleanza dei nazionalisti europei rischia di infrangersi al confine del Brennero: “Più migranti? Boeri vive su Marte”. Quanto a Di Maio, batte sul suo nuovo slogan recupera-consensi, le pensioni dorate. Spostandosi dall’assemblea dell’Ania a quella dell’Inps ha ripetuto lo stesso refrain: “Prenderemo soldi da lì e li daremo ai poveri”, “Boeri resterà per ora fino al 2019, poi dipenderà dalla collaborazione istituzionale su vitalizi e pensioni d’oro”.

  

Dai co-azionisti della maggioranza non una parola sul rischio-debito (e quindi spread, e quindi risparmio), né sui costi delle promesse che si affastellano anche a campagna elettorale finita, né per esempio sulle perplessità riguardo al cosiddetto decreto dignità espresse da Stefano Scarpetta, direttore per il Lavoro e Politiche sociali dell’Ocse: “L’Italia ha un problema di quantità e qualità del lavoro. Rivedere la normativa sui contratti a termine può essere giusto ma solo rafforzando il Jobs Act, cioè puntando su politiche attive del lavoro e non aumentando gli oneri a carico delle aziende, che altrimenti non assumeranno più”. Il Foglio ha sollecitato il mondo delle imprese a mobilitarsi contro il pauperismo di massa alla base della linea Di Maio, dai decreti che irrigidiscono il mercato del lavoro all’assistenzialismo del reddito di cittadinanza, alle crociate anti-nababbi, alla cultura del sospetto e della delazione. Insomma la criminalizzazione della produzione di ricchezza; mentre Salvini punta sul nazionalismo (e sulle nomine). Ma la coppia di governo non risponde al richiamo della realtà, neppure quando viene dal ministro dell’Economia Giovanni Tria. La fuga dalla realtà e il rifugio nella propaganda è comoda; la storia insegna però che ha sempre portato disastri.

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