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I rimborsi scendono, le spese salgono. La curva del moralismo anti casta

Luciano Capone

L’ipocrisia pauperista del grillismo smontata con un grafico perfetto

Roma. La cosiddetta Rimborsopoli del M5s innescata da un’inchiesta delle “Iene” si allarga a macchia d’olio, il buco nero dei rimborsi fantasma si espande e inghiotte nuovi parlamentari, che vengono espulsi dal movimento ma restano in lista: candidati fantasma, come i bonifici. Cadono due leader come Andrea Cecconi, capogruppo alla Camera, e Carlo Martelli, uno degli ortodossi pauperisti, i primi ad ammettere di aver annullato i bonifici di restituzione prima inseriti solo per mostrare la ricevuta di pagamento sul sito. Poi si aggiungono, per le irregolarità riscontrate dal partito e per loro stessa ammissione, Maurizio Buccarella, Ivan Della Valle ed Emanuele Cozzolino. Salta anche in maniera misteriosa David Borrelli, europarlamentare e uno dei tre proprietari dell’Associazione Rousseau: il M5s dice per “motivi di salute” ma lui nega (“Non ho problemi di salute e non ne ho mai accennato”). Altri nomi sono sulla graticola, mentre i controlli proseguono. Ma la crisi politica innescata dalle “Iene” riguarda le irregolarità sui rimborsi non restituiti, una parte marginale dei soldi percepiti dai parlamentari grillini. Il grosso della torta è invece il resto: i soldi incassati e spesi dagli onorevoli. “Abacuc”, un gruppo di ricercatori che si occupa di data journalism, ha estratto i dati delle rendicontazioni caricati dai deputati e senatori del M5s sul sito “tirendiconto.it” e li ha analizzati per il Foglio in un report dal titolo “Sì, mi rendo conto”. Ciò che emerge in maniera evidente, nel grafico qui sotto (fig.1), è che dall’inizio della legislatura il valore medio del bonifico di restituzione effettuato è calato in maniera continua e costante, fino a scendere ai circa 2.600 euro di adesso.

 


Bonifico effettuato da deputati e senatori, moving average centrato a cinque periodi. Valori in euro. Fonte: tirendiconto.it (elaborazione Abacuc)


 

Ma il bonifico di restituzione è composto da due voci, una fissa che è una parte dello stipendio (circa in media il 35 per cento, pari a meno di 2 mila euro) e quindi difficile da eludere, e un’altra variabile e più consistente, circa 8 mila euro, che corrisponde ai rimborsi non spesi. In questa macro voce rientrano la diaria (vitto, alloggio, spese telefoniche, viaggi) e le spese per l’esercizio del mandato (consulente, collaboratori, attività sul territorio). Ebbene, scrivono i ricercatori di Abacuc, “la prima cosa che si nota è che le spese sono salite in maniera continuativa nel tempo”. In pratica c’è stato un discostamento dal primordiale francescanesimo grillino: agli esordi i parlamentari appena sbarcati a Roma dormivano in tre nei bed&breakfast come turisti o “semplici cittadini”, rifiutavano i prezzi di favore della buvette optando per pasti frugali, si spostavano solo con mezzi pubblici. Nel numero in edicola, dedicato alla “Spesopoli dei 5 stelle”, Panorama indica alcuni casi emblematici: Marta Grande per la sua casa ha pagato 132 mila euro (2.200 euro al mese); Lello Ciampolillo ha speso fino allo scorso ottobre 90 mila euro in hotel e 70 mila euro di trasporti, tra cui 28 mila euro di taxi; Mattia Fantinati ha pagato circa 39 mila euro in pranzi, cene e bar; Barbara Lezzi ha speso quasi 106 mila euro di consulenze; mentre Luigi Di Maio ha speso oltre 170 mila euro in “attività ed eventi sul territorio”.

 

Questi casi singoli sono rappresentativi del quadro generale, rappresentato dal grafico di Abacuc (fig.2), che incrocia l’andamento delle spese medie per l’insieme dei parlamentari e l’andamento dei rimborsi restituiti in media: “E’ evidente il comportamento opposto di queste due misure nel tempo: i parlamentari a 5 stelle dichiarano di spendere sempre di più, e a fronte di questo restituiscono sempre meno rimborsi”.

 


Spese medie dei parlamentari (scala sinistra, in euro) e rimborsi medi dei parlamentari (scala destra, in euro), per mese. Moving average a 5 periodi. Fonte: tirendiconto.it (elaborazione Abacuc)


 

Se a inizio legislatura i rimborsi spese restituiti sfioravano in media i 1.600 euro, adesso sono scesi sotto gli 800 euro. Bisogna considerare che i rimborsi forfettari (diaria più spese per l’esercizio del mandato) rappresentano la fetta più grande dei soldi percepiti dai parlamentari: “I parlamentari a 5 stelle spendono una media dichiarata di 7 mila euro al mese”. Adesso molto di più, nel caso dei senatori oltre gli 8.500 euro (fig. 3).

 


Spese medie dei senatori, moving average a 5 periodi. Valori in euro. Fonte: tirendiconto.it. (elaborazione Abacuc)


 

Anche in questo caso ci sono alcuni casi emblematici: il senatore Michele Mario Giarrusso, ad esempio, spende circa 8.900 euro al mese, a fronte dei quali restituisce, dei rimborsi in eccedenza, solo 180 euro. In pratica rispetto alle origini i bonifici di restituzione sono diventati sempre più leggeri, fino a scendere in media a circa 2.600 euro. Ma una volta esclusa la parte fissa, ineludibile, di taglio dell’indennità che vale circa 2 mila euro, si noterà che la parte variabile si è praticamente azzerata.

Ciò può avere due spiegazioni. La prima è che i parlamentari del M5s si sono resi conto che fare politica ha un costo, e infatti sono progressivamente lievitate le spese per consulenze, collaboratori, supporto legale. La seconda è che anche i “cittadini” del M5s si sono romanizzati, si sono cioè adeguati allo stile di vita che si addice a un eletto, come dimostrano le spese per vitto e alloggio che sono al di sopra di quelle della “gente comune”. E entrambi questi due fattori dimostrano come tutta la retorica grillina contro la casta e i costi della politica si riduca a una piccola sforbiciata dello stipendio.

 

Ce ne sarebbe poi una terza, legata allo scandalo di questi giorni e che potrebbe aprire il vaso di Pandora della Spesopoli. Se nessuno ha mai controllato i bonifici dei rimborsi, evidentemente nessuno ha mai controllato le spese e gli scontrini: tutto il sistema si basa su autodichiarazioni e autocertificazioni. Quella che sta travolgendo il M5s sarebbe per ogni partito la classica tempesta in un bicchiere d’acqua: non c’è alcun reato e guardando l’entità delle cifre in gioco, seppur non definitive (erano 100 mila euro, poi 220 mila, non è più 500 mila e nemmeno 1 milione, ma di più), si tratta di poca roba. Ma per il M5s diventa un tornado perché riguarda il suo rapporto ipocrita e morboso con il denaro. Lo scandalo dei rimborsi è nato perché, come ha dichiarato Alessandro Di Battista, il Movimento non ha voluto controllare quei soldi e toccarli per paura di sporcarsi le mani. Il simbolo di questa Rimborsopoli e del rapporto del M5s con i soldi è la figura del senatore pauperista Carlo Martelli, che in pubblico girava con i sandali da francescano e in segreto si teneva in tasca 76 mila euro non dovuti.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali