Giovanni Maria Flick (foto LaPresse)

Tutti i nomi del governo Flick

Luciano Capone

“E’ una fiction!”, dice l’ex giudice della Consulta sul patto centrodestra-M5s. Ma può diventare realtà

Roma. “Ferrara dice con molta chiarezza che si tratta di una fiction!”, ha risposto Giovanni Maria Flick a Oscar Giannino e Luca Telese che su Radio 24 gli chiedevano di commentare il fondo di ieri del Foglio con cui Giuliano Ferrara ha indicato il suo profilo come uno dei più adatti per fare il presidente del Consiglio di un “governo dei vincitori”, ovvero appoggiato da centrodestra e 5 stelle. “Il patto tra i vincitori sulla guida del governo – scrive Ferrara – non può che vertere su una personalità terza e rassicurante per la sua immagine, ma priva di potere reale, e su elementi di programma certo non così difficili da concordare. Insisto: chi meglio di Giovanni Maria Flick, ex ministro della Giustizia ‘tecnico’ di Prodi, ex presidente della Corte costituzionale, giurista e personalità spontaneamente concordataria, e già in parola con la giunta Raggi per una consulenza?”.

   

  

Siamo ancora nella fiction, ma negli ultimi tempi abbiamo avuto ampia dimostrazione che la realtà sa essere sorprendente. Nessuno ipotizzava accordi tra il centrodestraForza Italia inclusa – e il M5s, eppure è un’ipotesi che va concretizzandosi a partire dalla scelta della presidenza di Camera e Senato. D’altronde il germe di questa strana “grande coalizione” nasce dal brodo di coltura della cosiddetta “accozzaglia”, l’aggregazione eterogenea di forze politiche che ha vinto il referendum del 4 dicembre. E siccome i riti e i tempi lenti della politica lasciano decantare molti degli strascichi della campagna elettorale, in tanti iniziano a chiedersi quali possano essere le “riserve della Repubblica”, apprezzate dal presidente Mattarella, in grado di garantire centrodestra e M5s.

       

Quali possono essere gli altri esponenti di un governo Flick? Negli ultimi decenni, per individuare personalità ritenute competenti, imparziali e credibili in tempi difficili, la politica si è rivolta spesso alla Banca d’Italia: Carlo Azeglio Ciampi, Lamberto Dini, Fabrizio Saccomanni, Tommaso Padoa-Schioppa… Ma questa volta è diverso. Negli ultimi anni la Banca d’Italia è stata una delle istituzioni più attaccate – e delegittimate – dai partiti che hanno vinto le elezioni: il Movimento 5 stelle ha più volte proposto di “nazionalizzarla” (nonostante sia già un ente di diritto pubblico), la Lega ha manifestato l’intenzione di riportarla “sotto il controllo pubblico” attaccando il “sacro” principio dell’indipendenza della Banca centrale, entrambi hanno attaccato Palazzo Koch per la gestione delle crisi bancarie.

     

Esclusa la Banca d’Italia, inavvicinabile per non dare l’impressione di un “governo dei banchieri”, il bacino inevitabile da cui pescare è la Corte costituzionale. Da un lato perché la maggioranza del 4 marzo nasce dalla vittoria del referendum costituzionale del 4 dicembre e dall’altro perché nella Consulta ci sono stati giudici di tutti gli orientamenti politici. Potrebbero entrare in squadra con Flick ex giudici costituzionali come Giuseppe Tesauro, ritenuto vicino al consigliere di Di Maio Vincenzo Spadafora; Gustavo Zagrebelsky, capofila della battaglia contro la riforma Renzi-Boschi; Paolo Maddalena, che oltre ad aver combattuto la riforma è uno dei più strenui avversari della legge Lorenzin sui vaccini ed era nella rosa grillina per il Quirinale (è il candidato perfetto per il M5s); Annibale Marini, che in occasione del referendum ha presieduto il “Comitato per il no” di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia; Franco Gallo, che ha già avuto un’esperienza di governo come ministro delle Finanze nel governo Ciampi. Un possibile nome per gli Esteri è quello dell’ambasciatore Stefano Sannino, sostituito nel 2014 da Renzi come rappresentante permanente a Bruxelles con un non diplomatico come Carlo Calenda, una decisione che provocò non pochi malumori nei corridoi della Farnesina.

    

Le altre caselle, soprattutto quelle economiche, verrebbero riempite da esponenti di partito o da “tecnici” di area, magari da esponenti di Confindustria che non si è dimostrata affatto ostile ai vincitori. Il governo Flick è solo fiction. Per adesso.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali