La nave Diciotti della guardia costiera italiana al porto di Catania con 932 migranti (foto LaPresse)

Viva la minoranza intollerante

Giuliano Ferrara

Ora che mi dovrei riscaldare in una larga maggioranza antinegher, antirom, antivaccini, non c’è scelta

Le minoranze mi hanno sempre provocato insofferenza, esclusi i pannelliani e gli antiabortisti e il Foglio, tutta gente mai stata in maggioranza, che è già un bell’escludere. Ma le minoranze intransigenti, cariche di risentimento morale, mamma mia, quanto spesso mi sono sembrate campioni di ipocrisia, di intolleranza mascherata da diritto, di spirito forcaiolo e antinazionale, quella storia dell’Italia alle vongole, quelle intimazioni a leggere Kant alla sera, quando c’è già bell’e pronto Alexandre Dumas, e la pubblicità che interrompe le emozioni, e la decenza e il senso dello stato e il comune senso del pudore e l’Italia laica contro il compromesso storico tra democristiani e comunisti, e l’articolo 7 della Costituzione con il Concordato dentro. Ora che mi dovrei riscaldare in una larga maggioranza antinegher, antirom, antivaccini, anticulturale, ultranazionale, eccomi minoranza. Che disdetta, e che fatica quando leggo che gente da sempre in disaccordo con me ora è d’accordo, e se ne stupisce, se ne dispera persino, che lavoro bestiale esercitare l’ironia cinica in un contesto di bontà e di ottimismo  di maniera politicamente corretta. Non so se sopravviverò a questo ciclotimico alternarsi di depressione ed euforia da naufrago.

 

Ma non posso fare altrimenti, mi spiace. Ho sempre ammirato gli azionisti del rapido Partito d’azione, quelli che predicavano bene e razzolavano il nulla popolare come un blasone di nobiltà, ma sotto il fascismo e appena dopo, o quando l’anticomunismo riformista e liberale non andava di moda, non gli azionisti degli anni Settanta, quelli che fiancheggiavano il peggio dei comunisti, gli estremisti, i fighetta dell’accademia progressista, quelli che le davano ai fascisti stupidi ed eroici di allora, i missini, e simpatizzavano con qualche terrorista de temps en temps. Ma è acqua passata. Ora questo fatto di stare in minoranza e di pensare tutto il male possibile dei Salvini, dei Trump, degli Orbán, degli Strache, delle Le Pen, e di un corteggio grottesco di intellettuali di maggioranza sovranista, antimmigrati, populista, mamma e papà e cazzi vari riemersi dagli abissi del tradizionalismo da retrobottega, e un po’ nazifascista, ecco, questo fatto mi strugge ma lo sento come irrecusabile.

 

Sono contro il jihadismo e l’islamofilia da rive gauche, ma la balla del rimpiazzo etnico la raccontino altrove, io non bevo. Sono contro il capitalismo dei bassi salari e del supersfruttamento ineguale delle risorse finanziarie, ma senza le banche, senza i capitali, senza il lavoro mobile, la vita mobile, la movida tech e rock che era la grande promessa di questo secolo brevissimo, senza questo ci sono solo le oligarchie di stato, di partito, di tribù, di banda, e mi ci trovo peggio. Sono contro il sopracciò, ma chi non parla italiano se ne stia a casa, non si butti in politica, non si metta a fare del Parlamento un bivacco per i suoi congiuntivi strampalati. Sono contro la demonizzazione di Putin, amico di un mio amico carissimo, ma preferisco l’America scomparsa e l’Europa ricomparsa, compresa l’Inghilterra che si allontana, perché non scordo che i sovietici e i russi hanno distrutto l’Europa centrale, fatto dell’antisemitismo, imprigionato poeti e vagabondi, finché i Reagan e i Soros non hanno messo parole, armi e soldi per la riconquista. Sono contro le inutili complicazioni da caffè, ma detesto le semplificazioni da bettola. Sono contro quelli della fitness, favorevole ai grassi e agli zuccheri e al diesel tra le biciclette fastidiose, ma tra le gabbie dei bambini messicani e gli accordi di Parigi, io che amo la terra dominata e la natura sfruttata da uomini e donne, scelgo Parigi. Sono pro Israele ma a Tel Aviv, come a Berlino e a Parigi e a Londra, non c’è posto per il trumpismo impostore. Sono contro l’aborto, ma non come i pro lifers del viceTrump, semmai come Amartya Sen. Sono contro l’uso genetico dell’utero femminile in affitto, ma non me la prendo con il figlio di quel cazzaro di Vendola. Io sono io, come diceva il Belli, e voi nun sete un cazzo. Minoranza sì, ma intollerante, piuttosto che intransigente.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.