Ugo Sposetti (foto LaPresse)

Ugo Sposetti ci spiega perché sui vitalizi ha vinto lui

David Allegranti

Il senatore del Pd: “Un partito normale non affiderebbe a Orfini neanche la gestione di un banchetto con le arance”

Roma. “Eddai, ma tu mi vuoi davvero far parlare il 2 gennaio?”. Ugo Sposetti, senatore Pd, già tesoriere dei Ds, 71 anni il 21 gennaio prossimo, ha chiuso la legislatura con un successo. La battaglia sul vitalizio l’ha combattuta e vinta, dice al Foglio dal suo vecchio Nokia a prova di tweet (“Non ricevo le agenzie, vivo meglio e non vado appresso a Twitter”). “Loro – dice riferendosi al gruppo dirigente – hanno voluto fare questa cosa. Ma l’ho vinta davvero. Da solo. Ora, da solo… Non voglio esagerare, s’è comportato bene pure Zanda. Gli ho spiegato, ne abbiamo parlato, lui ha considerato il provvedimento contro i vecchi che hanno fatto la storia di questo paese una cosa immorale. All’esterno ha parlato di incostituzionalità. Ora, io la morale non la considero. La considero una battaglia politica, questo sì, ma la moralità è un’altra cosa. Quando cominciano gli intenti moralistici, si chiude con la politica”.

 

Sposetti, in tempi in cui c’è da prendere fischi a difendere il professionismo della politica e le sue prerogative, non s’è mai tirato indietro. A favore del finanziamento pubblico, contro chi pensa che la democrazia rappresentativa sia un bene superfluo. Inevitabile per lui calzare l’elmetto e scendere in trincea sui vitalizi. “La questione di Renzi è che gli sottopongono una proposta e lui abbocca, perché c’ha nella testa di tornare a Palazzo Chigi; non ha elaborato il lutto del 4 dicembre e non ha capito quanti errori ha commesso”. Sicché, ecco i vitalizi. “Sì, poi alla Camera arriva l’Ermini con la pistola per tutti. Poi scompare il provvedimento e, non solo, scompare pure l’Ermini! Non ha più parlato. Quando mi dicono ‘ti cerca l’Ermini’, penso a un compagno avvocato di Ariccia che si chiama così. E non dimentichiamo la commissione sulle banche, quella voluta da Orfini. Renzi dice va bene, senza un minimo di lucidità politica, una riflessione. Ora, se gli avversari sfruttano queste cose in campagna elettorale è la fine. Ma come, sulle banche ti affidi a Orfini, dopo la gestione di Roma e di Ostia? Tutti insuccessi, eh. E in un partito normale, in un’associazione di volontari, a uno così non gli fai gestire neanche il banchetto con il sacchetto di arance e il panettone in piazza quando fa freddo ed è meno due gradi. E non glielo fai fare perché sai che sarà un disastro: se vuoi una sconfitta assicurata, a chi ti affidi se non a Orfini? Il presidente del partito fa il capogruppo alla commissione banche, quando arriva Visco non parla neanche. Lo costringono a non parlare. I renziani lo hanno imbavagliato per non far deflagrare tutto”.

 

A Sposetti pare di essere tornato indietro di parecchi anni. “Il Pd ha un presidente del Consiglio che fa recuperare prestigio, lo deve usare”. Altrimenti finisce come ai tempi della giacca marrone di Occhetto. Era il 1994, presidente del Consiglio uscente era Carlo Azeglio Ciampi. “Persona che aveva portato prestigio all’Italia, lo abbiamo visto anche da presidente della Repubblica. Oggi è accaduto lo stesso con Paolo Gentiloni”. Quindi bisogna sfruttare l’occasione, dice Sposetti: “C’è una squadra di governo che si presenta bene, come Minniti, Franceschini, Orlando. Sulle intercettazioni c’è stata un po’ di polemica, ma mi pare un provvedimento di civiltà. Minniti ha trovato un suo equilibrio, anche se magari alla fine non funzionerà fino in fondo. Che Lorenzin sia una leader alleata del Pd mi sembra un po’ esagerato, ma la democrazia prevede pure questo”. Al momento, però, quello più attivo gli sembra Berlusconi. “Pur non muovendosi fisicamente, fa parlare di sé. Con interviste, dichiarazioni, commenti. Penso che supererà bene la Lega. Questo è un paese moderato e cattolico, quindi perdona tutto”. Anche le mancate promesse. E a sinistra che succede? “Non so se a sinistra riusciremo a riportare a votare quelli che negli ultimi tempi si sono allontanati dal voto, non solo dalla sinistra, proprio dal voto. Ho la sensazione netta che gli ultra 60enni che vengono dalla sinistra non andranno a votare, sono stanchi e non capiscono gli scontri. Non li sanno leggere. Perché nessuno gliel’ha spiegato. Non gliel’hanno spiegato quelli che se ne sono andati ma neanche Renzi. Non c’è stata un’opera pedagogica per spiegare i passaggi”. Sposetti non sa se ricandidarsi o meno, ma in compenso ha già molto da fare. “Nel 2021 ci sono i cent’anni della nascita del Pci. Io sto sistemando gli archivi in giro per l’Italia, faremo tante iniziative. Poi mi occupo dell’anniversario di Alessandro Natta. Il 7 gennaio avrebbe compiuto 100 anni. Lo ricorderemo anche grazie a un libro di Roberto Speciale uscito da poco”. E del collega tesoriere Francesco Bonifazi che ne pensa Sposetti? “No, non ti dico niente, i tesorieri io li amo”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.