Distrazioni a La7
Due esempi che dimostrano come il giornalismo tv dovrebbe essere più rigoroso parlando di politica
Al direttore - I mezzi di comunicazione sono giustamente considerati il quarto potere della democrazia. Sono il cane da guardia degli altri poteri. Proprio per questo motivo meritano il massimo rispetto dalla politica. Ma è altrettanto lecito pretendere rigore e serietà da parte loro. Spiace dirlo ma, nelle ultime settimane, in diverse situazioni quest’obbligo non sembra essere stato adeguatamente ottemperato.
Il primo esempio: la puntata di “Var Condicio” di martedì 6 Febbraio su La7 metteva a confronto la promessa di Berlusconi di creare un milione di posti di lavoro, con le affermazioni di Renzi, secondo cui negli ultimi quattro anni si sono effettivamente creati un milione di posti di lavoro. La conclusione, apparentemente convalidata da autorevoli esperti e da rigorose analisi, era: Berlusconi ha mantenuto la promessa. Il milione di Renzi c’è ma conta poco, perché il numero delle ore di lavoro “si è ridotto”, sottintendendo quindi che i lavori creati siano “di poche ore alla settimana”. Meglio di niente ma non un granché. E’ davvero cosi?
Durante il governo Berlusconi del 2001-2006 si sono creati circa un milione di posti di lavoro, ma nel suo successivo governo tra il 2008 e il 2011 se ne sono persi circa 600 mila. Peggio ancora, misurando la vera consistenza del lavoro in termini di “unità di lavoro equivalenti”, che tengono conto delle effettive ore lavorate, si sono persi più di 1,1 milione di posti di lavoro. Quindi, in quasi nove anni di governo Berlusconi ha complessivamente distrutto lavoro. Non sarebbe stato opportuno ricordare questo fatto? E’ irrilevante?
E’ vero che il numero delle ore di lavoro è diminuito negli ultimi quattro anni? Totalmente falso. Il numero delle ore lavorate tra il primo trimestre del 2014 e il terzo del 2017 è cresciuto su base annua di oltre 2 miliardi di ore. Per sostenere il contrario sono state messe a confronto le ore lavorate nel 2007 e quelle nel 2017. Ma cosa c’entra questo confronto se si vuole valutare l’affermazione di Renzi riguardante gli ultimi quattro anni? Il fatto è che negli ultimi quattro anni l’aumento delle ore di lavoro in termini percentuali (circa 5 per cento) è stato maggiore dell’aumento del numero dei posti di lavoro (circa 4 per cento). Quindi la consistenza del lavoro (numero di ore per occupato) è cresciuta, non diminuita. Questo risultato è un parziale recupero dopo il crollo avvenuto proprio durante il governo Berlusconi. Chi ha visto la trasmissione avrà inteso invece l’esatto opposto: Berlusconi ha creato lavoro. Renzi ne ha distrutto la consistenza. Per una trasmissione ispirata al Var calcistico, sarebbe come se Horacio Elizondo, l’arbitro della finale dei mondiali del 2006, avesse espulso Materazzi dopo la famigerata testata di Zidane.
Il rapporto dettagliato
Il secondo esempio: nella puntata di “Di Martedi” del 30 Gennaio, sempre su La7, Luigi Di Maio ha tentato di spiegare come coprirebbe i 75 miliardi che, secondo La7, sono necessari per finanziare le proposte del M5s. Di Maio, come Berlusconi peraltro, ha detto che 40 miliardi verrebbero dalla revisione delle agevolazioni fiscali, citando come un significativo esempio ” i 14,7 miliardi di incentivi ai combustibili fossili”.
Le agevolazioni fiscali sono un oggetto di un dettagliato rapporto annuale del ministero dell’Economia, che basterebbe consultare per scoprire che:
1) Le agevolazioni fiscali a favore dei combustibili fossili ammontano a poco più di due miliardi destinati al settore agricolo e al settore dell’autotrasporto. Queste sono state ridotte negli ultimi anni e possono anche essere eliminate del tutto, ma con un conseguente aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e dei costi di trasporto per tutte le nostre imprese. Tradotto in italiano significa: meno potere d’acquisto per le famiglie, specie per quelle meno abbienti, e uno svantaggio competitivo per l’industria manifatturiera italiana.
2) Le agevolazioni fiscali valgono nel loro complesso 54 miliardi. Siccome una parte di esse è legata ad investimenti già fatti, per arrivare a 40 miliardi bisognerebbe togliere tutte le altre. Significherebbe quindi, per esempio, rimettere l’Imu sulla prima casa, eliminare le detrazioni per le spese mediche e per gli interessi sui mutui, tassare le borse di studio e gli assegni dati alle famiglie in difficoltà, oggi giustamente esenti da Irpef, e cosi via.
Far notare questi fatti avrebbe smascherato la sconcertante impreparazione del leader politico del M5s e l’evidente irrealizzabilità delle proposte del suo partito. Ma nessuno dei giornalisti presenti nello studio era in grado di farlo e si sono limitati a sollevare un generico dubbio sulle coperture.
Non sta a me giudicare se questi “scivoloni” siano solo errori di distrazione e di poca preparazione. In un momento in cui i cittadini sono chiamati a esercitare il loro più alto diritto democratico, il rispetto dei doveri, del rigore e dell’obiettività non è una questione di poco conto per i mezzi di comunicazione.
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