Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Il cerchio del Cav.

Marianna Rizzini

Com’è cambiato lo scenario intorno a Berlusconi. Tra qualche certezza e molte rottamazioni, s’avanza un’altra donna come plenipotenziaria

Silvio Berlusconi che fa maramao ai Cinque stelle e al centrosinistra diviso di Sicilia, il centrodestra a tre punte redivivo al punto da tornare a essere la prima coalizione dopo varie traversie sottomarine, le elezioni politiche che non si stagliano più all’orizzonte, per Forza Italia, come sagome nefaste di sventura: si poteva passare per matti a dire una cosa simile non più tardi di otto, nove mesi fa. E invece ecco la risalita dagli abissi, la speranza di cominciare la prossima legislatura con truppa parlamentare cospicua e Berlusconi come mattatore, anche se probabilmente non come candidato premier, visti i tempi della Corte europea cui si guarda, da Arcore, come alla fata che potrebbe trasformare la zucca in cristallo ma anche no. E tanto ci sono le opzioni alternative, da Antonio Tajani in giù (anche detto il Paolo Gentiloni di Berlusconi quando Gentiloni non era considerato “alternativo” in prospettiva a Renzi come ora). E lo stupore corre per i Palazzi nazionali e internazionali, dove la stampa guarda al Cav. con occhio meno arcigno di quando l’Economist lo vedeva “unfit” per governare: ma è lo stesso Berlusconi, proprio lui, quello che sorride dai teleschermi nel salotto di Maurizio Costanzo, raccontandosi dall’infanzia all’oggi e dall’oggi all’altroieri? Lo è, ma non lo è. Tutto attorno al Berlusconi 4.0 lo scenario è cambiato. Non si vede più, infatti, la pletora di luogotenenti ex Msi o post Msi (pre e post ribellione di Gianfranco Fini) né l’esercito di “guerriere azzurre”, così venivano chiamate, che affollava il Tempio di Adriano ai tempi del “predellino” (Michela Vittoria Brambilla, Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna – ancora presenti e considerate per ruoli futuri di rilievo, specie Carfagna, ma al momento non impegnate in battaglie quotidiane – o Stefania Prestigiacomo e Daniela Santanché, negli ultimi due anni più distanti, seppure per motivi opposti). E neppure si può dire che si affaccino, dopo i vari traslochi di sede di Forza Italia, nuovi triumvirati. Finite sono pure l’epoca dell’accentramento-controllo (economico-logistico) presso Maria Rosaria Rossi e l’epoca del “cerchio magico” (disegnato, allora, a partire da Debora Bergamini). Ma, ferme restando le certezze dell’universo azzurro che fu – Gianni Letta, Fedele Confalonieri, la famiglia Berlusconi (Marina in testa) e l’avvocato-deputato Nicolò Ghedini in fase di rinnovatissima stima presso Arcore – un nuovo cerchio magico può essere tracciato. Cerchio magico che è nuovo come tempistica, ma che rimanda, per la maggior parte dei nomi e delle dinamiche, a passate età dell’oro e a stili politici lettiani (nel senso di Gianni Letta), e che fa risaltare un altro nome di plenipotenziaria donna.

 

Non si vedono più la pletora di luogotenenti ex o post Msi e l'esercito di "guerriere azzurre", né si affacciano nuovi triumvirati

Licia Ronzulli. Quarantenne vertice di alta segreteria del Cav., onnipresente (dove va Berlusconi di solito supervisiona Ronzulli, che si tratti del salotto di Costanzo o di un convegno a Ischia), già eurodeputata (“quella con la bambina in braccio”, dicevano i cronisti alla vista della giovane Ronzulli, allora non ancora nota ai più, che votava all’Europarlamento con la piccola Vittoria neonata e dormiente nella fascia appesa al collo). E’ stata anni all’estero e ha buoni rapporti con la Lega di Matteo Salvini, particolare, questo, utile in un quadro di alleanze rinnovate ma non sempre a prova di bomba. E’ anche artefice della svolta mediatica via Instagram del Cav. 4.0 – foto dallo studio del Cav. in pieno agosto, foto che ritraggono il Cav. al lavoro “per il paese” (Ronzulli diffonde e commenta). Ma Ronzulli è anche colei che, narrano i conoscitori di Arcore e Palazzo Grazioli, “piace a Marina Berlusconi e a Francesca Pascale, pur senza peccare di ubris riguardo all’intesa cordiale con il partito”. Il quale partito, che già si vedeva spacciato, tira sì un sospiro di sollievo rispetto alla questione delle liste (chi decide? è la domanda, e la risposta in questo momento è “soprattutto Nicolò Ghedini”) ma non ha ancora risolto il dilemma principale: riusciremo a sforare il 20 per cento? Fatto sta che, mentre Forza Italia – sempre con Ghedini, avvocato storico del Cav. e, così pare, attuale custode-demiurgo della linea politica – si interroga su se stessa e su quello che, per ora, viene considerato l’avversario populista da battere (i Cinque stelle), Ronzulli fa prove generali di campagna elettorale, in qualità di plenipotenziario fedelissimo al Cav. a ogni evento, incontro, kermesse cui il Cav. partecipi e in qualità di sentinella con “potere d’agenda”, come dice un habitué di palazzi azzurri: “E’ Ronzulli che decide chi parla con il Cav. tra coloro che telefonano al Cav.”. Soprattutto, raccontano nel partito, Ronzulli – che quando era europarlamentare era nota per le battaglie a favore delle donne lavoratrici – ha avuto un ruolo non secondario nella complicata trattativa per la vendita del Milan. E di strada ne ha fatta, la madrina del nuovo cerchio magico che porta i capelli “ordinati ma non immobilizzati dalla messa in piega”, dice una conoscente, da quando, dopo l’adolescenza con Bildungsroman in un quartiere non vip del milanese, e dopo la formazione in ramo ospedaliero (è infermiera), muoveva i primi passi al Parlamento europeo come paladina dell’uguaglianza di genere e come promotrice di campagne asiatiche per la diffusione di cure ai bambini malformati. Ne è stata fatta di strada anche dall’incidente di percorso del 2014, quando Ronzulli, ricandidata, non fu rieletta al Parlamento europeo: al momento non soltanto gli aruspici di futuri azzurri vedono per lei un avvenire da deputata in Italia, ma forse pure un sottosegretariato o un ruolo ministeriale (nel caso non più fantascientifico di riavvicinamento del centrodestra alla zona governativa).

