David Borrelli (foto LaPress)

“David è uscito dal gruppo”

Valerio Valentini

La parabola di Borrelli, da braccio destro di Gianroberto Casaleggio, agli attriti col figlio Davide. Storia di invidie e litigi dietro il clamoroso passo indietro dell'eurodeputato

“David è uscito dal gruppo”. E’ martedì sera quando, tra i deputati e i senatori grillini, si diffonde la voce. E no, il riferimento non è all’abbandono della pattuglia pentastellata a Bruxelles o alle dimissioni dall'Associazione Rousseau, ma alla chat condivisa su WhatsApp. Quella che Borrelli ha abbandonato, senza alcun preavviso, nel momento in cui alcuni dei suoi colleghi veneti, portavoce a vari livelli del Movimento 5 stelle, gli hanno chiesto spiegazioni del suo annuncio. Lui non ne ha date: ma proprio l’aver mollato la chat condivisa appare a tutti un segno inequivocabile. Borrelli non torna indietro.

 

Sulle prime si ipotizza un suo coinvolgimento nel pasticcio dei bonifici: “Avranno beccato anche lui con le mani nella marmellata – azzarda una deputata M5s a poche ore di distanza dal clamoroso annuncio – e gli hanno offerto una exit strategy”. E però, sin dall’inizio, molte cose non tornano. E lui non aiuta a chiarirle: semplicemente lascia Treviso poco prima che la sua abitazione venga cinta d’assedio da cameraman e cronisti, e va via insieme alla sua compagna, Maria Angela. La quale si limita, nella fretta, a scambiare qualche messaggio con gli attivisti a lei più vicini: “Il silenzio? E’ solo bisogno di staccare la spina per qualche giorno. David non condivideva la nuova linea”. Chi riesce a parlarci, con Borrelli, riferisce del suo stesso stupore nell’apprendere del patetico riferimento ai “motivi di salute” cui fa cenno la nota stampa diffusa dal gruppo grillino a Bruxelles. “Quel comunicato non l'ha scritto lui: a Laura Agea – capodelegazione M5s all’Europarlamento – devono averglielo dettato altri”. Voci, anche queste. Che però ruotano tutte intorno allo stesso nome: Cristina Belotti. E qui si arriva al nodo della questione, allo scontro che forse ha determinato la rottura e che esige, però, un passo indietro.

 

Ricapitolando, a tappe forzate: quando nel 2014 viene eletto alle europee con 26.000 preferenze, Borrelli a Bruxelles è l’uomo forte della Casaleggio. Gode della stima incondizionata di Gianroberto, con cui condividono la passione politica sin dai tempi della Lega. Entrambi bossiani quando Bossi era quel Bossi, sono tutti e due convinti di una cosa: che in fondo nell’ascesa del Carroccio ci siano i prodromi del trionfo del Movimento. Fosse per Borrelli, l’accordo con la Lega – finanche con la Lega di Matteo Salvini – sarebbe cosa fatta. E’ con Borrelli che la sera del 19 giugno 2016 Casaleggio sta al telefono per commentare i risultati dei ballottaggi delle amministrative, quelli che vedono il trionfo di Virginia Raggi e Chiara Appendino; ed è a Borrelli – consigliere comunale a Treviso sin dal 2008, quando il M5s ancora non esisteva e infatti lui si candidava a sindaco con la lista “Grilli Treviso” – che Gianroberto demanda il compito di avvicinare imprenditori e artigiani del nord-est; è Borrelli l’organizzatore dell’incontro con la Confapri alla vigilia delle elezioni del 2013; è Borrelli che indicherà ai vertici del Movimento Massimo Colomban, che di Confapri è uno dei fondatori, quale assessore alle Partecipate per il Campidoglio. E insomma appare a tutti scontato che, dopo l’approdo a Bruxelles, sia proprio Borrelli il coordinatore del gruppo, copresidente insieme a Nigel Farage del gruppo Efdd, cui il M5s aderisce: un “primus inter pares” – come garantiva lui ai suoi colleghi, con un understatement volutamente posticcio – col compito di riferire direttamente alla casa madre di via Morone, a Milano. E’ il maggio del 2016 quando viene nominato socio di Rousseau, la piattaforma online del Movimento che ne è in realtà la vera centrale operativa, ben stretta nella mani di Davide Casaleggio. Perché lui? Forse perché davvero la sua designazione è stata una delle ultime volontà di Gianroberto, morto con la consapevolezza che la sua creatura politica era già stata snaturata. Forse perché, come qualche parlamentare sussurra, Grillo “ci ha voluto mettere almeno uno dei suoi, dentro Rousseau”, per limitare il dominio del giovane Casaleggio, e ha scelto Borrelli. Lui, poche settimane fa ha in parte avvalorato questa tesi: “Io non so nulla, sono in quell’associazione perché Beppe mi ha chiesto di esserci, ma è come se non ci fossi”, ha confessato a questo giornale. L’altro socio è Max Bugani: e qui è utile una parentesi, che spiega forse anche qualcosa di ciò che sta accadendo ora. Già consigliere comunale a Bologna, Bugani nella primavera del 2016 non ha alcuna voglia di ricandidarsi a sindaco, sapendo che per lui, nel capoluogo emiliano, di possibilità di vittoria non ce ne sono. E si mostra riottoso, comincia perfino a sfogarsi coi giornali: vorrebbe saltare un giro e puntare al Parlamento, così da non bruciarsi il secondo mandato e dunque la carriera. A Milano sanno che, se perfino un fedelissimo come Bugani adottasse questa strategia, a quel punto scatterebbe il liberi tutti, e dunque gli concedono un salvacondotto: dovrà ricandidarsi, ma ha un futuro garantito proprio in Rousseau.

