La Renzi's Angels Biagiotti attacca Matteo: “Ci ha abbandonati"

David Allegranti

L'ex sindaco di Sesto Fiorentino nel 2012 era sul camper dell'ex segretario del Pd. Oggi dice: “Un partito non abbandona le persone leali né può offrire incarichi liquidatori”

Roma. Sara Biagiotti, ex sindaco di Sesto Fiorentino, nel 2012 era sul camper di Matteo Renzi insieme a Maria Elena Boschi e Simona Bonafè. Era una delle tre “Renzi’s Angels”, una delle renziane della prima ora. Adesso però le cose sono molto cambiate, a leggere il suo intervento alla Direzione regionale toscana del Pd. “Quando siamo partiti col camper nel 2012 la rottamazione era un approccio più trasparente alla cosa pubblica, un efficientamento delle Istituzioni, significava più equità, più giustizia, più trasparenza, più merito, non era sostituire un gruppo di potere, ma un’idea moderna di Stato vicino ai cittadini. Significava rendere l'Italia più Europea. Il Paese aveva colto la portata della rivoluzione prima di tutto culturale e la sentiva come propria. Nel mio primo intervento alla Leopolda del 2012 ho parlato della cattiva gestione delle banche, dello scandalo MPS Santander e della Banca 121. Poi, destino della sorte, abbiamo perso il 3% dei voti in 2 mesi proprio su questo tema. Io ho creduto davvero nel nuovo corso della rottamazione e l'ho messa in pratica in ogni mia azione. Nel mio agire politico ho sempre seguito la linea del mio partito e condiviso ogni azione”.

 

 

 

Nel 2015 Biagiotti fu sfiduciata e fu costretta a lasciare il posto di sindaco. Le elezioni successive furono poi vinte dalla sinistra e adesso a Sesto governa Lorenzo Falchi di Sinistra Italiana. “Vi assicuro che, mentre ho sentito la vicinanza dei sindaci tutti presenti al mio fianco quel 21 luglio 2015, poi in questi anni ho vissuto un calvario umano, oltre che politico, in assoluta solitudine”, dice Biagiotti. “E non sono stata la sola, tanti che credevano nel nuovo corso sono stati abbandonati. Un Partito non può permetterselo. Mi duole molto dirlo. Io il segretario del mio partito l’ho incontrato solo dopo sette mesi dalla sfiducia. Un partito non abbandona le persone leali né può offrire incarichi liquidatori. Le persone hanno una dignità che va rispettata. Oggi da semplice iscritta senza nessun ruolo vi dico il mio pensiero sofferto e con il dolore nel cuore. Mi sento in dovere di farlo perché penso che la speranza di un futuro per il Pd passi anche attraverso la chiarezza. Per chi come molti di noi ha una lunga passione per la politica questo è uno dei momenti più bui. I dati sono chiari, abbiamo perso una valanga di voti anche in Toscana”. 

 

Duecentomila negli ultimi cinque anni a essere precisi, solo in Toscana. “Non è stata una semplice sconfitta ma una disfatta”. E “perdere cinque/sei milioni di voti significa che le ragioni sono profonde, di sensibilità, di fiducia, di perdita di empatia con il popolo. Empatia nel senso di condividere con la gente i problemi, la loro quotidianità. Il grande afflato, la grande speranza, che ha avuto il culmine massimo nel 2014, è scomparsa. Penso che sia necessario riflette approfonditamente, due aspetti mi preme sottolineare: uno interno al PD inteso come metodo di gestione del Partito e di relazioni umane, l’altro di rapporto con la gente. Un partito non può essere un luogo dove conta spesso sola la fedeltà. Si è parlato tanto di merito ma nella sostanza le scelte spesso sono state fatte anche su altri parametri. Un partito non può vivere in guerre continue per fazioni persino interne alle cosiddette ‘correnti’.  La competizione va bene ma non può essere una guerra continua senza limiti. Denigrazione sistematica, cinismo non possono essere tollerati all'interno di una comunità. E invece talvolta sono stati avallati. Così si va soltanto verso l’implosione. E' del tutto scomparsa la capacità di relazioni umane sincere e propositive. Gli iscritti e i militanti si sono sentiti soli e abbandonati. Gli atteggiamenti arroganti e talvolta prepotenti di tutti hanno deteriorato i rapporti umani e creato disorientamento. Abbiamo perso totalmente il contatto umano. Questo clima che ha incrinato la nostra comunità politica è stato percepito nel Paese.  Come si può fidarsi e affidarsi a un partito che si autodistrugge politicamente e umanamente? Abbiamo perso credibilità. Mi duole dirlo ma la gente ci odia. La gente non ha votato per qualcosa ma contro di noi. E di questo passo perderemo tutti i ballottaggi, anche in Regione, oltre che nei comuni. In Toscana negli ultimi anni abbiamo perso undici comuni medio/grandi. C’è bisogno di ricostruire dalle macerie. Bisogna stare tra la gente normale quella che vive la banalità del quotidiano. Non ci vuole un partito solido e grigio. Di questo abbiamo discusso anni fa.  Ma il partito leggero non può apparire il partito degli aperitivi. Il mondo reale non è lì. Bisogna stare vicino alle persone non lasciarle sole!”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.