L'addio di Pisapia, per il Pd, è un guaio più per la tattica che per i voti

David Allegranti

Se è vero che la sua presenza non avrebbe portato molto in termini di voti è altrettanto vero che senza di lui il Pd rimarrà scoperto a sinistra

Roma. Giuliano Pisapia si ritira e saluta la curva del Pd, Campo Progressista non esiste più, gli ex Sel – anche se forse non tutti, per esempio il gruppo vicino a Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della regione Lazio – vanno con Pietro Grasso. “Ci abbiamo provato”, dice l’ex sindaco di Milano, che dopo molti mesi di traccheggiamenti su con chi stare e perché alla fine ha deciso: né con la sinistra, né con il Pd, né da solo. A casa, direttamente. “Il nostro obiettivo, fin dalla nascita di Campo Progressista, è sempre stato quello di costruire un grande e diverso centrosinistra per il futuro del Paese in grado di battere destre e populismi. Oggi dobbiamo prendere atto che non siamo riusciti. La decisione di calendarizzare lo Ius Soli al termine di tutti i lavori del Senato, rendendone la discussione e l’approvazione una remota probabilità, ha evidenziato l’impossibilità di proseguire nel confronto con il Pd”. Per il partito di Renzi il senso di isolamento oggettivamente aumenta. La sortita di Pisapia crea un problema non da poco (più di tattica che di voti: senza un alleato a sinistra per il Pd sarà difficile affermare in campagna elettorale di avere un credibile piano A per vincere le elezioni), perché se è vero che la sua presenza non avrebbe portato molto in termini di voti è altrettanto vero che senza di lui il Pd rimarrà scoperto a sinistra. Così, dicono i parlamentari della minoranza, davanti non c’è “una prateria” ma “un burrone”. Non un granché come risultato: l’ex sindaco di Firenze è stato costretto a fare una legge elettorale, il Rosatellum, che prevede le coalizioni, ma la coalizione il Pd non ce l’ha. Oltretutto, era chiaro fin dal primo momento che a sinistra le coalizioni sarebbero state impossibili. La linea coalizionista di Franceschini e di coloro che hanno sabotato il modello tedesco viene così sconfitta.

 

Nel Pd non l’hanno presa bene. Lo dimostra anche una certa fretta con cui dal Nazareno gli spin sono stati recapitati alle agenzie. “Il Pd va avanti con il progetto di coalizione di centrosinistra”, scriveva ieri l’Ansa, riportando il pensiero di Largo del Nazareno. “Lo affermano fonti della segreteria Dem, dopo il passo indietro di Giuliano Pisapia”. Secondo queste fonti “ci saranno sicuramente, al fianco del Pd, una lista di sinistra con ex Sel come Zedda, Smeriglio, Uras, Ragosta, Stefàno. Ci sarà poi una lista centrista con Pier Ferdinando Casini e Beatrice Lorenzin. E la terza lista alleata, assicurano, sarà quella di +Europa di Emma Bonino”.

 

Michele Ragosta, deputato di Campo Progressista, commenta in effetti con sobrietà la decisione di alcuni parlamentari ex Sel di raggiungere i Liberi e Uguali di Grasso: “I traditori di Giuliano Pisapia, quelli legati alla poltroncina, senza un voto e che hanno lavorato in questi giorni per affossare il progetto di Campo Progressista, sono finalmente usciti allo scoperto. Si tratta di pochi cadaveri politici, uomini senza dignità, pronti a vendere l’anima per una poltrona. Ma questi mentecatti della politica politicante non ci fermeranno. Posso assicurare che in Campania e a Salerno si andrà avanti nel progetto di costruzione di un centrosinistra largo ed inclusivo”. E se Gianni Cuperlo è amareggiato, Piero Fassino – cosiddetto pontiere – ne prende atto, dall’altra parte comincia la caccia a Pisapia, nel senso che la sinistra vivacemente lo cerca, lo brama, lo desidera: lo chiama Pippo Civati (“Sarebbe bello che Pisapia si candidasse nella lista con Pietro Grasso. Alfano invece... no, lui no”), lo chiama anche Enrico Rossi (“Siamo aperti a tutti i compagni e gli amici che hanno creduto e si sono impegnati in Campo Progressista”). Pisapia però è anzitutto amareggiato. “Ho un grande rammarico di non essere riuscito a dare una ragionevole speranza a quanti credevano nella possibilità di dare vita a una storia radicalmente inedita e si sono messi in gioco. A loro vorrei dire di non mollare mai”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.