Riccardo Fraccaro, ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta (foto LaPresse)

Un'orgia referendaria e l'uscita dall'euro. È questa la democrazia diretta di Fraccaro?

Stefano Ceccanti

La speranza è che i contenuti che il ministro proporrà nei prossimi mesi siano diversi dalla proposta di legge che lo ha visto primo firmatario nella scorsa legislatura

C’è da sperare che i contenuti di “democrazia diretta” che il ministro Fraccaro proporrà nei prossimi mesi siano diversi dalla proposta di legge che lo ha visto primo firmatario nella scorsa legislatura (n. 3124 del 19 maggio 2015), sottoscritta da tutto il gruppo M5S.

La cosa migliore quando si esamina un progetto è lasciar perdere le motivazioni e andare direttamente al testo.

 

Il primo articolo, in sostanza, rende subito referendabili senza quorum e senza limiti di materia tutte le leggi approvate dal Parlamento. Il corpo elettorale potrebbe funzionare praticamente sempre come una terza Camera.

 

Il secondo articolo è quello con cui viene riscritto l’attuale 75 prevedendo il referendum propositivo, anche in materia costituzionale e senza limiti per le materie ordinarie. Basta raccogliere le firme e il referendum si fa, travolgendo anche l’intera Costituzione. Il Parlamento può solo inserire un suo controprogetto da sottoporre al voto. Quindi gli elettori potrebbero scegliere in alternativa allo status quo o il testo dei promotori o quello del Parlamento. In teoria ci sarebbe un controllo della Corte sulla “conformità costituzionale”, ma conformità a che cosa visto che sono spariti i limiti di materia? Il modello è pressoché esattamente quello svizzero: a parte che non siamo la Svizzera, e si sa, esso ha creato non pochi problemi anche nella vicina Confederazione dove sulla democrazia diretta in epoca di marketing politico virale ci sono seri ripensamenti.

 

Fin qui non sappiamo ogni anno su quanti referendum potremmo votare, ma il bello viene dopo.

A completamento del sistema, infatti, l’articolo 3, che interviene sull’attuale 80, inserisce un obbligo di referendum automatico sulle tutte le leggi che nella legislatura sono relative ai trattati internazionali. Una vera orgia referendaria: si tratterebbe solo con questo articolo di una media di circa trenta referendum ogni anno, ma per di più c’è un ovvio aspetto qualitativo: avrà qualcosa a che fare questo articolo con l'uscita dalla Ue e dall'Euro? Qui si passa infatti da un estremo all’altro, da un divieto di referendum sulle leggi relative ai trattati addirittura a un obbligo. Difficile non vedere l’ovvio obiettivo polemico, la cattiva Europa, capro espiatorio di tutti i nostri problemi.

 

Infine l’articolo 4 pretenderebbe di irrigidire la revisione costituzionale attuale, che parte da Parlamento, mettendo sempre il limite dei due terzi e il referendum obbligatorio. Ma a che pro chiudere la finestra se la rigidità costituzionale è ormai scappata dalla porta di un referendum propositivo costituzionale senza limiti?

Il futuro della nostra democrazia sarebbe un'orgia di decisioni finto popolari decise - magari - in sede Casaleggio Associati e influenzate dai Cambridge Analytica di tutto il mondo interessati a creare il caos in un grande paese europeo. Democrazia diretta perché qualcuno la dirige senza la benché minima trasparenza.

Se questa è la democrazia diretta si può solo dire “se la conosci la eviti”.