Virginia Raggi (foto LaPresse)

La “mossa elettorale” di Raggi: giudizio immediato sul caso Marra

Redazione

Il sindaco: “Sono certa della mia innocenza. Desidero che sia accertata quanto prima la verità”. Così però salta l'udienza preliminare del 9 gennaio e il processo dovrebbe slittare a dopo il voto

L'impressione è che si sia trattato di una mossa “anche” politica. Questa mattina i legali di Virginia Raggi hanno presentato presso la cancelleria del tribunale di Roma la richiesta di giudizio immediato per il sindaco di Roma. L'inchiesta è quella legata alla nomina (poi bloccata e revocata) di Renato Marra, fratello dell'allora braccio destro del primo cittadino, Raffaele, da dirigente della polizia municipale a capo del dipartimento Turismo del Campidoglio.

 

Lo scorso settembre la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio per Virginia Raggi e il prossimo 9 gennaio era fissata l'udienza preliminare davanti al Gup. Udienza che, dopo quanto accaduto stamattina, non si terrà. Il sindaco ha spiegato che la decisione di andare a giudizio immediato nasce dalla certezza, sempre ribadita, di essere innocente. “Sono certa della mia innocenza e non voglio sottrarmi ad alcun giudizio” ha scritto su Facebook. In realtà in questo modo Raggi evita il rinvio a giudizio e ottiene uno slittamento del dibattimento che, a meno di sorprese, inizierà dopo il 4 marzo. Una cosa che evidentemente farà piacere a Luigi Di Maio e ai vertici del M5s che così non dovranno affrontare la campagna elettorale con il “peso” di un primo cittadino grillino sotto processo. 

   

 

L'inchiesta  Secondo la procura di Roma Raggi non avrebbe detto la verità alla responsabile dell'Anticorruzione del Campidoglio, Maria Rosaria Turchi, che chiedeva informazioni sulla nomina di Renato Marra che prevedeva un incremento dello stipendio di 20 mila euro annui. Raggi avrebbe scritto all'Anticorruzione che il ruolo di Raffaele Marra, nella nomina del fratello, era stato “di mera pedissequa esecuzione” delle sue determinazioni. Ma il contenuto di alcune chat trovate nel cellulare degli indagati smentirebbero questa versione. Infatti nei messaggi il sindaco si lamentava con Raffaele, all'epoca suo braccio destro, di non averle detto la verità sui compensi di Renato.

Di più su questi argomenti: