Luigi Di Maio, Davide Casaleggio e Beppe Grillo nascosto dal simbolo del M5s (foto LaPresse)

L'incubo della società civile in versione Casaleggio e cabaret

Giuliano Ferrara

Ha fatto progressi, spalleggiata dai soliti manettari e da una borghesia poco schifiltosa. Il problema di un paese serio non sono i paraventi civili della politica, ma una classe dirigente. Che c'è o non c'è

Questa storia di sbrindellati, incappucciati, truffatori eccetera diffusi a piene mani nelle liste dei grillozzi va presa per una volta sul serio. Ma non con toni moralistico-giustizialisti. In fondo chissenefrega di un Caiazza presunto riciclatore, di quattro massoni in croce, e di raggiri dell’onestà-tà-tà. Ne avranno parlato Di Maiuzzo e il segretario generale del Quirinale nell’incontro paramussoliniano precedente la marcia su Roma che non ci sarà, nemmeno in vagone letto. Se la sbrigheranno loro.

 

A me interessano Paolo Flores, Paul Ginsborg, gli epigoni ciarlieri dell’ormai taciturno intelligente Nanni Moretti e perfino quello studioso di Bernini che spara fesserie da mane a sera sulle scene della cultura e della politica. E che c’entra, direte. C’entra, c’entra. La società civile è la protagonista dei nostri sogni, ed è un incubo, in realtà, che ce ne accorgiamo oppure no, fa lo stesso. La società civile però non è solo il mito, il richiamo all’azione, coltivato da intellettuali e cineasti (che bel dispregiativo soave, “cineasti”). La società civile, opposta per principio ai partiti o ai movimenti politici strutturati, quella delle professioni, delle posizioni sociali di grido e di candidatura, quella che affascina, si dice, l’elettorato stanco di mestieranti, è il fulcro dell’esperimento ambizioso e farlocco della Casaleggio & Associati. Una società privata che è giunta fino al punto di pretendere il controllo, nelle forme più chiaramente estranee alla Costituzione, su coloro ai quali assicura un mandato attraverso la formazione delle liste elettorali, con un clic.

 

Ecco, la maschera è caduta definitivamente. Finché si trattava di assemblee da Palatrussardi, con tante belle faccine di ideologi a cantarle chiare e forti all’idea che si erano fatte di Berlusconi o di Renzi, fa lo stesso, eravamo in un ambito di società civile soi disant colta e, appunto, civile. A parte quel tredicenne che tenne un comizio intriso di moralismo incivile contro l’osceno Cav. da un palco tutelato da Umberto Eco. Con i Casaleggio e il cabaret la società civile, spalleggiata dai manettari soliti e da una borghesia poco schifiltosa, disposta a digerire anche i sassi e la merda, ha fatto progressi, è diventata progetto pieno e millennial, è entrata nella democrazia della com., comunicazione social. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, e una tale valanga di detriti mostra con evidenza che il problema di un paese serio non sono i paraventi civili della politica, ma una classe dirigente. C’è o non c’è, riesce o non riesce a costruire consenso su di sé, e sulla sua visione di società.

 

Di più. Dovremmo finalmente avere capito chi siamo, intesi come società da esposizione e da battaglia simbolica. Stavolta c’è tutto un apparato semisegreto di elezione, una rete che affetta trasparenza, un centro di comando ridicolo ma insidioso che mette in parure la società civile, che la propone come nucleo duro di un’idea violenta e demagogica della politica a venire. Il virtuale con le sue logiche espone la verità che gli intellettuali dell’Ottocento, con le loro battaglie risonanti ma vuote, avevano potuto nascondere in un’apparenza di realtà sociale: con i Flores eravamo in un ambito di peggio, ma non fino al presidente del Potenza Calcio. Nella realtà siamo così così, ovvio, come tutte le populace del mondo, e non abbiamo bisogno di giustificare i nostri peccatucci e le nostre insufficienze, sono cose di cui sono fatte le democrazie liberali. Ma una volta nella vetrina della società civile come partito di nuovo conio o come soggetto politico istantaneo, ecco che siamo e ci facciamo riconoscere agevolmente un po’ luridi, mentitori, persone brutali che vengono denunciate dalle mogli, e con ritrattazione per di più, gente da scontrini bucati (l’anello di congiunzione, cioè il primo grillino inconsapevole, ricordiamolo sempre, è stato il predecessore della signora Raggi). Siamo quelli del congiuntivo che se ne va, quelli delle cifre a scazzo buttate lì, siamo quelli dei vaccini, i combattenti della monnezza. Questa è incontrovertibilmente la salsa della società civile, quando deve condire un disegno politico, e magari portarlo al Quirinale nei giorni radiosi della vigilia. Pensateci, e votate contro i cassonetti rigurgitanti di bellurie, ideati nel nome del popolo e della società esclusivamente per coglionarvi. 

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.