Mauro Vaglio con Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Il caso Vaglio, ovvero le aporie a Cinque Stelle tra gli avvocati romani

Marianna Rizzini

Di Maio candida il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Insorgono i colleghi: "Liberissimo, ma allora rassegni le proprie dimissioni"

Roma. Un avvocato, una mailing list, una candidatura con i Cinque stelle, i social network come coro greco: tra le tante sotto-storie della campagna elettorale ce n’è una che ha tutte le caratteristiche del casus belli. Intanto, i fatti: succede, a fine gennaio, che Luigi Di Maio, candidato premier del M5s, presenti come candidato al Senato nel collegio uninominale numero tre (Roma Portuense) l’avvocato Mauro Vaglio. Non uno sconosciuto per gli esponenti della categoria: si dà il caso, infatti, che Vaglio sia presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Non solo. Vaglio, raccontano i colleghi, si è già distinto negli anni per una sorta di attività di “grillino ante-litteram”: si proponeva cioè, attraverso il suo sito, come il paladino dei piccoli avvocati senza grande studio alle spalle e come consigliere in caso di funzionamento misterioso di uffici e burocrazie. E insomma, consiglia che ti consiglia, Vaglio, tempo prima di diventare presidente, era stato già eletto consigliere dell’Ordine con circa quattromila voti. E fino a lì, nessun problema. Accade però poi (ai giorni nostri) che Vaglio decida di annunciare la propria candidatura con una prima e una seconda mail di intenti inviata “alla mailing list dell’Ordine che vanta circa venticinquemila iscritti”, sottolineano i detrattori, alcuni dei quali esterrefatti per via della scelta di Vaglio di candidarsi “con il movimento di forcaioli”. Vaglio a quel punto dichiara di sentirsi vittima di “campagna denigratoria”, dicendosi animato soltanto “da spirito di servizio”.

 

Ma il caso intanto è scoppiato. In particolare sull’account Twitter di Venerando Monello, l’avvocato di area pd autore, un anno fa, del ricorso sul contratto Virginia Raggi-M5s. Monello, interpellato, dice: “Se è vero che l’avvocato Vaglio ha sottoscritto il nuovo ‘codice etico’ del M5s, che in realtà è un vero e proprio contratto, mi chiedo come possano la sua onestà intellettuale e la sua professionalità non provare un forte imbarazzo. Il contratto prevede una sfilza di obblighi. Tra questi quello di derogare alle garanzie dell’art. 67 della Costituzione, allineandosi acriticamente alle scelte di partito, rinunciando al dissenso che potrebbe nascere dalla sua coscienza di uomo libero e, infine, accettando di pagare una penale pari a centomila euro. Mi chiedo come possa il presidente dell’ordine degli avvocati più grande d’Europa violare così apertamente il giuramento dell’Avvocato, e come non provi imbarazzo per l’illegittimo utilizzo della mailing list degli avvocati per scopi diversi da quelli istituzionali. Liberissimo di candidarsi, ma allora rassegni le proprie dimissioni da presidente. Questo sì sarebbe un bel segnale, coerente allo spirito della forza politica con cui si candida: dimostrerebbe di non essere attaccato alla poltrona”.

 

Vaglio risponde che “una cosa è la libertà del parlamentare dal vincolo di mandato così come concepita dai padri Costituenti, altra cosa è lo scandaloso e opportunistico ‘cambio di casacca’ a cui assistiamo e che rappresenta, questo sì, un vero e proprio tradimento nei confronti degli elettori. Certamente il passaggio opportunistico ad altro schieramento politico nel corso della legislatura viola, a mio parere, l’art. 54 che impone ai parlamentari il dovere di adempiere alle loro funzioni con disciplina ed onore. La mia parola è una e se prendo un impegno lo porto fino in fondo, questo per me significa rappresentare la Nazione. Non dimentichiamo che questa legislatura appena conclusa ha avuto il più alto numero di cambi di casacca”. Non si sa come finirà, fatto sta che le aporie “contrattuali” del Movimento dei puri fluttuano nel web senza potersi comporre. E mentre Vaglio illustra i primi punti il suo programma – “legalità, equità fiscale, sburocratizzazione, sicurezza, giustizia rapida” – tra gli avvocati romani cresce lo sconcerto.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.