Maria Elena Boschi (foto LaPresse)

Il pulpito da cui i moralizzatori linciano Boschi

Claudio Cerasa

Nella (non) storia di Etruria ce ne sono altre che fanno sorridere. E riguardano proprio coloro che in queste settimane urlano allo scandalo contro l'ex ministro

Al direttore - C'è questa merchant bank smontata da D'Alema. Forse non parlavano inglese?

Giuseppe De Filippi

 

Sulla commissione banche il Pd ha commesso diversi errori e anche Maria Elena Boschi ha sbagliato a non aver rivendicato il suo diritto a difendere la banca del suo territorio. Ma in tutto questo, in questa non storia di Etruria, ci sono delle piccole storie che riguardano i linciatori di Etruria che fanno sorridere. Il Movimento 5 stelle ha trasformato Federico Ghizzoni in un eroe del sistema finanziario italiano, dopo averlo inchiodato nel 2015 come uno dei principali “responsabili della crisi italiana” (Danilo Toninelli, 14 novembre 2015). Federico Ghizzoni si è convinto a diventare il principale accusatore del Giglio magico senza avere avuto neppure l’accortezza di ricordare che il governo guidato dal Giglio magico nel maggio del 2016 diede il via al famoso fondo Atlante che permise a Unicredit – che prima del fallimento delle banche venete si era impegnata a intervenire come garante per l’inoptato della Popolare di Vicenza – di non doversi esporre in modo solitario in una ricapitalizzazione molto rischiosa (Unicredit, scrisse il Wall Street Journal nel maggio del 2016, poche settimane prima dell’arrivo di Mustier al posto di Ghizzoni, era “The Unnamed Beneficiary of an Italian Bank Bailout”). Un giornale posseduto da un editore la cui famiglia aveva una società che faceva parte di una joint venture con una società austriaca che risulta essere ancora oggi la società più esposta con Mps (600 milioni di euro) offre grandi lezioni su come ci si relaziona in modo trasparente con le banche (ohibò). Lo stesso vale per un altro giornale che in nome di un conflitto di interesse perenne con le banche, sue azioniste esplicitamente ieri implicitamente oggi, oggi si auto proclama massimo interprete della giusta distanza da adottare con il potere finanziario. Infine, last but not least, c’è il sublime Massimo D’Alema, che quando fu a Palazzo Chigi guidò l’unica  merchant bank  dove non si parlava inglese, e che oggi diventa il fustigatore massimo dell’interventismo della Boschi (“Dal caso Boschi emerge il peso un gruppo di potere e anche una certa spregiudicatezza nell’uso del potere”) senza ricordare però che ai tempi del (sacrosanto e legittimo) tentativo di scalata di Bnl da parte della Unipol di Giovanni Consorte (“vai Gianni, facci sognare!”) rimproverò i giornali per aver trasformato una non storia in uno scandalo politico, al punto di arrivare a sfogarsi con i suoi collaboratori con frasi di questo tipo: “Questa storia mi preoccupa. Se si continua così rischiamo una vera e propria crisi, a due mesi dalle elezioni. Se qualcuno getta benzina sul fuoco invece di aiutarci a spegnerlo – riferì Massimo Giannini in un retroscena del gennaio 2006 – qui crolla tutta la baracca. Le alleanze si fanno se sono sostenibili. Io non mi alleo con chi sospetta che il nostro sia un partito di delinquenti. In queste condizioni è meglio lasciar perdere. Tanto c’è il proporzionale, no? Ognuno vada per conto suo. Giochiamo con tre punte anche noi, come il Polo. E poi vediamo chi vince…”. O tempora, o mores. Diciamo.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.