 

Ferri, l'uomo alla ricerca di volti, proposte e temi. Ghedini, Tajani, Romani, la vecchia guardia sugli scudi

Particolare da non sottovalutare: quando non c’è Ronzulli, c’è Sestino Giacomoni.

Sestino Giacomoni. Fedelissimo del Cav. quanto Ronzulli, e plenipotenziario in area Cav. da più tempo di Ronzulli per motivi soprattutto anagrafici (ha compiuto da pochi mesi cinquant’anni, come si è appreso dai social network che ne sottolineano anche gli ottimi contatti con alcuni uomini-chiave di banca Mediolanum), è stato definito “l’italiano che tutti hanno visto ma che pochi sanno chi sia” (cit. Fausto Carioti, da Libero). Modesto per ragioni onomatopeiche – tranquillo e non competitivo suona infatti il nome Sestino – ma ferrato nel campo della tessitura di organizzazioni politico-economiche dietro le quinte (tuttavia è capitato ultimamente di vederlo in tv), Giacomoni, in realtà, uomo “che è quasi impossibile vedere in jeans”, dice un amico, è un veterano – non solo e non tanto perché a poco più di vent’anni diventava consigliere comunale in quel di Mentana, quanto per gli esordi giovanili (da volontario, già consulente finanziario) al Centro studi di Forza Italia sotto Paolo Del Debbio. Dopo lunga collaborazione con Antonio Marzano alle Attività produttive, Giacomoni è entrato nel più stretto giro del Cav. proprio quando aveva deciso di ritirarsi a vita privata: lui stesso racconta di essere stato richiamato in servizio da Berlusconi in persona nel 2005, come capo della sua segreteria tecnica, su consiglio della segretaria storica del Cav. Marinella Brambilla, e dell’altro uomo-ombra che conta (ma sugli Esteri) Valentino Valentini (non per niente, come ricordava Tommaso Labate sul Corriere della Sera, nell’estate del 2016, i due sono chiamati in tandem gli “inos”).

 

Indefinibile nei singoli particolari ma fondamentale nel complesso della macchina ex-post-neo berlusconiana, così ha descritto Giacomoni a Libero il suo lavoro: “Fra gli incarichi che Berlusconi mi ha dato c’è quello di tenere i contatti con i coordinatori regionali, che sono l’ossatura di Forza Italia e rispondono direttamente a lui. Da un lato, quindi, attraverso loro, ho un quadro aggiornato della situazione sul territorio, che rappresento al presidente, dall’altro lavoro per aiutare il nostro movimento nelle varie regioni”. Ma il “da dove viene e dove va Giacomoni” può essere sintetizzato dalla sua massima “Gianni Letta è maestro di stile, intelligenza politica e equilibrio”. (Per una sorta di proprietà transitiva, dove non c’è Giacomoni c’è Ronzulli – ma la divisione di ruoli, pur invisibile, è invalicabile).

