Un gazebo del M5s (foto LaPresse)

Le prossime amministrative certificano il flop del M5s alla prova di governo

Luciano Capone

Il modello leghista, forte radicamento territoriale e lunga tradizione di buona amministrazione, doveva essere anche quello del movimento. Ma quei princìpi sono completamente smarriti. Le elezioni del 10 giugno saranno un test importante

Roma. Lega e Movimento 5 stelle, le forze politiche che daranno vita al prossimo governo, sono due partiti legati al territorio e nati con le elezioni nei consigli comunali. Della Lega (nord) tutti riconoscono il forte radicamento territoriale e una lunga tradizione di buona amministrazione, e anche questo doveva essere il modello del movimento: “La democrazia può partire solo dal basso. Il nuovo Rinascimento avrà origine nei Comuni. Le liste civiche devono organizzarsi per le elezioni amministrative del 13 aprile 2008”, scriveva Beppe Grillo sul suo blog il 10 febbraio 2008 nel “Comunicato politico numero uno”, l’atto che segna l’inizio dell’avventura politica di quello che diventerà il Movimento 5 stelle. In quel comunicato erano delineati due princìpi fondamentali del grillismo: democrazia dal basso e legame col territorio. A dieci anni di distanza e a un mese dalle elezioni amministrative, si può dire che quei princìpi sono completamente smarriti, sia perché il partito ha subìto una progressiva centralizzazione sia perché le decisioni vengono calate dall’alto in maniera poco partecipata.

    

Le elezioni del 10 giugno saranno un test importante, che coinvolge oltre 7 milioni di cittadini. Ma già prima delle elezioni è possibile trarre qualche indicazione sull’andamento alle elezioni locali e sulle esperienze amministrative del M5s. Tra i quasi 800 comuni chiamati al voto ci sono solo quattro cittadine amministrate dal M5s: tre vinte nelle elezioni del 2013 (Ragusa in Sicilia, Pomezia nel Lazio e Assemini in Sardegna) e una (Quarto in Campania) conquistata nel 2015 dove si vota anticipatamente. E in nessuno di questi comuni il M5s candiderà il suo sindaco uscente, in alcune probabilmente neppure presenterà una lista.

   

A Ragusa, l’unico capoluogo di provincia grillino su 21 chiamati al voto, il sindaco uscente Federico Piccitto non si candida. E’ stato costretto a non ripresentarsi in seguito a una scontro con Stefania Campo, sua ex assessore costretta alle dimissioni ma ora deputata regionale e plenipotenziario di Giancarlo Cancelleri. Con una specie di “congiura”, attraverso la creazione di meetup paralleli e incontri segreti di cui poi sono stati diffuse le registrazioni audio, la Campo voleva imporre un suo candidato al posto di Picciotto. Alla fine la Campo non è riuscita a imporre il suo uomo, ma ha comunque costretto Picciotto al ritiro e la scelta è caduta su un terzo uomo, un consigliere uscente.

  

A Pomezia, il sindaco grillino Fabio Fucci si ripresenterà, ma è stato espulso dal Movimento 5 stelle per via della regola dei due mandati. In realtà Fucci ha fatto un mandato e mezzo, il primo durato solo due anni da consigliere di opposizione e il secondo completo da sindaco. Ma quando ha deciso di candidarsi per la terza volta, Luigi Di Maio è stato inflessibile: tutti i consiglieri di maggioranza si sono dimessi causando la cadura dell’amministrazione e Fucci è stato cacciato. (Ora con lo stallo nazionale si è visto che anche la regola dei due mandati, se avesse colpito i vertici del M5s, sarebbe stata aggirata). Anche ad Assemini il sindaco Mario Puddu non si ripresenterà, sempre per via del limite ai due mandati, ma stavolta in accordo con il vertice. Puddu salta un giro perché sarà il candidato presidente del M5s alle prossime regionali.

  

Quarto è invece il comune di Rosa Capuozzo, uno dei primi casi di pessima gestione del M5s. L’amministrazione fu coinvolta da un’inchiesta per infiltrazione camorristica e al sindaco Capuozzo, parte lesa nella vicenda, i vertici prima inviarono una richiesta di dimissioni (per non aver denunciato presunte minacce) e poi l’espulsione (per le mancate dimissioni). Rosa Capuozzo si ricandida, ma non sotto il simbolo del M5s, che non si sa neppure se riuscirà a presentare una lista.

  

La pessima prova di governo del M5s nei comuni – lì dove la Lega forma la classe dirigente – non è un caso di questa tornata elettorale, ma è una costante anche delle precedenti elezioni amministrative. Questa è la seconda volta che comuni a cinque stelle tornano al voto, con sindaci che non si ricandidano e poche speranza di riconferma. Alle amministrative dell’anno scorso si è votato in tre città in cui il M5s aveva trionfato cinque anni prima (Parma, Comacchio e Mira) e in tutte e tre il M5s è stato bocciato. A Parma e Comacchio i sindaci Pizzarotti e Fabbri sono stati confermati ma erano stati espulsi dal partito, mentre a Mira l’amministrazione grillina non è arrivata neppure al ballottaggio con il sindaco uscente Maniero che non si è ricandidato per farsi il secondo mandato in Parlamento (dove è stato poi eletto). Nei comuni, dopo la prova di governo, pare confermata la regola “se li conosci li eviti”.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali