Giovanni Donzelli con Giorgia Meloni (foto via Facebook, Pagina Giovanni Donzelli)

Donzelli (FdI) ci spiega perché il governo non si fa a tutti i costi

David Allegranti

“Cambiamo subito legge elettorale”. “Fico sull’autobus? Meloni rinunciò all’auto blu senza mai farne un punto del programma”

Roma. Dice Giovanni Donzelli, classe 1975, neodeputato di Fratelli d’Italia, molto vicino a Giorgia Meloni, che non serve un “governicchio purchessia” e che FdI non ha paura di tornare al voto, anzi. “Siamo in questa condizione perché non ci hanno voluto dare ascolto. Avevamo proposto alcune modifiche per introdurre le preferenze e, da ultimo, anche un premio di governabilità del 37 o 40 per cento a seconda del risultato. Se ci avessero ascoltato, oggi avremmo un governo insediato e pienamente in funzione. Invece siamo in questa situazione, figlia di una legge elettorale sbagliata. Il Pd aveva interesse a inquinare i pozzi, sapendo che non avrebbe più vinto. Ma se anche gli alleati ci avessero ascoltato, oggi saremmo al governo, felici e contenti, per tagliare le tasse, ridurre l’immigrazione, rivedere la sanità, parlare di soluzioni e non di poltrone. Gli italiani invece stanno assistendo a una partita di poker che è lontana dai loro interessi”. C’è chi oggi avrebbe la tentazione di fare un governo qualunque ma, avverte Donzelli, “il governo purchessia non ci convince. Infatti Giorgia Meloni ha già depositato nella Commissione speciale una proposta per cambiare la legge elettorale”.

 

Insomma, “un governicchio non serve a nessuno; non serve alla stabilità, non serve a ridare fiducia alla politica. Per noi la questione è molto semplice e ci sono due punti sui quali non possiamo arretrare: l’unità del centrodestra e il rispetto del programma. Un governo in cui non c’è il primo arrivato tutto unito, cioè la coalizione di centrodestra, ma ci sono il secondo e il terzo arrivato, non avrebbe senso. Da qui non ci si muove, non c’è discussione. Se è possibile, cerchiamo di non ripassare dalle urne. Però, proprio per non trovarci nella stessa situazione di oggi, intanto modifichiamo la legge elettorale”. La proposta depositata da Meloni prevede la doppia soglia: chi prende il 37 per cento ottiene il 51 per cento dei seggi; chi prende il 40 per cento ottiene il 55 per cento dei seggi. “Così, se torniamo a votare, dal giorno dopo le elezioni possiamo avere un governo”.

 

Ma Fratelli d’Italia potrebbe davvero partecipare a un esecutivo con il M5s? “Le cose importanti sono due: la coalizione e il programma. Se qualcuno vuole aggiungersi non mi scandalizzo. Ma la coalizione deve essere unita e il presidente del consiglio deve essere espressione del centrodestra. Non siamo disponibili a cambiare il programma votato dagli elettori e a modificare la coalizione. Non permetteremo a Di Maio di dividere il centrodestra”. E il reddito di cittadinanza la convince? “Così com’è mi convince molto poco. Però niente vieta – se troviamo i fondi – di adottare un sistema che premi il merito e non chi sta a casa senza fare nulla”. Prima però ci sono altre cose da fare, specifica Donzelli: “Fare il piano per le famiglie, diminuire le tasse e fermare l’immigrazione clandestina”. E del pauperismo a Cinque stelle che ne pensa? “Servono persone preparate in politica, per questo dobbiamo cercare il meglio che ha da offrire la società. La soluzione non è sostituire persone capaci che sprecano con incapaci che costano meno, perché il costo dell’incapacità è superiore a quello dell’indennità. La democrazia ha un costo, il che non significa buttare via il denaro. Noi comunque siamo stati i primi a voler abolire vitalizi e pensioni d’oro, quindi non ci scandalizziamo”. Donzelli spiega perà che ci sono anche altri costi, “come quelli dei burocrati. Quanto alla sobrietà di Roberto Fico sull’autobus, ricordo che Giorgia Meloni quando era vicepresidente della Camera fu la prima a rinunciare all’auto blu per iniziative non istituzionali. Girava con la sua Mini. La differenza è che non ne ha mai fatto un punto del programma elettorale. Anche in questo caso c’è una nostra proposta: adeguare l’indennità del parlamentare alla tendenza economica dell’Italia, a seconda dell’andamento degli indici economici”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.