La Camera dei deputati durante l'elezione dei presidente di Camera e Senato (foto LaPresse)

Agenda per i vincitori e guardaroba per il Pd

Giuliano Ferrara

Il duopolio ha la sua gatta da pelare: a Palazzo Chigi servirà una personalità terza. Berlusconi partner moderato. Opposizione cazzuta, con un capo e delle idee

Tutto come volevasi dimostrare. Napolitano nel 2013 disse a Bersani: niente governo di minoranza con i grillozzi, bisogna coalizzarsi con Berlusconi, this is politics, stupid! Stavolta, 2018, ha detto a tutto il Senato, e all’opinione confusa dei commentatori preoccupati che sia nata una legislatura senza maggioranza (si è visto alla Camera, quasi cinquecento deputati, e se è per questo anche al Senato): hanno vinto quei due, c’è poco da fare. Se Berlusconi fosse stato al 18 per cento e Salvini al tredici, e se il Pd avesse rimediato almeno il suo vecchio 25 per cento, con i grillini giù di lì, allora era un altro discorso, forse. Ma sapete come è andata. La stentata convergenza ipotetica Berlusconi-Gentiloni-Renzi le ha prese dure, la coppia del bacio, Salvini-Di Maio, ha travolto tutto. E’ una notizia già vecchia, è del 4 marzo scorso, e invece tutti a perdere tempo con le sciocchezze, i capricci, gli orgogli, i caratteri piccoli piccoli. Noi, qui, abbiamo cercato di portarci avanti col lavoro, il che sarebbe parte del mestiere. Detestiamo le perdite di tempo.

 

Da settimane il problema politico italiano è duplice: chi guiderà il governo dei vincitori, quali saranno il suo equilibrio e il suo programma, fino a che punto compatibili con la terza economia europea e con seri problemi di politica economica ed estera; e, secondo aspetto altrettanto rilevante, chi e in nome di che cosa farà opposizione per un’alternativa di governo.

 

Guida del governo. Salvini rappresenta la coalizione arrivata prima e un partito al 18 o giù di lì. Berlusconi non molla la coalizione nemmeno con le cannonate per evidenti motivi, cercherà di essere un osso duro ai negoziati, ma non avrà nemmeno lui vita facile, con tutti quei dementi già da tempo salviniani che si è portato appresso. Come capo della coalizione, che però non ha la maggioranza da sola e deve governare tassativamente con i grillini, può chiedere un incarico. Ma per farne che? E’ ovvio che Di Maio, che come partito o movimento è arrivato primo, straprimo, non dovrebbe cedere sul punto della guida del governo: scherziamo? Ma è contronatura, come dovrebbe essere chiaro anche ai cazzoni che hanno soffiato da sinistra (si fa per dire) sul fuoco sacro del grillismo, un governo grillini-pd. Tutti possono fare giochi e giochini, soprattutto finché il Pd resta nello stato mediocre in cui l’ha messo la sconfitta, ma poi bisogna fare sul serio, e si torna al duopolio sul potere dei vincitori, i ragazzotti che ora vanno per la maggiore. Una staffetta? Bè, c’è il precedente Craxi-De Mita che depone a sfavore. I più giovani non se lo ricordano, ma tutti erano convinti che a metà legislatura, negli anni Ottanta, il cinghialone avrebbe dovuto cedere il posto al democristiano ragionatore di Nusco, invece ne nacque una rissa mortale, con elezioni anticipate e accuse di inaffidabilità da codice barbaricino. Accanto alla tragedia Moro, fu quello il passaggio decisivo alla crisi dei vecchi partiti e alla fine della Repubblica nata con la Costituzione del ’48. Toccarsi. Mattarella auspice, i due devono trovare un compromesso e scegliere una personalità terza, uno per fare un esempio come Giovanni Maria Flick: età, esperienza, equivicinanza ai vincitori, uomo di diritto, in riserva della Repubblica, profilo di garante verso le istituzioni e l’Europa. Oppure un altro. Ma comunque un terzo.

 

Governo. Qui i punti caldi si chiamano Putin, Trump, immigrazione, sicurezza, Europa, repulisti moralizzante, conti dello stato e assistenzialismo generalizzato, promesse fiscali. Per non parlare della competenza nella gestione, un incubo se si pensi alla giunta Raggi. Il duopolio, che anche con una personalità terza a Palazzo Chigi resterebbe padrone del governo, ha la sua gatta da pelare. Bisognerà che facciano quanto è in loro potere per corrispondere ad attese spasmodiche, immoderate e demagogiche da loro stessi sollevate, a volte in controtendenza gli uni con gli altri, e in nome delle quali hanno vinto costruendo due popoli di italiani sberleffanti e incoscienti, maggioritari. Ma dovranno anche cedere a Berlusconi, sempre che lo voglia e sappia occupare, il ruolo di partner moderato e responsabile, parte del Partito popolare europeo, non così in forma, e dovranno rassicurare mercati ed establishment per non mandare a fondo la barca in pochi mesi. E in linea di massima dovrebbero fare i conti con un’opposizione di governo seria e cazzuta, mentre ovviamente si fanno concorrenza tra di loro. Non facile. Ma alla fine o si trova questo equilibrio o si rivota.

 

Opposizione. Basta con il tennis, con la chiacchiera, con personalismi e correntismi, a fare così si fa la fine di Grasso, Boldrini, D’Alema, Bersani e compagnia, si va nella minoranza della minoranza della minoranza, si perdono credibilità e contatto con il paese, che non vuole gente che si piange addosso tutto il giorno, vuole un capo e delle idee per far funzionare il sistema politico e migliorare la condizione dell’economia e la decenza del paese. Il Pd non ha ancora cominciato a cercare né il capo né le idee. Si sbrighi.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.