 

Valentino Valentini. C’è chi l’ha soprannominato, scherzando, “il gemello più grande di Simone Baldelli”, per via della somiglianza di tratti con il deputato di Forza Italia. Fatto sta che Valentini, l’altro “ino” che con Sestino (Giacomoni) divide ben due decenni di lavoro accanto al Cav., è famoso per il profilo “sommessamente internazionale”, come scherzosamente lo definisce un habituè di Palazzo Grazioli dei tempi d’oro. Noto anche per essere l’ufficiale di collegamento Berlusconi-Russia, Valentini non parla in sé (rarissimo che dichiari qualcosa), ma parla correntemente più lingue di uno 007: russo, inglese, olandese, francese, tedesco e spagnolo. Narra la leggenda che il Cav. non sopporti di stare a troppa distanza da Valentini per troppo tempo: dopo un po’ che non lo vede lo deve convocare. E’ un uomo Publitalia nel senso del giovanile master in business, Valentini, ma è anche interprete, motivo per cui il suo destino si è ben presto incrociato con quello dell’allora eurodeputato Antonio Tajani (galeotto fu Tajani, nel senso della presentazione di Valentini al Cav.). Sempre la leggenda narra di un George W. Bush pazzo di stima per lui, e di un ex ambasciatore Usa, Ronald Spogli, un po’ meno entusiasta. Valentini va d’accordo con la famiglia Berlusconi (Marina), e anche con la famiglia aziendale del Cav. (Confalonieri). C’è e (pare) ci sarà sempre di più, anche se si vede e si vedrà sempre di meno.

 

Licia Ronzulli fa prove generali di campagna elettorale, sentinella con "potere d'agenda" presente a ogni evento cui partecipi il Cav.

Andrea Ruggieri. Studi al liceo Mamiani di Roma, avvocato di professione, il poco più che quarantenne Ruggieri è l’uomo-chiave delle presenze tv della nouvelle vague berlusconiana, nipote d’arte in quanto a conoscenza del mezzo (è nipote di Bruno Vespa), anche marito di Anna Falchi, da un anno e mezzo si occupa di “testare” i nuovi talenti. Li cerca, li trova (“coloro che sono in emersione dai cosiddetti territori”, dice un esperto), li sperimenta mediaticamente (ha lanciato e rilanciato, come presenze nei talk-show, il giovane duo lombardo Marco Bestetti e Pietro Tatarella e l’ex sindaco di Pietrasanta Massimo Mallegni). E’ trait d’union tra vecchio e nuovo cerchio magico: è stato infatti introdotto a Berlusconi dall’ex dama di ferro dell’inner circle Maria Rosaria Rossi, anche se poi il suo ruolo si è sovrapposto in parte con quello della già responsabile Comunicazione del partito Deborah Bergamini. Celeberrima la dichiarazione d’amore di Ruggieri per il vodka martini su twitter, come pure l’iniziale fissa per il “modello-Romizi”, dal nome del giovane sindaco azzurro di Perugia che secondo Ruggieri comunicava come uno “che ha capito come farsi ascoltare”. Nel campo imprese, il suo contraltare nel ruolo di talent-scout è ricoperto dal quarantaduenne Francesco Ferri.

 

Francesco Ferri. Laureato alla Bocconi, startupper di successo a inizio Duemila, brianzolo e di aspetto tipico di un uomo che mai ha conosciuto un casual friday (nel senso del vestire senza giacca), Ferri è colui che si occupa di scandagliare il mondo dei giovani industriali ed economisti alla ricerca di volti, proposte e temi. Assiduo per tutto agosto in zona Cav., è stato avvistato, così narrano, “anche a molti pranzi berlusconiani”. Motivo: il fantomatico centro studi del pensiero liberale che dovrebbe, nel disegno del Cav., riportare a Forza Italia un po’ di spirito della Forza Italia delle origini. Uscito dalla zona d’ombra, Ferri è diventato all’istante, come ha scritto Carmelo Lopapa su Repubblica, “spauracchio di deputati e senatori forzisti, di veterani e peones a caccia di ricandidature”. Già direttore dell’autodromo di Monza, Ferri è colui che deve custodire e far crescere il dossier flat-tax, che Sestino Giacomoni ha definito, parlando di programma appetibile per l’elettore, “il nostro traguardo” numero uno.

 

Nicolò Ghedini, Antonio Tajani, Paolo Romani. Stanno tra mondo antico e mondo moderno, ma non tanto come ufficiali di collegamento quando come dimostrazione gattopardesca del fatto che tutto deve cambiare per restare com’è (tutto cambia attorno, loro sono rimasti). Ghedini, dopo anni meno esposti, dal 2016 di fatto coordina il partito come un coordinatore di partito (e, come si diceva, ha in mano il dossier “liste” nonché i tratti base della linea politica). Tajani, sponsor della riabilitazione anche internazionale del Cav. (vedi Angela Merkel), è da mesi indicato come “colui che potrebbe fare il premier se Berlusconi come pare non potrà farlo”. Romani “ha praticamente scritto il Rosatellum”, è la battuta che circolava a Palazzo Madama nei giorni successivi alla tribolazione sulla legge elettorale. Nessun aspirante pupillo berlusconiano è finora è riuscito a dribblarli (e in particolare il nuovo cerchio magico non ne ha alcuna intenzione).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.