Marco Travaglio (foto LaPresse)

L'acido metodo Travaglio

Redazione

Non è un’uscita infelice, è la prova dell’uso della violenza verbale come prassi

Con la consueta leggerezza, Marco Travaglio ha commentato la notizia del giorno scrivendo che “la legislatura che sta per essere sciolta (si spera nell’acido) è stata una delle peggiori della storia repubblicana”. Al di là del giudizio politico, sempre legittimo anche quando infondato, il riferimento all’acido è stato giustamente condannato da Lucia Annibali, che di un’ignobile aggressione con l’acido che l’ha lasciata segnata sul volto è stata vittima, la quale si augura che aggressioni di questo tipo “non debbano mai accadere a nessuno, nemmeno per scherzo”.

 

 

 

Anche a non voler dare troppo peso all’infortunio sull’acido, il fondo di violenza rancorosa che spesso connota l’eloquio del direttore del Fatto ha il sapore delle peggiori esercitazioni di retorica anti parlamentare ed è giustamente considerato un modello da quella parte politica che sogna di scassare la democrazia parlamentare. La legislatura è una fase della vita democratica, si può naturalmente criticare la sua produzione legislativa o il suo svolgimento politico, ma l’eccitazione costante all’odio nei confronti della politica è tutt’altra cosa. Non si può pretendere da un arruffapopoli un rispetto impettito delle istituzioni, ma il richiamo costante alla violenza verbale per giustificare l’odio anticasta non è un infortunio ma è un metodo che oggi forse verrà condannato dagli stessi giornali che quotidianamente (e chissà quanto involontariamente) offrono con costanza sponde preziose per soffiare forte sulle vele dell’antisistema. Il confronto politico può essere aspro ma dovrebbe rispettare il limite che separa la battaglia delle idee dalla denigrazione delle persone e delle istituzioni. Ma per rispettare questo limite, naturalmente, prima del tatto bisognerebbe avere delle idee, diverse da un semplice vaffa.

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