 

Per Borrelli è diverso. Per lui, con Davide, l’intesa non scatta mai. E i rapporti s’incrinano ancor più dopo la fallimentare trattativa con l'eurogruppo dell’Alde, di cui Borrelli si era fatto garante, e di cui viene dunque ritenuto responsabile. Insieme a lui viene declassato anche Filippo Pittarello, pure lui ai ferri corti con Casaleggio jr, rimpiazzato nel ruolo di portavoce da Cristina Belotti, giovane rampante che s’è già fatta notare sfilando di mano la web-tv grillina “La Cosa” a Matteo Ponzano e poi – dicono i maligni – facendo le scarpe allo stesso Pittarello. “Ce la siamo ritrovata lì dalla sera alla mattina: out of the blue”, racconta Marco Affronte, che proprio in seguito a quei giorni burrascosi di inizio 2017 deciderà di lasciare il gruppo grillino a Bruxelles e approdare nei Verdi. Da lì in avanti, la stella di Borrelli s’appanna: e quando, nel novembre scorso, Fabio Massimo Castaldo viene eletto vicepresidente dell’Europarlamento tra gli strepiti e le fanfare del Sacro Blog, si capisce ormai che un nuovo uomo forte dell’eurogruppo a cinque stelle è stato designato.

 

Borrelli sente puzza di bruciato: forse, memore della concessione fatta a Bugani, chiede anche lui un paracadute. Ma non lo ottiene. E del resto da tempo ha cominciato a confidarsi: a voce neppure troppo bassa. La “nuova linea” del M5s non gli piace, la svolta governista, istituzionale, gli appare un tradimento inaccettabile. Lo fa presente: non viene preso in considerazione. E anzi, a metà ottobre vede uscire sui giornali la notizia dell’assunzione della sua compagna, Maria Angela Riva, da parte dell’eurodeputata campana Isabella Adinolfi. La soffiata è arrivata dall’interno: “faida interna”, si scrivono in quei giorni i portavoce veneti nelle loro chat. “Volevo dire a quelli che mi stanno aspettando seduti sulla riva del fiume, che sono in piscina”, si sfoga lei, prima di rinunciare all’incarico. Borrelli si convince che a mettere in circolo la voce sia stata proprio la Belotti, forse su mandato della casa madre. Supposizioni. Come quelle di chi dice che, poche settimane dopo, la vendetta del trevigiano si consuma allertando alcuni giornali sulle stranezze sui rimborsi spese e delle assenze ingiustificate della Belotti all’Europarlamento, di cui poi si occuperà Repubblica. Insomma ormai è inevitabile il divorzio. Che arriva però in tempi sospetti, a venti giorni dal voto del 4 marzo e nel bel mezzo della buriana sui bonifici farlocchi dei parlamentari. E infatti c’è chi dice che anche Borrelli tema di essere colto in flagrante, specie dopo aver scoperto che “Le Iene” gli sono alle costole.
Lui, a quel punto, un messaggio se lo scrive da solo, e lo pubblica su Facebook. “Non ho problemi di salute e non ne ho mai accennato. Auguro al MoVimento 5 Stelle una strada costellata di ambiziosi traguardi e grandi successi”. Poi, l’annuncio: “Ora è arrivato per me il momento di cambiare percorso. Nella vita mi sono sempre occupato con grande intensità di imprenditori e risparmiatori. Per questo ho deciso di aderire ad un nuovo progetto: un movimento, che nascerà a breve, e che si occuperà proprio di imprenditori e risparmiatori. Lo devo a loro, lo devo alla mia vita”.

 

Mistero, dunque, su quel che sarà. Anche se forse qualcosa già s’intravede. La creazione di un’associazione “in difesa dei cittadini che si sono visti azzerare i loro depositi nelle due banche venete”, è un qualcosa di cui Borrelli parla da tempo, con chi gli sta vicino. Quanto ai compagni d’avventura, è probabile che ci sia anche Colomban, che da ottobre – da quanto, guarda caso, Borrelli è entrato in rotta di collisione con Casaleggio – si è liberato dei suoi incarichi istituzionali romani, rassegnando le dimissioni. Scontato, invece, sembra il coinvolgimento dell’avvocato Gaetano Roberto Filograno, professore associato di Diritto privato all’Università di Bari. E’ con lui che Borrelli ha curato il ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo “a difesa di risparmiatori e azionisti di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza”, promosso appunto dal M5s, ed è con lui che è intervenuto, proprio su questo tema, nella tappa trevigiana del Rally Tour, la peregrinazione elettorale di Luigi Di Maio. Era il 10 dicembre, e il candidato premier sedeva accanto all’eurodeputato veneto. E forse entrambi già sapevano che era l’ultima volta.

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